venerdì 21 dicembre 2018

T

Ci sono romanzi difficili da inquadrare, che vanno oltre le definizioni e convenzioni di genere. T di Alessandro Forlani è uno di questi.

C’è fantascienza, c’è fantasy, c’è horror, ma nessuno dei tre appare per quello che è veramente. E non è in un *punk qualsiasi che questo romanzo si può identifica, consentendo al limite solo l’etichetta di Forlanipunk.

E chi conosce l’autore sa di cosa parlo.

La forza del romanzo è nel suo messaggio – nell’Italia di oggi che ci viene illuminata per quello che è, immersa in questo brodo di cultura pop (o nerd, o quello che preferite) che… ma preferisco che lo leggiate e ve ne rendiate conto da soli.

Il romanzo utilizza il setting creato da me e Alessandro per le Crypt Marauder Chronicles (per la Watson è già uscita un’antologia di racconti di vari autori), ma Alessandro intreccia l’ambientazione sword&sorcery con la fantascienza sociale e la satira del nostro oggi in modo unico.

Leggetelo. È veramente un romanzo che vi farà arrabbiare: forse il più bel regalo che un libro vi può fare.


Italia, 2025. L'istituzione del Pointless Act prevede la detenzione in un carcere di oblio per un'intera generazione che ha abbandonato gli studi, il lavoro e non riesce a inserirsi nella società. Sinistri "dormitori", e un limbo di immaginari condivisi che diventa ogni giorno più reale. Una giovane ricercatrice, una giornalista freelance, un'immigrata clandestina, un docente universitario e un nerd terrorista sono vittime e oppositori dell'invisibile repressione fondata sugli studi della neuroscienziata Clara Muttertod, su avveniristiche tecnologie o su arti più spaventose. T è lo sviluppo personale di Alessandro Forlani del Progetto Thanatolia, ambientazione aperta da lui creata con Lorenzo Davia. Un romanzo distopico ed esoterico di orrori negromantici e di satira sociale. 
Alessando Forlani (Pesaro, 1972), Premio Urania 2011 e Premio Kipple 2012 con il romanzo I Senza-Tempo; Premio Urania - Stella Doppia 2013 con il racconto Materia Prima; pubblica per Delos Digital, Acheron Books e Watson Edizioni. Fra i suoi titoli principali: Eleanor Cole delle Galassie Orientali; Clara Horbiger e l'Invasione dei Seleniti; Il Mondo nel Tramonto; Xpo Ferens e Arabrab di Anubi (finalista al Premio Italia 2018 come migliore romanzo fantasy). I suoi prontuari di scrittura creativa Com'è facile scrivere difficile; Com'è facile diventare un eroe e Com'è facile vivere in Atlantide sono ormai dal 2014 fra i più venduti su Amazon.


mercoledì 7 novembre 2018

The Skyborne Corsairs

The Skyborne Corsairs è un romanzo breve steampunk scritto da Alexander Rooksmoor che ho avuto il piacere di leggere e recensire. Mi sono interessato al romanzo per via del titolo: mi piacciono i dirigibili e tutto quello che vi è connesso. Pirati compresi. Se poi è anche steampunk, tanto meglio.


Anthony Cavendish sta viaggiando nel Mar Mediterraneo verso l'Algeria, dove sta per prendere il suo nuovo comando. La nave viene attaccata dai pirati del cielo, che pilotano un tipo di aereo mai visto prima. I pirati prendono tutto ciò che ha valore, uccidono chiunque cerchi di opporsi loro e rapiscono quante più donne possibili, compresa Henrietta, la moglie di Anthony.

Il nostro è piuttosto rassegnato a non veder mai più Henrietta, ma altri due passeggeri, un rivoluzionario italiano e un autore canadese, lo convincono a non arrendersi e insieme decidono di cacciare i pirati e liberare le donne.

L'ambasciatore britannico in Algeria non è in grado di aiutarli, non ufficialmente almeno. In generale i poteri in gioco nell'area (Inghilterra, Francia, Impero Ottomano) cercano di rimanere in equilibrio evitando una guerra, il che rende difficile per chiunque andare a cacciare i pirati. Il trio deve così arrangiarsi e cercare l’aiuto da Giuseppe Garibaldi e dai suoi Carbonari. Fingendo di essere impegnati in ricerche minerarie visitano una zona montuosa del Nord Africa e scoprono il nascondiglio dei pirati.

Questi bucanieri dell’aria attaccano navi di qualsiasi nazionalità e presto attirano le ire dei francesi, che attaccano la loro base con dei dirigibili. È tutto inutile, il luogo è troppo difeso: le aeronavi francesi sono distrutte e la maggior parte dei soldati viene uccisa. Alcuni vengono salvati da Cavendish e dalla sua squadra e si uniscono alla loro missione.

Arriva il giorno dell'attacco finale. I nostri eroi riescono a infliggere perdite ai pirati e ad impossessarsi della nave nemica, ma Cavendish viene messo fuori combattimento. Quando si sveglia, scopre di essere solo nella base del nemico.

L'inizio e il finale sono deludenti. Iniziamo il romanzo con l'attacco e il rapimento già avvenuti, richiamati in flashback dal protagonista. Gli eventi più interessanti sono già avvenuti, Anthony piange sua moglie come fosse già morta: il tutto non viene svolto molto bene, ed è addirittura difficile provare simpatia per questo tizio che sembra poco colpito dagli eventi.

Per fortuna il romanzo migliora nella sua metà. C'è molta azione, e anche interessante, e il lettore non si annoia mai. I personaggi sono ben sviluppati e le relazioni tra i vari gruppi sono abbastanza complicate da aggiungere un ulteriore livello di complicazione alla narrazione.

Questo romanzo è ambientato in un 1865 parallelo nel quale l'Italia non è mai stata unificata e i dirigibili sono una tecnologia comune. Garibaldi, uno degli eroi del Risorgimento italiano, appare qui come un vecchio guerriero che non ha potuto portare a termine la missione della sua vita ed è una figura piuttosto tragica.

Cavendish è il protagonista, ma non è un supereroe. È stato ferito in una precedente battaglia, quindi non è al massimo delle sue capacità. E dopo gli orrori della guerra, non ha molta voglia di lanciarsi in un’altra battaglia. Comincia a stancarsi di sangue e guerra; ha i suoi dubbi, qualche volta sbaglia e riesce anche a combinare un casino nel momento meno opportuno. Ma cerca di fare del suo meglio e ha il supporto di una forte squadra.

Anche il finale è insoddisfacente. L'eroe è nella fortezza nemica, pronto a confrontarsi con il capo dei pirati e poi... il capitolo finisce e quello successivo è ambientato alcuni mesi più tardi. Anthony è ad Algeri e ricorda con un giornalista (figlio di uno dei suoi compagni) come sono finiti gli eventi. Non c'è nessuna battaglia di alcun tipo con il capo nemico, nessuna scoperta di quello che stava succedendo - ci viene solo detto che alcuni nobili volevano ricreare un harem onirico per i piaceri loro e delle loro mogli. Siamo informati che Anthony ha salvato Henrietta, ma in qualche modo la donna è stata sottoposta al lavaggio del cervello e ora ha come compagna un'altra schiava. Anthony continua a tenere isolate entrambe le donne per la vergogna.

Questo è un finale anticlimatico che fa il pari con l'inizio noioso. E questo è un vero peccato perché l'autore ha dimostrato in tutto il resto del romanzo che è in grado di scrivere scene, eventi e ambientazioni interessanti, quindi mi chiedo davvero cosa avesse in mente quando ha iniziato e finito la storia.

C'è un'interessante appendice di fatti storici che sono stati usati come ispirazione per la storia. Descrive anche le differenze tra la nostra storia e quella del romanzo, che mostra come l'autore abbia fatto i suoi compiti.

In conclusione, se riuscite a perdonare un inizio e una conclusione deboli, potete considerare The Skyborne Corsairs una lettura piacevole.

giovedì 27 settembre 2018

nECrONOMIA



"E così, vuoi sapere come la Necromadre ha preso il potere? Io c'ero e ho visto tutto. Ascolta.
È iniziato tutto quando si sono aperti i portali con gli altri universi. Per carità, eravamo abituati a commercianti provenienti da altri mondi che venivano a Thanatolia ad acquistare qualche antico reperto depredato dalle tombe. Ma quella volta fu diverso. Arrivò una Banca. Aprì due sedi, una ad Handelbab e una a Tijaratur. E sai cosa ha iniziato a fare? A dare soldi ai tombaroli. Finanziare lo chiamavano loro. Sono stati furbi.
Te lo spiego in maniera semplice. Loro facevano un contratto con il tombarolo. Gli davano un centinaio di astragali, con il quale il nostro avventuriero poteva comprarsi tutta l'attrezzatura che gli serviva: vanghe, picconi, spade e corazze. In cambio il tombarolo di impegnava a dare metà di quello che trovava alla Banca.
O quelli del coso, come lo chiamavano? Recupero crediti se lo veniva a prendere e nessuno lo rivedeva più.

Ora tu dirai, era un rischio per la Banca. Magari il tombarolo finiva mangiato da un macellaio dei sepolcri. O tornava a casa con due astragali perché la sepoltura era stata scarsa. Ma la Banca era furba. Prendeva il contratto e lo rivendeva. Te lo rivendeva dicendo che di sicuro, proprio così, ti convincevano che il guadagno è assicurato, di sicuro insomma ti dicevano che il tombarolo se ne sarebbe tornato con un migliaio di astragali. E loro quindi ti vendevano il contratto per mille astragali. Hai capito? La Banca aveva speso cento e ora ne guadagnava mille. Gli astragali andavano tutti nelle loro casse.

Ora il rischio era tutto sulle tue spalle. Ma alla Banca cosa gliene fregava, ormai?
No aspetta, alla Banca gliene fregava. Sai perché? Perché andava da qualche altro tizio che voleva fare i soldi senza rischiare l’osso del collo nelle fosse. E faceva una scommessa. Sai cosa scommetteva? Scommetteva che il contratto non sarebbe stato rispettato. Capisci? Prima te lo vendevano convincendoti che i tuoi mille astragali non te li toglieva nessuno, poi scommettevano contro di te.

Ma non si può dare tutta la colpa solo alla Banca, per quello che è successo. Appena si è saputo che ti davano soldi in cambio di una tua cazzo di firma, tutti si sono messi in fila davanti ai cosi, gli sportelli della Banca. Tutti a firmare e prendere il loro cazzo di denaro. E la Banca a rivendere il tuo cazzo di contratto.

E cosa credi sia successo? Non è che si diventa tombaroli dall'oggi al domani. Non hai idea di quanti siano morti. E intanto i pezzi di carta con su scritto "Contratto" hanno invaso Thanatolia. Si usavano al posto degli astragali, praticamente. Solo che in realtà non valevano una merda, perché il tombaroli che li avevano firmati erano ben che morti o alla miseria.

Così, in poco più di un mese, tutta Thanatolia era indebitata con la Banca. Gli Aurotene, i Silverai, tutti i ricconi delle due città dovevano sacchi di astragali alla Banca.
Ci fu il panico.
Tentarono di attaccare la Banca, ma quelli, cazzo, si erano portati dietro armi da altri mondi.
Eravamo disperati.
Poi arrivò lei.
Non ci ingannò. Non ci nascose la sua vera identità. Venne da noi e disse: "Fatemi vostra Regina e vi annullo tutti i debiti."
Accettammo, cos’altro potevamo fare? Lei chiuse i portali e distrusse le sedi della Banca.
Una volta distrutto il nemico, iniziò il suo Regno su noi vivi.
La Necromadre. E la sua Necrocrazia.
Handelbab si ribellò e venne distrutta. Tijaratur fu ribattezzata New Handelbab e venne stabilita per legge la parità tra i vivi e i morti.
Ora loro stanno prendendo il potere, una legge per volta, un decreto per volta, un passo dopo l'altro per rendere la Vita illegale in tutto in Necrontinente."

Fata Mysella alzò la testa dal tavolo. Con il gomito urtò una bottiglia che cadde e rotolò lungo il tavolo e andò a fermarsi contro un muro di altre bottiglie. Tutte vuote.
"Mi stavi dicendo, a proposito della Banca?"

sabato 22 settembre 2018

Selected Stories: Fantasy di Kevin J. Anderson


Kevin J. Anderson è un autore noto per la quantità inverosimile di romanzi da lui scritti ambientati in alcuni degli universi narrativi più noti e apprezzati: Dune, Guerre Stellari, Starcraft, X-Files, DC... 
O, come dice lui stesso: 

I’m known for writing giant, complicated stories with intertwined storylines and a large cast of characters, multi-volume epics that have cost the lives of many trees. 

Almeno non gli manca il senso dell'autoironia. 

La prolificità dell'autore, il suo usare spesso universi creati da altri, e, devo ammettere, quello che è riuscito a combinare con l'universo di Dune non sono elementi che, presi tutti assieme, mi hanno mai fatto vedere troppo di buon occhio il nostro KJA. 

Apro una piccola parentesi sulla prolificità. Risulta che KJA abbia scritto un 150 romanzi: siamo ben lontani dai numeri di un L. Ron Hubbard (1084), di un Isaac Asimov (506) o di un Alexander Dumas (277), ma visto che ha scritto tanto per i nerd, non faccio altro che trovarmelo sempre tra i piedi. 

E questo senza contare le storie a fumetti. 

Il volume che mi è capitato tra le mani, Selected Stories: Fantasy, è una raccolta di suoi racconti di genere fantastico, scritti negli ultimi trenta anni, spesso in collaborazione con altri autori. Sono quasi tutte storie originale, ovvero non ambientate in altri universi narrativi, anche se diverse storie sono ispirate a classici della letteratura e ai loro autori. Un paio di racconti poi sono spin-off di altri romanzi dell'autore – ma almeno sono romanzi per i quali KJA si è sforzato di creare un suo mondo narrativo.


Come appena detto, ci sono molti racconti ispirati ad altri romanzi. 

20000 Years Under The Sea è ispirato a Verne, ma con aggiunto, quanto basta, Lovecraft. Dopotutto, il Nautilus non è sommergibile? E Cthulhu non dorme nelle profondità dell'oceano? Non ci vuole molto a mettere assieme le due cose e KJA lo fa. 

Verne ritorna in Eighty Letters, Plus One, il racconto, sotto forma epistolare, de Il Giro Del Mondo In 80 Giorni narrato però dal punto di vista di vista di Herbert Fix, l'ispettore che insegue Phileas Fogg e Passepartout avendoli scambiati per dei ladri. Nulla di soprannaturale ma un semplice curiosità letteraria. 
Scientific Romance è un altro racconto senza elementi soprannaturali, ispirato alla vita di H.G. Wells. Wells, studente universitario, passa una nottata sul tetto del suo istituto assieme ad Aldous Houxely a osservare le stelle cadenti. Parlando di meteoriti, alieni e microbi gli viene in mente l'idea per un racconto. 
Canals in the Sand, invece, è una specie di prequel alla Guerra dei Mondi di Wells. L'astronomo Percival Lowell è convinto di aver visto dei canali sulla superficie di Marte e cerca di mettersi in contatto con gli alieni... 
Final Performance è ambientato a Londra nel 1613 e parla dei fantasmi che infestano il Globe Theatre, il teatro dove venivano rappresentate le opere di Shakespeare. Il Bardo non appare nel racconto – la storia si concentra su un attore ossessionato dalle voci degli attori passati, rimaste intrappolate nel legno dell'edificio. 
The Ghost of Christmas Always è l'ennesima rivisitazione del famoso Christmas Carol di Dickens, mettendo proprio Dickens come protagonista. 

KJA non si fa problemi a farsi ispirare da qualsiasi cosa. Sea Wind è ispirato alla canzone "Point of Know Return" dei Kansas, mentre Cygnus: The Sea Captain's Tale è ambientato nel mondo del suo romanzo steampunk fantasy Clockwork Angels, ispirato al concept album omonimo dei Rush. Il racconto stesso è stato scritto assieme a Neil Peart, batterista e paroliere della band. 

Naturalmente, come qualsiasi scrittore, KJA non può fare a meno di prendere ispirazione dalla sua stessa vita. Come dice lui stesso:

I grew up in a small farming town in Wisconsin, a rural culture straight out of a Ray Bradbury short story which had both charms and horrors for an imaginative young boy who wanted to be a writer. I like to say my childhood was a combination of Norman Rockwell and Norman Bates. Drawing on all those experiences, I wrote a series of short stories loosely connected to the fictional small town of Tucker’s Grove, Wisconsin. 

I racconti di Tucker's Grove sono pieni di mistero e meraviglia, si passa dalle locomotive assassine al ritorno di antichi eroi, molto spesso avendo come punto di vista proprio quello di un bambino che appena intuisce quello che sta succedendo. 

Gli altri racconti sono una bella serie di idee: mutaforma, avventure marine (KJA ne è appassionato), abiti incantati, cavalieri contro draghi e barboni troll che abitano sotto i ponti. Il problema con KJA è che mentre le sue idee sono carine, l'esecuzione spesso lascia a desiderare. Si ha sempre l'impressione che avrebbe potuto osare di più con quello che aveva in mano. Questo l'ho trovato vero per i romanzi che ho letto, ma devo dire che erano tutti tie-in. Non sto dicendo che allungare la trama annacquando le idee gli servisse a scrivere e vedere più libri, però... però ho trovato le idee dei racconti di questa antologia sviluppati meglio. 

Per concludere vi lascio a un paio di considerazioni di KJA sulla scrittura, direttamente dall'introduzione del libro: 

Tell me a story. It’s a game all writers play, an improv act. Some writers are structured; they plan thoroughly, choose carefully, write only what most inspires them, while others can be loose and nimble, reacting quickly and running with an idea, meeting the challenge at hand. When J.M. Barrie put the Llewellen Davies boys to bed and they pleaded for a story, he made up tales to order about Peter Pan and his adventures. A.A. Milne entertained his son Christopher Robin by telling stories of Winnie-the-Pooh, Rabbit, Owl, and the Hundred Acre Wood. When I was younger, I used to babysit often. Playing with rambunctious kids and trying to get them down to bed, faced with the Tell me a story. It’s a game all writers play, an improv act. Playing with rambunctious kids and trying to get them down to bed, faced with the incessant “Oh, please, can’t we stay up just a little longer?” I learned that the only way to trick them was to offer a story. “What do you want to hear?” I would ask. They wanted me to make up Star Trek stories because we had watched Star Trek before going to bed, or one time in particular I had to spinoff from a Space: 1999 episode, continuing the adventure. Other times they wanted stories about dragons or magic bicycles.
Any good babysitter— any good writer— had to fill the bill. This was good training, learning how to write a story inspired by a prompt.

venerdì 10 agosto 2018

Nathan Never: il romanzo


Sono un appassionato della serie a fumetti Nathan Never fin dagli anni ’90. Possiedo la collezione completa degli albi e, tra alti e bassi, Nathan è stato per anni un compagno di viaggi e scoperte.

Nel caso non conosciate il personaggio, ecco qua il riassunto da wikipedia:
Le avventure di Nathan Never sono ambientate in un futuro non molto lontano in un mondo sconvolto dalle terribili catastrofi del 2024 e raccontano le vicende di un detective che lavora per l'Agenzia Alfa, una delle tante agenzie private di investigazioni che si sono affiancate alla polizia nella lotta al crimine. Parte del genere umano si è trasferito su stazioni orbitanti in grado di produrre quanto serve anche alla Terra e per questo reclamano un'indipendenza che la Terra non vuole concedere arrivando così a una guerra con le stazioni orbitanti. Nathan Never vive in una megalopoli indicata come Città Est sulla costa orientale degli Stati Uniti circa un secolo dopo la grande catastrofe. Il mondo è fortemente inquinato e la società è dominata dalla tecnologia e dai mass media. Nathan Never in qualità di agente speciale è al centro di trame poliziesche classiche in uno scenario alla Blade Runner dove il protagonista non è un eroe tradizionale ma "forse è solo un essere umano in un mondo sempre meno umano" come definito dagli stessi autori. La sua vita è stata funestata da una tragedia personale causata da un criminale che gli uccide la moglie Laura e gli rapisce la figlia Ann che a seguito del trauma divenne autistica.
Potete quindi immaginare la mi gioia quando lessi che la Bonelli aveva in programma di far uscire un romanzo con lui come protagonista. 

E non vi nasconderò quanto sono rimasto perplesso nello scoprire che l’autrice, Miriam Dubini, aveva in precedenza pubblicato solo romanzi per ragazzi. E che il romanzo stesso sarebbe stato un YA che avrebbe visto come protagonista un Nathan Never adolescente. 

Non era quello che speravo. Dopotutto Nathan Never è sempre stato un fumetto adulto, con un protagonista adulto tormentato dal suo passato (la morte della moglie, il rapimento della figlia) e che nelle sue avventure affronta temi quali il rapporto dell’uomo con la memoria (storica e personale), il ruolo della tecnologia e così via. 

Per me lo scrittore ideale per un romanzo di Nathan Never sarebbe stato un Richard K. Morgan, un Neal Stephenson, un Serge Lehman (che non se lo ricorda mai nessuno). Ma la Bonelli ha scelto diversamente. Ultimamente la Bonelli ha iniziato a puntare su un pubblico più giovane, invece dei soliti 30-40 che comprano ritualmente il Tex o lo Zagor o il Nathan Never. Vogliono far conoscere i loro personaggio storici ai nuovi lettori di fumetti, e cambiare in parte i personaggi, o meglio l’angolo con il quale sono presentati, è la logica operazione da fare. 

Ci si potrebbe lamentare che un Nathan Never YA toglie spazio in libreria a un Nathan Never adulto, ma in realtà non c’è mai stata alcuna alternativa. O meglio l’alternativa era tra avere un Nathan Never YA e non avercelo affatto. E in questo caso preferisco che ci sia e tutto sommato sono contento di aver letto questo romanzo. 

Ringrazio anche il buon Zeno Saracino che con un suo post su Cronache Bizantine, riguardo un fenomeno simile che avviene in Warhammer 40k, mi ha permesso di vedere le cose nella giusta prospettiva. 

Un Nathan Never adolescente quindi. La cosa in realtà non è nuova ai lettori della serie. Ci sono state alcune storie con protagonista il Nathan Never adolescente: a Gadalas, la riserva naturale dove è cresciuto con i suoi genitori e dove ha avuto come maestro Li Xiaolong. Nella Città Est, dove ha frequentato l’Istituto Tecnico Scientifico (ITS) e da dove poi è partito per diventare Fante Spaziale. E dove poi è tornato per fare il poliziotto. Insomma tra flashback e albi fuori dalla serie regolare sappiamo quasi tutto della vita di Nathan Never. 


Siamo in un futuro non troppo distante da noi, dove la tecnologia ha sentire più il controllo delle nostre vite, e dove la gente vive in grandi agglomerati urbani e la natura è rimasta padrona di poche isole felici. In uno di questi luoghi magici e incontaminati, l'isola di Gadalas, ha vissuto la sua adolescenza Nathan Never, un ragazzo di quindici anni che decide di inseguire il sogno di entrare in Accademia e diventare un Fante Spaziale. Dovrà quindi trasferirsi nella lontana metropoli chiamata Città Est, per frequentare il prestigioso Technical Science Institute. Una vita nuova, fatta di nuove amicizie e nuovi amori. Un altro mondo. Il sogno, però, è destinato a trasformarsi in un incubo. Infatti Nathan, seguendo il suo ostinato senso di giustizia, si troverà invischiato in una fosca vicenda legata al mondo dei combattimenti clandestini, e sarà costretto a scontrarsi con una misteriosa creatura che sembra nutrirsi dell'energia della rete, minacciando di sprofondare il mondo nel caos. Diventerà così detective suo malgrado e dovrà districarsi in un'indagine piena di colpi di scena. Immerso in una suggestiva atmosfera cyberpunk, il romanzo racconta in prima persona le origini di un tormentato antieroe che in futuro diventerà l'anima dell'Agenzia Alfa. 

Il romanzo della Dubini racconta la prime due settimane circa di Nathan nella Città Est, all’inizio dei suoi studi nell’ITS. È un periodo mai narrato della vita di Nathan. Sui fumetti abbiamo visto il periodo precedente alla partenza ("La storia di Kathy Eller", albo numero 56, "La stagione dei dischi volanti", Almanacco della Fantascienza del 1997, e qualche flashback qua e là) e una storia ambientata al suo secondo anno all'ITS ("Il ragazzo che scoprì l'universo", Almanacco della Fantascienza del 1998). Il primo giorno di scuola ci mancava. 

Nathan deve lasciare la sua pacifica e amata Gadalas, i suoi genitori e i suoi amici d'infanzia, per trasferirsi nella megalopoli e iniziare gli studi. Ovviamente si fa subito coinvolgere in un'avventura e si trova un “caso” da risolvere: una misteriosa presenza nella rete che si nutre dell’energia delle persone. 

C’è tutto quello che ci si potrebbe aspettare: il primo amico, la ragazza che se lo rigira come un calzino, i bulli della scuola, un nemico che si rivela essere un’entità bisognosa di aiuto e, nell’ombra, il vero cattivo della storia. Non vi sto ad annoiare con la trama, leggetevelo, sono un 230 pagine che scorrono via veloci. 

È Nathan Never? Beh, ci sono molti particolari che non coincidono con quanto noto dalla serie a fumetti. Ma questo non ha importanza. La serie ci ha abituati da anni all’esistenza di universi paralleli, all'esistenza di altri Nathan. Magari non ve ne siete accorti, ma il Nathan Never protagonista dal primo albo è morto nel numero 303 della serie regolare, e al momento stiamo seguendo le avventure di un Nathan di un universo parallelo. C’è addirittura una miniserie, attualmente in corso, dove ogni albo è ambientato in una dimensione diversa, con diversi Nathan ma con un filo in comune.


Non sono certe piccole differenze che fanno il personaggio. Quindi torno a chiedermi: c’è Nathan Never in questo romanzo? 

Sì, c’è. Per quanto sia ancora adolescente questo Nathan contiene le tracce di quello che sarà da adulto. C’è già la tristezza e la dolcezza dei ricordi: sarà appena adolescente, ma è lontano da casa e ha nostalgia di Gadalas e dei vecchi amici. Come dice la sua nuova amica, la mente di Nathan qui è “un labirinto con vista sull’infinito”. 

C’è il rapporto con la tecnologia. Al momento del suo arrivo in città Nathan scopre che tutti sono collegati tramite il loro perph (personal phone, il vocabolo è la cosa più brutta che abbia mai sentito) a Knownnect, una specie di Facebook del futuro. Non ci sono like ma HYPE. La cosa interessante è che questi perph sono collegati direttamente con la fisiologia umana, e a ogni HYPE ricevuto si prova una piacevole sensazione fisica. 

Vabbè, più o meno come i like di Facebook. 

Knownnect: tutti, tutto, subito. È lo slogan di questo socia network. Nathan si sente a disagio: lui è abituato ai tempi lenti della natura, ad aspettare le onde giuste mentre fa surf, ad avere un’autodisciplina derivata dalle arti marziali. Knownnect permette anche l’XX, eXtra-Xperience, con le quali si possono vivere in streaming le avventure di qualcun altro. 

“È una scarica di adrenalina purissima. Io mi sono sentito…”
Non riesce a trovare la parola. E quando la trova non riesce a dirla.
“Come se fossi stato lì assieme a lui?” dico io (…).
Mio zio annuisce.
“Dovresti provare!”
“Preferisco il mare vero.”
Rimane un momento a riflettere sul mistero di queste parole. 

Non male anche la descrizione della Città Est, la megalopoli costruita su più livelli dove si svolgono la maggior parte della avventure della serie. 

Grumi di metallo e asfalto suppurano da un tappeto gassoso di grigio cangiante: ora più profondo, ora opalescente; torri ciclopiche di vetro nero svettano verso un cielo sferzato da una pioggia violenta e affondano lunghe radici di cemento armato al di sotto della coltre grigia, in un luogo buio e invisibile. Attorno alle costruzioni più alto s’avviluppano spire di viadotti aerei dove il traffico fluisce monotono con vene di luce rossa. La metropoli sembra sterminata, ci avviciniamo senza che riesca a definirne di confini. Il cielo non ha nessun colore, è solo il riflesso delle luci di sotto. Queste cambiano in base ai livelli. 

Bella descrizione, peccato solo che la Città Est praticamente scompare nel resto del romanzo. È un difetto che ho notato anche per altre cose che fanno da contorno al romanzo. Una volta descritta la Città Est sembra che Nathan si muova in una qualsiasi metropoli (cinese) moderna. Studia in una scuola, ma a parte i pochi studenti che conosce per nome sembra che non ci sia nessun altro. Sembra a volte che le avventure avvengano in un vuoto pneumatico attorno al protagonista. 

Sarà un adolescente distratto e chiuso nel suo mondo, forse.


Quindi cosa dire in conclusione riguardo questo romanzo? L'appassionato storico della serie a fumetti potrebbe rimanere addirittura deluso. La serie è nata e cresciuta all'interno di una continuity ben studiata dagli autori originali (il famoso trio Medda Serra e Vigna), continuity che anche se in ventisette anni di uscite a volte si è persa un po' per strada è rimasta comunque un punto di riferimento contro il quale valutare le avventura del protagonista. Questo romanzo offre poco da questo punto di vista. Ma non è stato pensato per gli appassionati storici. È stato pensato per le nuove leve. Riuscirà quindi questo Nathan Never ad attrarre una nuova generazione di appassionati? 
Ecco, sinceramente non ne ho idea, ma conoscendo a fondo la serie direi che questo periodo della vita dell'Agente Speciale Alfa è forse uno dei migliori punti di partenza per un giovane che si avvicina per la prima volta alla serie.

giovedì 9 agosto 2018

Thanatolia: due recensioni


Sono uscite le prime eutanasiastiche recensioni dell'antologia Thanatolia.

Su Heroic Fantasy Italia, Giorgio Smojver ci da il...
Benvenuti su Thanatolia, il Continente dei Morti! Con questo primo volume delle Crypt Marauders Chronicles ritorna la straordinaria tradizione dello Sword & Sorcery italiano, grazie a un manipolo di autori d’eccezione e al cupo universo condiviso che hanno saputo creare.
(vai sul sito per continuare a leggere la recensione)

Su Cronache Bizantine, Zeno Saracino ci ricorda che
Un cimitero presenta, nella sua stratificazione, nella sua diversità, nei suoi differenti quartieri e abitanti, visitatori e guardiani, la cultura della sua città, villaggio o nazione che dir si voglia.
La storia di quel luogo, quel centro urbano, viene espressa dal suo cimitero.
I cimiteri ricordano in tal senso le carote di ghiaccio estratte in Antartide, nella misura in cui rappresentano uno spaccato della storia di quella comunità, dagli albori al presente.
Senza nemmeno addentrarsi nell'aspetto artistico e/o architettonico, i cimiteri costituiscono una testimonianza storica fondamentale per una comunità, che sia una capitale o un paesino campagnolo.
(vai sul sito per continuare a leggere la recensione)

sabato 28 luglio 2018

REKKR

Vi segnalo l’uscita di REKKR, un progetto videoludico molto interessante al quale sono orgoglioso di aver dato il mio contributo.


Si tratta di un mod per il buon vecchio Doom, contenente 25 nuovi livelli, nuove armi, nuovi nemici, praticamente è un altro gioco che gira con il motore grafico di Doom, tanto che qui potete scaricare la versione iwad che vi permette di giocare a REKKR anche senza possedere il Doom originale (avrete comunque bisogno di un port con il motore grafico del gioco). 

L’ideatore del progetto è state Revae, che oltre a creare la maggior parte dei livelli ha realizzato tutte le nuove texture e sprite di REKKR. Il tema base è quello vichingo. Si sono quindi abbandonate le basi spaziali hi-tech del primo Doom per ambientazioni medievalizzanti e fantasy. Sotto certi aspetti REKKR ricorda più un Heretic o Hexen (altri due giochi basati sul motore di Doom) che il titolo originale. 

Il trailer

È un’opera di qualità un po’ più alta rispetto ai normali mod per Doom. Molto spesso questi sono ripetitivi, basati più su qualche quirk inserito nella programmazione che sul gameplay o sono atrocemente difficili (le così dette slaughtermaps). REKKR al contrario ha potuto contare su una brillante direzione artistica a opera di Revae, e un buon level design che combina la verosimiglianza dei luoghi (nei limiti di un motore grafico vecchio di 25 anni) con un gameplay da sparatutto. 

Il mod è anche stato segnalato da alcuni dei maggiori siti che si occupano del mondo videoludico e nerdate varie, quali Rock Paper Shotgun e VGR.

Per REKKR ho realizzato un livello, The Marketplace, l’area del mercato della ricca capitale del regno, invasa dalle orde dei mostri nemici.

Ecco qua un video con il gameplay completo del mio livello:




sabato 14 luglio 2018

Concorso Crypt Marauders Chronicles


Il progetto Crypt Marauders Chronicles è alla ricerca di un marchio!

Se vuoi provare a realizzare una tua idea, segui le linee guida che trovi qui di seguito o sul sito della casa editrice.

Obiettivo del concorso è l’ideazione di un marchio che contraddistingua il progetto editoriale a cui hanno dato vita Alessandro Forlani e Lorenzo Davia.

I racconti di “Crypt Marauders Chronicles” si svolgono nell’universo condiviso della tetra Thanatolia: un intero continente destinato a millenaria necropoli, custodito da due città mercantili (Handelbab e il porto di Tijaratur) che vivono del commercio di tesori e manufatti. Tombaroli spregiudicati, necromanti ed eccentrici avventurieri esplorano le tombe e riforniscono i mercati: ma scavare troppo a fondo può essere pericoloso, specie dove giace una terribile entità.

Il marchio dovrà rappresentare in maniera semplice ed efficace la tematica Sword&Sorcery e l’ambientazione illustrata qui sopra. Il suo utilizzo sarà prevalentemente nelle copertine dei libri e attraverso il web, compresi i social network. Non c’è preferenza tra bianco e nero, scala di grigio o colori. È importante la riconoscibilità e l’originalità. Per qualunque informazione o ulteriore linea guida, potete contattarci a watsonedizioni@gmail.com.

Il concorso è valido dal 13 al 31 Luglio 2018. Tutti gli elaborati dovranno essere inviati a watsonedizioni@gmail.com indicando come oggetto “Concorso CMC”. La mail dovrà essere corredata di immagine jpg del marchio, informazioni dell’autore (Nome, cognome, data e luogo di nascita, contatto telefonico), liberatoria per l’utilizzo dei dati, breve spiegazione sulla scelta del soggetto presentato.

Ogni partecipante riceverà gratuitamente l’ebook del libro. Il vincitore del concorso invece riceverà una copia cartacea del volume e un contributo spese pari a cento euro.

Il marchio vincitore sarà ceduto a titolo definitivo, dall’autore alla casa editrice, comprendente ogni diritto di utilizzo e riproduzione.

mercoledì 11 luglio 2018

Thanatolia

Il progetto Crypt Marauders Chronicles è nato nel Luglio del 2016 durante una chat tra me e Alessandro Forlani. 

Cercavamo qualcosa da proporre alle riviste in lingua inglese e, spero abbiate presente, iniziammo quel continuo rimpallarsi di idee e battute che tante volte finisce in niente ma che almeno una volta ogni mille produce qualcosa. Qualcosa che non si può definire ancora di concreto, ma che si sente avere un’anima. Qualcosa che potrebbe sopravvivere al di fuori di quell’incubatrice che è il dialogo tra due persone, dove spermatozoi di ispirazione cercano ovuli di idee da fecondare. 

Così è stato per Thanatolia. 

Le avventure delle Crypt Marauders Chronicles si svolgono in Thanatolia, un continente utilizzato da sempre come cimitero. Vi si trovano sepolcri, cripte, sarcofagi, tombe, catacombe, mausolei, cenotafi, ossari ricchi di tesori e pericoli, che si estendono per chilometri. Sorgono al centro di un deserto fatto di cenere, le ceneri dei morti cremati da millenni…
I vivi abitano solo in due città, presenti ai capi opposti della Thanatolia, da dove partono gli avventurieri alla ricerca dei tesori. C’è un ricco mercato per i reperti, che vengono esportati in tutto il mondo, e per le mappe delle tombe e dei tesori. Nessuno sa perché le civiltà passate abbiano deciso di erigere lì le loro tombe. L’usanza è presente solo in parte nell’epoca attuale, ed è una tradizione che risale all’Antico Impero, che aveva dominato il mondo ed è crollato millenni prima.
Quelle di Thanatolia e delle Crypt Marauders Chronicles sono avventure in stile Sword&Sorcery, ma con una netta componente orrifica e raccapricciante, in cui la morte, i cadaveri, le aberrazioni e il cannibalismo la fanno da padroni. 

Custodita nelle chat di Facebook c’è la precisa genesi di questo mondo fantasy. Ma è giusto che resti un segreto tra me, Alessandro e Zuckerberg. 

Nell’agosto del 2016 rendemmo pubblica l’esistenza del progetto. E fin dall’inizio mettemmo in chiaro che 

C.M.C. è un progetto aperto: se vi stuzzica il background, e volete inoltrarvi a scrivere nella necropoli di Thanatolia, equipaggiatevi di grimorio e spada e sarete i benvenuti! Resta inteso che in calce o introduzione del racconto riconosciate a Lorenzo e me la paternità dell'idea...
Non abbiamo un avvocato a difendere il nostro concept, non crediamo all'intuizione geniale unica & irripetibile: anzi, siamo convinti "contaminati" sostenitori del melting pot! 

Poi sono successe tante cose belle. C’è stato subito molto interesse attorno a questo progetto. Vari autori hanno scritto storie ambientate in questo mondo. Il sito Heroic Fantasy Italia ha dedicato una sua sezione ai racconti di CMC e ad alcuni articoli di approfondimento. Una casa editrice, la Watson, ha mostrato il suo interesse per il progetto e per creare un’antologia di racconti ambientati in Thanatolia. 

Dopo due anni di sognare, scrivere, lavorare, PR e altro, ecco la prima antologia Thanatolica.


I racconti di “Crypt Marauders Chronicles” si svolgono nell’universo condiviso della tetra Thanatolia: un intero continente destinato a millenaria necropoli, custodito da due città mercantili (Handelbab e il porto di Tijaratur) che vivono del commercio di tesori e manufatti. Tombaroli spregiudicati, necromanti ed eccentrici avventurieri esplorano le tombe e riforniscono i mercati: ma scavare troppo a fondo può essere pericoloso, specie dove giace una terribile entità.
Crypt Marauders Chronicles è un progetto aperto: se vi stuzzica il background, e volete inoltrarvi a scrivere nella necropoli di Thanatolia, equipaggiatevi di grimorio e spada e sarete i benvenuti! Da un’idea di Lorenzo Davia e Alessandro Forlani, un universo di scrittura creativa condivisa a tema Sword&Sorcery. 

Gli autori: Laura Silvestri, Mauro Longo, Alberto Henriet, Domenico Mortellaro, Fabio Andruccioli, Andrea Atzori, Luca Mazza, Alessandro Forlani e me. Le illustrazioni sono di Alex Reale e la copertina è di Vincenzo Praticò. 

Confesso che mi ha fatto uno stranissimo effetto leggere le storie degli altri autori. Anche se crei un nuovo mondo assieme a qualcun altro, non puoi fare a meno di sentirlo come tuo. Pensi di conoscerlo, pensi di sapere cosa ci sia dietro ogni curva della strada, dentro ogni tomba, oltre ogni collina. Leggendo le storie di questa antologia ho scoperto un mondo al tempo stesso famigliare e alieno. Come visitare uno stesso posto a diverse ore del giorno, o in diverse stagioni dell’anno, e trovarlo sempre diverso. Sarà la luce che cade con un altro angolo. Chissà

Tutti gli autori dell’antologia hanno portato il loro contributo unico a rendere questo mondo più vero. Più profondo. Ci hanno aggiunto simbologie e tematiche che non avrei mai pensato si potessero inserire. 

A tutti loro, al Maestro Forlani, ad Alessandro Iascy e Ivo Alemanno vanno i miei ringraziamenti.

mercoledì 4 luglio 2018

Tales of the Jedi: The Fall of the Sith Empire


Avevo lasciato Gav e Jori Daragon, i due fratelli protagonisti della miniserie The Golden Age of Sith, in una brutta situazione.

Jori è in fuga con la Starbreaker 12, sulla quale il Signore dei Sith Naga Sadow aveva nascosto un segnalatore. La rotta per la Repubblica è nota e la Guerra era imminente. Non solo: Gav è diventato allievo di Sadow e ammaliato dal Lato Oscuro della Forza sta aiutando il Sith con i preparativi dell'invasione. 

Sono andato avanti con la mia idea di ripercorrere la storia dell'universo di Guerre Stellari. The Fall of the Sith Empire è ambientato 4990 anni prima della Battaglia di Yavin, nel corso della quale venne distrutta la prima Morte Nera (forse l'avete presente, è il primo film di Guerre Stellari). 


Si inizia subito con Naga Sadow che un po' per volta seduce Gav al Lato Oscuro. Tanto per cominciare quando Naga viene raggiunto dal suo rivale Ludo Kressh per una conferenza "di pace", chiede al giovane di premere un tasto per le comunicazioni. Il comando invece fa bombardare la nave dell'avversario, rendendo Gav suo complice. 

Quando Gav esprime dei dubbi sull'invasione della Repubblica, Naga gli ricorda prontamente la miseria e i problemi passati da lui e sua sorella. La Repubblica è corrotta, meglio invaderla. 

Jori, ritornata su Koros Major, non se la passa meglio. La nostra esploratrice spaziale vorrebbe avvisare la Repubblica e la Regina Teta di Koros Major del pericolo in arrivo, ma visto che se ne era fuggita anni prima lasciandosi dietro un sacco di debiti... nessuno le crede. Jori finisce così in una colonia penale. Ma ci passa poco tempo: ruba un trasporto, ritorna su Koros Major, viene attaccata dalla polizia planetaria, si paracaduta dallo spazio... e finisce sui tetti del palazzo imperiale. Da lì a trovare l'Imperatrice Teta e informarla dei fatti – e sopratutto convincerla - il passo è breve. 

Ma è troppo tardi: la flotta di Naga Sadow attacca la Repubblica. I mondi di Corruscant, la capitale, Koros Major e Kirrek sono sotto attacco. È l'inizio di quella che nella mitologia di Guerre Stellari verrà conosciuta col nome di "The Great Hyperspace War". 

C'è una scena nell'episodio 3 dove il Senatore Palpatine cerca di sedurre Anakin Skywalker e trascinarlo al Lato Oscuro della Forza. Alle sue spalle spicca un bassorilievo che mi aveva incuriosito fin dalla prima volta che avevo visto il film. Se si cerca su internet, viene fuori che rappresenta appunto una battaglia della Great Hyperspace War. Ora lo sapete. 



A guidare l'attacco su Koros Major è proprio Gav, diventato ammiraglio della flotta di invasione di quel pianeta. Il nostro ingenuo amico inizia ad avere dei rimorsi, scende sulla superficie e incontra sua sorella. L'incontro non è dei migliori, con la scorta Massassi di Gav che viene eliminata da una Jori armata di proto-spada laser. Gav si rende conto di aver commesso una stupidaggine, ritorna sull'ammiraglia e raggiunge Naga Sadow, che si era ritirato in meditazione presso una nova instabile (a me rilassa il mare, ma non tutti sono come me). La flotta dell'Imperatrice Teta segue Gav, ingaggia battaglia con Naga, che per fuggire fa esplodere la stella. Gav muore, punizione forse eccessiva per un giovane ingenuo che comunque aveva cercato di riscattarsi.

Naga Sadow ritorna con la coda tra le gambe nell'Impero Sith, dove viene accolto dal rivale Ludo Kressh (che colpo di scena, aveva finto la sua morte). Riesce a vincere a stento, uccidendo per una buona volta Ludo. Non ha tempo di prendere fiato che ecco arrivare la flotta dell'Imperatrice. Qua Naga le prende di brutto e scappa lontano lontano. 

La Grande Guerra dell'Iperspazio è finita, nonostante gli enormi sacrifici su tutti i fronti. Nella Repubblica si festeggia. Jori mette su un'officina per astronavi, mentre Naga Sadow si ritira in esilio su Yavin 4, dove progetta la sua rivincita. 

Sceneggiatura e disegni sono della stessa squadra della miniserie precedente: sceneggiatura di Kevin J. Anderson, disegni di Dario Carrasco (disegni), Ray Murtaugh (colori), Mark Heike, Bill Black e David J. Beckett (chine). 

Avevo già scritto di come i disegnatori fossero riusciti a rendere l’idea di un’antichità remota rispetto a quella dei film, cosa che si veda molto bene nel design delle astronavi, che sembrano vascelli di legno, con tanto di sartiame e personale a terra che le deve ancorare. 


Non mi ricordo però se avevo parlato dei costumi. Sembrano usciti da un fumetto di Conan, o dalla fantasia di un Moebius. I personaggi non indossano tecnologia, non ci sono quelle tute spaziali o divise tipiche di un’opera di fantascienza. In questo reparto siamo in pieno fantasy, cosa che aiuta a rendere l’idea di un passato favoloso e ormai tramontato. 

L'Imperatrice Teta

C’è anche il piccolo particolare, che mi era sfuggito leggendo The Golden Age of Sith, delle spade laser che hanno bisogno di essere collegate tramite un cavo con un alimentatore portato a tracolla dai Jedi. Poi lamentatevi che il telefonino vi si scarica. 


Per essere la Grande Guerra Iperspaziale, la guerra occupa relativamente pochi albi e viene trattata abbastanza frettolosamente, con battaglie tra astronavi e masse di eserciti dove le vicende del singolo (Jar su Koros Prime o i Jedi su Corruscant) si perdono come una particella di sodio nell’acqua minerale. Almeno però le scene di battaglia, con velieri spaziali e mostri giganti usati come tank, sono bellissime da vedere. 




Penso sempre che la cosa più interessante di una storia sia il cattivo. Com’è quindi questo Naga Sadow, il vero protagonista di queste due miniserie? Ha tutto quello che serve per rendercelo simpatico (come personaggio). Usa il lato oscuro della forza per fare cose cattive. Riesce a essere seducente, almeno nei confronti di Jor. È convinto della propria superiorità, visto che in lui scorre poco sangue Sith (sembrerebbe che i Jedi Oscuri si siano allontanati dalla Repubblica e si siano mescolati con gli alieni Sith). Fa quasi simpatia, ma solo perché a conti fatti riesce a perdere ogni singola battaglia in cui è coinvolto, e questo non lo scoraggia mai. Lui ci tenta, con ogni mezzo: tradimenti, sotterfugi, inganni, violenza bruta (come quando fa esplodere un sole), anche se alla fine, sconfitto, deve accettare la sua condizione e ritirarsi in esilio, per ricostruire le sue forze e ritornare, un giorno. 


Tra i buoni spicca invece l’Imperatrice Teta. È una sovrana-guerriera, che ha unificato il suo sistema solare sconfiggendo i ribelli e mandandoli ai lavori forzati a vita. La sua è quasi un dittatura militare: senz’altro sotto il suo impero il suo popolo è l’unico abbastanza battagliero da prepararsi all’invasione Sith e portare la guerra in casa del nemico. Per finire, l’intero sistema solare viene rinominato Empress Teta. Viva la modestia.

New Camelot su Cronache Bizantine

“New Camelot” nell'insieme è un cocktail sperimentale che soddisfa lo stomaco, ma brucia il palato: una miscela dagli accostamenti arditi, ma dove la pura quantità controbilancia eventuali difetti.
Un must per gli avvinazzati del fantasy, sconsigliato agli astemi e ai timidi.
Sul blog Cronache Bizantine potete trovare la recensione al mio primo (e per ora) unico romanzo New Camelot, scritta da Zeno Saracino.



Buona lettura!

domenica 27 maggio 2018

Mediterranea: sword&sorcery nel Mare Nostrum



Mediterranea è un’antologia che contiene dieci racconti di sword and sorcery ambientati nei territori bagnati dal Mare Nostrum in cui potrete trovare i più importanti autori della fantasia eroica italiana come: Donato Altomare, Alessandro Forlani, Enzo Conti, Adriano Monti Buzzetti, Alberto Henriet, Mauro Longo, Andrea Gualchierotti e Lorenzo Camerini, Andrea Berneskij, Francesco Brandoli e Riccardo Brunelli.
Sono presenti anche due apparati critici di saggisti del calibro di: Enrico Santodirocco (autore di Conan La leggenda) e Marco Maculotti (fondatore di AXIS mundi).
L’introduzione e la curatela è affidata a Francesco La Manno, mentre la copertina è stata realizzata da Andrea Piparo. 

Ho avuto il piacere di leggere questa antologia, curata da Francesco La Manno, e che fa parte delle iniziative dell’Italian Sword&Sorcery, associazione che da un po’ di anni si occupa di promuovere e divulgare il fantasy italiano, preferibilmente di tipo sword&sorcery o heroic fantasy. 

Questa raccolta ha come filo conduttore il Mediterraneo, i paesi che vi si affacciano e le culture che lo hanno attraversato, di volta in volta come mercanti, conquistatori o predoni. Per esperienza posso dire che è un bellissimo mare dove navigare, se non altro per la quantità di popoli che vi si affacciano: ogni porto nasconde una sorpresa, e non manca mai una costa da esplorare. 

Proprio per questo mi han dato da pensare i luoghi e le ambientazioni scelte dagli autori per i loro racconti. Sopratutto perché saltano agli occhi certe assenze. L’intera costa dell'Adriatico da Trieste fino all’Albania. Le coste del Nord Africa durante l’Età dell’Oro Islamica, per non dire della Penisola Iberica sotto il Califfato – cosa ci può essere di meglio dell'avere Le Mille E Una Notte dietro l'angolo? 

Ho avuto l’impressione che si sia voluto andare sul sicuro. 

Epoche più remote si possono confondere senza problemi con "il tempo dei miti e delle leggende" e richiamano la mitica Età Hyboriana di Howard. E ci sta bene: dopo tutto il mondo di Howard comprendeva anche il Mediterraneo di un lontano passato, non occupato dal mare ma da popoli e imperi. Tra Odissea e Conan, l'heroic fantasy ha nel suo DNA il Mare Nostrum.

Da epoche (relativamente) più recenti vengono ripresi popoli e civiltà già note dai banchi di scuola: Egizi, Greci, Romani…

Spiccano le eccezioni: Riccardo Brunelli ci porta nell’antica Sardegna con Shardana, nome di uno dei così detti “Popoli del Mare” che terrorizzarono il Mediterraneo alla fine dell’Età del Bronzo. E Mauro Longo con il suo L’Artiglio della Fenice Nera ha come protagonista proprio un avventuriero appartenente a questi misteriosi e pericolosi popoli, Sheban “Due Piastre", anche se l’ambientazione è principalmente quella dell’Antico Egitto. 

L’unico racconto ambientato nel Medioevo è Una Ballata di Fuoco e di Mare di Francesco Brandoli. Il racconto è ispirato a fatti storici realmente accaduti: nel 1173 Federico Barbarossa, con l’aiuto della Repubblica di Venezia, assediò la città di Ancona, all'epoca Repubblica Marinara. L’autore però ha preso questi fatti come base per costruire un mondo parallelo simile al nostro, dai nomi leggermente diversi, e dove la magia, soprattutto la magia nera, ha un ruolo predominante. 

È una scelta interessante. Se ambienti qualcosa in un remoto passato, puoi semplicemente dire che è il nostro mondo, e che eventualmente mostri&stregoni siano finiti nel dimenticatoio. Già il medioevo sembra essere più vicino, e per giustificare come mai vistosi “effetti speciali magici” non siano riportati nei libri di storia, si preferisce inventare un mondo parallelo. 

Il primo racconto dell'antologia è Il Ponte della Morte di Donato Altomare, che ci porta alle origini del Mare Nostrum. In un passato remoto una diga naturale impedisce al mare di riversarsi in una vasta pianura. Un ponte passa sopra questa diga, e lo status quo verrebbe mantenuto se gli abitanti di un villaggio da un lato della diga non subissero attacchi da parte delle popolazioni della pianura. 

Vi segnalo anche un paio di racconti che hanno suscitato il mio interesse. 

Il Culto degli Abissi di Alessandro Forlani perché ripropone il personaggio di Arabrab, che avevamo già conosciuto e apprezzato nell'omonima raccolta Arabrab di Anubi

Gli Occhi di Angizia di Adriano M. B. Colella parla di un manipolo di soldati romani che devono investigare alcuni cruenti omicidi nella Marsica occupata dalla Repubblica Romana. Ho trovato interessante il modo nel quale viene mostrato il dominio romano su quella regione, abitata da un popolo con una lingua e una cultura diversa da Roma, pur senza allontanarsi dalla penisola italica. I Marsi qui non sono il classico nemico oscuro e che "esce dalle fottute pareti", sono degli alleati-ex-nemici. I tempi delle guerre si sono conclusi e la loro cultura si avvia verso una lenta e inesorabile romanizzazione. Viene espressa nel racconto un'intera gamma di sentimenti provati da entrambe le parti (non si può dire che i legionari romani amassero quei primitivi dei Marsi), gamma che è sempre stata la stessa nel corso della storia, anche oggi, durante ogni occupazione, militare, culturale o economica. 

Concludendo Mediterranea è un'antologia di ottimi racconti, scritta da gente che sa il fatto suo, e che vi consiglio di leggere senz'altro. La potete trovare qui.

giovedì 10 maggio 2018

L'Alien 3 di William Gibson

Dopo il successo di Aliens: Scontro Finale (1986) la Brandywine Productions si mise subito in moto per realizzare un terzo film. Non è stato un lavoro facile: furono proposte una decina di sceneggiature diverse finché alla fine si scelse quella di David Giler e Walter Hill. 

La prima sceneggiatura fu scritta da William Gibson ed è disponibile su internet. 

Perché non andare a leggersela? 

Alla fine di Aliens avevamo lasciato Ellen Ripley, Rebecca "Newt" Jordan, l'androide Bishop e il caporale Dwane Hicks in ipersonno sulla Sulaco, di ritorno dopo aver sconfitto la Regina. 

FADE IN: 

DEEP SPACE - THE FUTURE 

The silent field of stars -- eclipsed by the dark bulk of an approaching  ship. CLOSER. 

ANGLE ON THE HULL 

A towering cliff of metal, Sulaco. 

Nello script la Sulaco viene abbordata da soldati dell’UPP – Union of Progressive People, una entità politica di tipo sovietico in Guerra Fredda con la Terra. 

Siamo negli anni ’80 e l’Unione Sovietica esisteva ancora. 
I militari dell’UPP prelevano Bishop (o almeno quello che ne resta dopo lo scontro con la Regina) e del materiale genetico xenomorfo. E cominciano a fare esperimenti sulla stazione Rodina. 

La Sulaco prosegue la sua rotta fino ad arrivare a una stazione spaziale amica, la Anchorpoint Station, dove viene abbordata dai militari e dal personale della Weyland-Yutani. 

Cambia il lato della Cortina di Ferro spaziale ma non la mentalità: anche su Anchorpoint cominciano gli esperimenti sul DNA xenomorfo. 

Due alien attaccano la squadra di ricognizione e vengono inceneriti: la battaglia danneggia però la capsula di Ripley, che resterà in coma per tutto il resto della storia. La piccola Newt viene messa sulla prima astronave per la Terra: del film precedente restano solo il caporale Hicks e Bishop. L’androide viene infatti riparato e restituito dall’UPP come segno di pace. 

Sapete già come va a finire: "escono dalle fottute pareti", morti, corsa contro il tempo prima che esploda tutto. 

Ci sono un sacco di elementi interessanti. 

La sceneggiatura sviluppava a piene mani il tema dell’ingegneria genetica applicata agli xenomorfi, cosa che si sarebbe vista solo in Clonazione diversi anni dopo. 

Compare un virus, trasmissibile per via aerea, dagli effetti xenomorficizzanti: gli sfortunati che se lo beccano diventano degli alien, con relative scene splatter del mostro che si toglie la vecchia pelle umana di dosso. Chiunque e in qualsiasi momento può trasformarsi in uno xenomorfo – un bel meccanismo per aumentare la tensione preso direttamente dalla Cosa di Carpenter. Qualcosa di simile si è poi visto in Prometheus e in Covenant, con la creazione di ibridi uomo-alien e altre varietà di creature.

As the chittering tooth-burr becomes a shrill SHRIEK of inhuman rage, the transformation takes place. Segmented biomechanoid tendons squirm beneath the skin of her arms. Her hands claw at one another, tearing redundant flesh from Alien talons. Then the shriek dies. She straightens up – and rips her face apart in a single movement, the glistening claws coming away with skin, eyes, muscle, teeth, and splinters of bone… SOUND of ripping cloth. The New Beast sheds its human skin in a single sinuous, bloody ripple, molting on fast forward. 
Trent vomits explosively. The Marine guard snatches his pistol from its holster and FIRES wildly across the table. Blind screaming chaos. 

Ci sono due personaggi femminili forti, Spence, la tecnica di laboratorio e Jackson, capo operazioni della stazione. Non mancano i classici “corporate men” fedeli alla causa della Weyland Yutani (sviluppare un’arma biologica usando come base gli alien) che ovviamente fanno una pessima fine. 

Viene introdotta per la prima volta l’idea che gli xenomorfi siano stati creati artificialmente, cosa poi resa ufficiale in Prometheus. 

SUSLOV 
Perhaps it is the fruit of some ancient experiment... A living artifact, the product of genetic engineering... A weapon. Perhaps we are looking at the end result of yet another arms race... 

Il tema degli xenomorfi come armi si ricollega quindi a una corsa agli armamenti aliena e al tema della Guerra Fredda, presente nella sceneggiatura con un twist: a salvare gli eroi, americanissimi e servi della multinazionale, alla fine della storia è un soldato dell’Impero Galattico Sovietico, unica superstite della stazione spaziale dell’UPP. 

Non manca la morale fatta da Bishop: 

BISHOP 
You're a species again, Hicks. United against a common enemy... 

HICKS 
Yeah? 

BISHOP 
The source, Hicks. You'll have to trace them back, find the point of origin. The first source. And destroy it. 

HICKS 
I dunno, Bishop. Maybe we just oughta stay out of their way... 

BISHOP 
You can't, Hicks. This goes far beyond mere interspecies competition. These creatures are to biological life what antimatter is to matter. 

HICKS 
How do you mean? 

BISHOP 
There isn't room for the both of you, Hicks, not in this universe. 

HICKS 
That's crazy, Bishop... 

BISHOP 
No. You're already at war, Hicks. War to extermination. The alien knows no other mode. 

HICKS 
Hell, man, we been at war all my life. Near enough, anyway. With her. (he looks down at the commando) With all her brothers and sisters. That's what got us into this shit in the first place! 

BISHOP 
But now you've seen the enemy, Hicks. So has she. She's not it. Neither are you. This is a Darwinian universe, Hicks. Will the alien be the ultimate survivor? 

Hicks doesn't answer. He just looks at Bishop. Bishop goes back to his circuitry. 

Il film sarebbe stato migliore dell’Alien 3 che è poi andato al cinema? 

Difficile dirlo – si tratta pur sempre di comparare un film fatto e finito con una sceneggiatura. Nel leggere lo script la fantasia aiuta molto e permette una caratterizzazione dei personaggi che altrimenti sarebbe solo abbozzata. 

L’Alien 3 uscito ha dalla sua l’interpretazione di Sigourney Weaver – una grande attrice, c’è bisogno di ricordarlo? – e l’ambientazione. Non ci sono più marine supercazzuti con armi e lanciafiamme; non ci sono nemmeno i camionisti spaziali del primo film. Ci sono invece dei criminali chiusi in una prigione, avanzi di galera che si trovano ad affrontare qualcosa peggio di loro. 

Il non-Alien 3, pur mancando la Weaver, avrebbe avuto dalla sua Michael Biehn e Lance Henriksen, che anche come attori sanno il fatto loro (vabbè, forse Henriksen più di Biehn). L’ambientazione sarebbe stata una stazione spaziale e non sarebbero mancati i marine supercazzuti, che nonostante tutto hanno sempre il loro perché. 

Gli interni della stazione spaziale, con i suoi corridoi di metallo, unità abitative, strutture per la produzione di cibo e di aria, sarebbe stata molto interessante da vedere, soprattutto se fossero riusciti a darle un carattere speciale come in precedenza avevano fatto con la Nostromo o con la colonia su LW-426. 

A station the size of a small moon, and growing; unfinished sections of hull are open to vacuum. A vast, irregular structure, the result of the shifting goals of successive administrations. 

INT. AEROPONICS FARM 
State of the art. Epcot-style soilless cultivation. Tall A-frame structures of white styrofoam are studded with hundreds of precisely spaced plants, their roots watered by periodic bursts of high-pressure mist. Vegetables sprout from the sides of tapering styrofoam columns. All of the wreathed in mist under brilliant halogen lamps. 

Soprattutto si sarebbe visto l’effetto dell’invasione aliena, della contaminazione, su una popolazione civile impaurita e tenuta all’oscuro di tutto. 

Gibson lavorò a un secondo draft della storia, mentre altri sceneggiatori scrivevano versione alternative. Dopo un po’ di anni e una pila alta un piede di proposte, la scelta cadde sul testo di David Giler e Walter Hill. 

Il resto è storia.