mercoledì 7 ottobre 2015

Corrupted Blood e le epidemie virtuali

Il 13 Settembre 2005 gli autori di World of Worcraft (WoW) resero disponibile una nuova area di gioco, Zul'Gurub, giocabile da tutti i giocatori il cui avatar avesse raggiunto un livello pari o superiore al 60. Avatar molto potenti, quindi.

Al centro di quest'area si trovava il boss finale Hakkar the Soulflayer. È un demone talmente potente che può essere sconfitto solo grazie allo sforzo congiunto di numerosi giocatori.
I giocatori di WoW amano questo genere di cose: amano associarsi in Gilde ed effettuare raid collettivi contro i loro nemici. Buon parte del tempo di gioco se ne va in attività sociali assieme ai compagni di Gilda. Un simile mostro, quindi, era ben in linea con i desideri dei giocatori: qualcosa di potente da abbattere, combattendo assieme ai propri compagni di Gilda.

Per rendere le cose più difficili, gli autori scelsero di armare Hakkar con un attacco speciale, denominato Corrupted Blood. Oltre al danno istantaneo, Corrupted Blood infliggeva alla vittima anche un piccolo danno costante nel tempo (DOT, damage over time). Infine, elemento nuovo in WoW, Corrupted Blood poteva passare da un avatar a un altro posto nelle sue vicinanze.
Dal punto di vista del gameplay la scelta era ottima: il danno non era sufficiente per uccidere un avatar di classe elevata, considerando anche le loro buone capacità di rigenerazione, e il fenomeno del contagio serviva per causare disordine tra gli attaccanti e rendere così più difficile un attacco coordinato contro il demone.

Poi successe l'imprevisto. Il contagio si diffuse fuori da Zul'Gurub. Migliaia di avatar di livello basso o medio perirono in pochi secondi. Le città virtuali di Azeroth si riempirono di cadaveri. La paranoia degli untori si diffuse tra i pochi superstiti.



Come era potuto succedere?

Fu tutta colpa di una feature alla quale i creatori di Corrupted Blood non avevano posto attenzione. I giocatori contagiati usarono l'opzione di teletrasporto per uscire da Zul'Gurub e raggiungere altre aree di gioco, contagiando così tutti quelli con cui entravano in contatto.

Altri due fattori contarono nella diffusione incontrollata della malattia.

I giocatori di WoW possono disporre di pet, personaggi non giocabili che aiutano l'avatar nei combattimenti. I pet vengono richiamati dal giocatore e riposti in un "archivio" a seconda delle necessità. Durante la crisi di Corrupted Blood i pet contagiati dal morbo venivano riposti e messi in stasi, per poi venire richiamati ancora virulenti in qualsiasi area di gioco.

L'altro fattore decisivo per la diffusione del morbo fu il fatto che gli NPC (non-player characters) del gioco, quali le guardie cittadine o i mercanti, fossero portatori sani. In quanto essenziali alla struttura del gioco tali NPC sono resi praticamente immortali ma nulla impedì loro di prendere il Corrupted Blood e passarlo agli avatar dei giocatori.



La reazione della Blizzard fu la stessa che ci si aspetterebbe dalle autorità mondiali in caso di vera pandemia: furono poste quarantenne attorno alle aree contagiate. Quarantenne che però si rivelarono inutili, in quanto si scoprì l'effettiva impossibilità di sigillare le varie aree del mondo virtuale. Corrupted Blood era estremamente contagioso, e molti giocatori rompevano la quarantena di proposito, per curiosità o per effettiva volontà di fare danni.

Le reazioni dei giocatori in effetti sono state interessanti nella loro varietà e nel rappresentare diversi aspetti del comportamento umano.
Famigerati divennero i griefer, che di proposito diffondevano il morbo nelle aree più popolate quali le città o le banche di Azeroth. Un comportamento che si potrebbe attribuire al fatto di essere in un mondo virtuale dove la morte ha poche conseguenze (i morti infatti resuscitano) ma che rimanda a veri casi documentati di persone che coscientemente hanno diffuso la malattia della quale erano affetti.

Altri giocatori, della classe dei maghi, tentarono di guarire i malati tramite i loro poteri magici. Gesto coraggioso e altruistico, ma che probabilmente ha fatto più danno che altro, in quanto ogni malato ancora in vita era una fonte in più di contagio per i sani.

I commenti furono ambivalenti. Da una parte molti si lamentarono dell'impossibilità di continuare il gioco in WoW. Non c'era alcun divertimento nel camminare per città deserte con il rischio di finire contagiati e uccisi. Altri invece apprezzarono la globalità dell'evento, tanto che fecero i loro complimenti alla Blizzard, pensando che l'epidemia fosse stata voluta e programmata.
Alla fine, dopo aver preso atto del fallimento delle quarantenne, la Blizzard decise di resettare tutti i server di gioco. Una misura estrema che indica quanto fosse uscita di mano la situazione.


Parliamo ora dell'epidemiologia.
L'epidemiologia è lo studio di come una malattia si evolve, e di come questa evoluzione sia influenzata da fattori quali il tempo, luogo e popolazione. Una branca dell'epidemiologia, chiamata epidemiologia matematica, si occupa di creare modelli matematici che simulino l'evoluzione della malattia. Non è una semplice curiosità matematica: i modelli utilizzati hanno un impatto reale sulle scelte politiche e strategiche messe in atto per prevenire e limitare un'epidemia. In base alle stime relative all'evoluzione della malattia, vengono decise le scorte di vaccini e medicinali, e più in generale quali strategie di salute pubblica potranno essere più benefiche.

Ci sono numerosi tipi di modelli matematici utilizzati per prevedere l'evoluzione di una epidemia.

I più semplici si limitano a suddividere la popolazione in tre compartimenti, i sani, gli infetti e i guariti per poi stabilire delle formule per stabilire il flusso di persone tra questi compartimenti.

Altri modelli simulano la popolazione come un network di persone con varie interconnessioni. La probabilità di essere contagiati dipende dal numero di connessioni con altre persone che possono essere a loro volta sane o infette.

Infine c'è la classe di modelli basati su agenti. Gli individui si muovono casualmente in un ambiente simulato, da cui deriva una certa probabilità di incontrare un individuo infetto e di diventare malati.

Il problema con tutti questi modelli è l'assunzione che si fa riguardo il comportamento umano: nel caso del modello a network, si suppone una rete invariabile di possibili contatti. Nel caso del modelli con agenti, si suppone una continua serie di incontri casuali. Entrambe queste supposizioni non corrispondono a quello che succede in caso di epidemie. In situazioni di crisi il comportamento delle persone cambia in maniera imprevedibile. La rete dei contatti di una persona (contatti reali, beninteso, non virtuali) si evolve nel tempo e sotto l'effetto di situazioni di crisi, in un modo che non può essere rappresentato da un network fisso o da incontri perfettamente casuali. 

Qui entra in gioco Corrupted Blood. Come osservato da Nina H. Fefferman ("The untapped potential of virtual game worlds to shed light on real world epidemics", Lancet Infect Dis 2007; 7:
625–29... cosa credete, che leggo solo il Topolino?), il morbo che ha colpito Azeroth ha molte somiglianze con le malattie reali: ha avuto origine in una regione lontana ed è stato portato nelle zone popolate da viaggiatori, coinvolgendo sia animali (pet) che individui (avatar) nella catena dei contagi. All'interno delle città il morbo poi si è diffuso in un ambiente stratificato socialmente, in quanto i giocatori si dividono per gilde e per razze.

Il tipo di popolazione nel quale il morbo si è diffuso e il comportamento sia degli infetti che dei sani è un'ottima simulazione della diffusione di un'epidemia reale, che contiene elementi che i modelli prima menzionati trascurano. È l'idea tra un network fisso con ampia possibilità di incontri casuali. Simili eventi virtuali possono portare a una maggiore conoscenza della diffusione delle malattie. Purtroppo, con grande dolore da parte della comunità di epidemiologisti, la Blizzard ha fatto sapere che non sono stati raccolti i dati numerici sulla diffusione di Corrupted Blood. "È stato solo un bug, e l'abbiamo riparato. È solo un gioco".

D'altra parte va detto che i livelli di contagio e di mortalità di Corrupted Blood sono superiori a quelli di qualsiasi patogeno noto, Ebola compreso. Corrupted Blood era più una bomba che uccideva grandi quantità di avatar in un colpo solo che un virus vero e proprio con i suoi tempi di incubazione e decorrenza.

La Fefferman, e altri ricercatori, si spinge ancora più in là, suggerendo che simili eventi epidemici dovrebbero essere causati apposta e studiati accuratamente al fine di raccogliere utili dati statistici. Non tutti sono d'accordo: uccidere arbitrariamente gli avatar dei giocatori viene considerato immorale da molti: i giocatori hanno un attaccamento emotivo al loro avatar, ci hanno speso tempo e soldi... 

Voi cosa ne pensate? Uccidereste degli avatar per il progresso della scienza?