martedì 17 novembre 2020

Capitalpunk

È uscito Capitalpunk, il mio romanzo già finalista del Premio Urania 2019, pubblicato dalla Casa Editrice Kipple


In un mondo dove il Capitalismo è l’unica religione, la risorsa postumana  Captain Capitalism si batte per il trionfo del Libero Mercato.
Ma tra gli Esuberi e i disoccupati sorge una nuova minaccia: Democrazy, che conosce i più oscuri segreti dell’economia mondiale.

L’elemento destabilizzante dà l’avvio a una carrellata di eventi, personaggi e supereroi che immergono la storia in un immaginario pop capitalistico a tratti delirante e spassoso.

Lorenzo Davia ha trovato una ricetta per destrutturare il nostro modo di vivere, il mondo governato dal capitale, le sue regole, i suoi assunti, le sue disumanizzazioni e i risvolti più deliranti che ci sembrano la normalità: lo ha fatto per mezzo dell’ironia, con le salaci immagini dei rapporti umani retti dal Libero Mercato e la vertigine di quello che può essere la società del futuro dove il capitale getta le sue fondamenta.
Lo potete acquistare su Amazon e sul sito della Kipple.

E ovviamente ci sono delle persone che devo ringraziare per l'aiuto che mi hanno dato per la creazione di Capitalpunk, aiuto senza il quale dubito fortemente il romanzo sarebbe giunto finalista al Premio Urania.

Intanto Karl Marx, la cui analisi del capitalismo e della società ha acceso un faro che ci sta ancora guidando dopo tanti decenni.

Richard K. Morgan, con il quale qualche anno fa ho avuto un'interessante conversazione, in merito al suo romanzo Market Forces, su come sia possibile criticare, oggi, il capitalismo.

Sonia Chelli, per la pazienza che ha dimostrato e il supporto psicologico e spirituale nei momenti più bui della stesura.

Alessandro Forlani, il cui editing è stato fondamentale per dare il giusto ritmo e tono alla narrazione. Alessandro è un vero Maestro di scrittura. Quello che c'è di bello in Capitalpunk l'ho imparato grazie alla bravura dell'insegnate; quello che c'è di brutto è colpa della scarsità dell'allievo.

Il Collettivo Italiano di Fantascienza per i preziosi consigli che mi hanno dato la coraggiosa lettura della prima bozza del romanzo.

La giuria del Premio Urania per aver avuto tale considerazione del testo.

Lukha B. Kremo e Sandro Battisti per l'interesse che hanno mostrato per il romanzo, tanto da accoglierlo in casa Kipple.

Ksenja Laginja per la splendida copertina.

Caterina Mortillaro per la fan art di Capitan Capitalismo – vedere come le proprie creazioni prendono forma indipendentemente da chi le ha create è sempre istruttivo.

mercoledì 11 novembre 2020

The Atheist in the Attic

“Is a poet someone who wants only to describe things, while a philosopher is someone who wants to describe things so that they will reflect and even explain the differences and forces that relate them all and hold them together?
“Or sometimes tear them apart.”
La serie Outspoken Authors della PM Press è una collana di volumetti molto brevi, di formatto tascabile, ma con contenuti molto interessanti e spesso provocatori. La serie è curata dallo scrittore di fantascienza Terry Bisson, e tra gli autori pubblicati troviamo Ursula K. Le Guin, Michael Moorcock, Rudy Rucker e Joe Lansdale.


Il volume The Atheist in the Attic è stato scritto da Samuel Delany e contiene la novella omonima, il suo saggio Racism and Science Fiction del 1998 e un'intervista con Terry Bisson.


The Atheist in the Attic

Questa novella, che occupa la maggior parte del volume, narra l'incontro tra Baruch de Spinoza e Gottfried Wilhelm von Leibniz avvenuto nel novembre del 1676.

Leibniz, che all'epoca aveva trenta anni, visita la città di The Hague allo scopo di incontrare Spinoza, che di anni ne aveva quarantatré, e discutere con lui del concetto di Deus Sive Natura che aveva portato a un'accusa di ateismo verso il filosofo ebreo.

Delany immagina il testo come una memoria di Leibniz scritta decenni dopo l'incontro.

La discussione filosofica non è la parte sulla quale si concentra il testo. Delany pone la sua attenzione (e quindi anche la nostra) su numerosi altri aspetti che ruotano attorno a quell'incontro.

Intanto il contesto storico e sociale. I Paesi Bassi si stavano ancora riprendendo dal così detto rampjaar (anno del disastro) 1672, quando erano stati invasi sia dalla Francia che dall'Inghilterra, e una folla inferocita aveva aggredito e mutilato due importanti uomini politici. C'era stata una carestia e molti contadini si erano dedicati al cannibalismo per sopravvivere. Inoltre l'incontro deve essere segreto. Spinoza è ebreo e ateo: doppiamente paria, doppiamente esiliato, anche tra il suo stesso popolo. Leibniz invece è un uomo di corte e in ascesa presso gli intellettuali europei: non può rovinarsi facendosi vedere con l'altro.

Ci sono inevitabili difficoltà di comunicazione tra i due filosofi: Leibniz insiste per parlare l'Ebraico, ma non lo capisce molto bene.

Una parte rilevante del racconto riguarda aspetti di solito trascurati nei resoconti storici, quali la pulizia dei cessi, come organizzare un trasporto con cocchiere, ogni quanto lavare gli indumenti (una volta l'anno a essere generosi).

Come spesso in Delany, la narrazione ha numerosi sottotesti e ambiguità. Viene dato spazio e risalto a personaggi secondari, quali il padrone di casa che ospita Leibniz a Huege, o il garzone che gli viene assegnato. Leibniz trova sconcertante questo ragazzo, Peytor. Cosa vuole veramente dal filosofo? Un aiuto per migliorare la sua situazione? Vuole fare sesso? Vuole mangiarlo – come forse ha fatto con qualcun altro durante la carestia?

E siamo proprio sicuri che le cose siano andate come narrate? Il testo viene scritto decenni dopo l'incontro, e non sempre è chiaro quali siano i pensiero del Leibniz protagonista e quelli del Leibniz narratore, e gli eventi potrebbero essere ricordati male.

Il titolo deriva da una frase (fittizia) che Leibniz riporta aver udito da Spinoza:
Trying to arrest me for atheism, given the specificity of my arguments, is like hunting for a man hiding in the attic of a building that has none, when in truth he is sitting in the back garden of another house, working diligently on his own concerns, in another neighborhood entirely.

Racism and Science Fiction

Questo articolo, pubblicato nel 1998, contiene le riflessioni di Delany sull'argomento. L'autore mette subito in chiaro che secondo lui il razzismo è un sistema che esclude certe persone su basi arbitrarie, piuttosto che un comportamento tenuto da singoli individui. Delany viene spesso considerato il primo autore di fantascienza di colore, ma lui rigetta questa definizione, citando altri autori di colore venuti prima di lui, e meno noti, quali Martin Delany (non un parente) o George Schuyler.

Anche se a prima vista potrebbe sembrare altrimenti, è un testo in forte dialogo con il precedente e il curatore della collana ha fatto molto bene a mettere entrambi assieme.

L'articolo è disponibile anche online a questo link e vi invito a leggerlo per farvi una vostra opinione.