domenica 9 febbraio 2020

Matrix, misticismo sufi e sword&sorcery

Quella mattinate oziose dove non hai niente di meglio da fare che combinare Matrix, misticismo Sufi e sword&sorcery...

- Vuoi vedere i nostri serpenti?
Butros non rispose subito alla domanda. Prese tempo riempiendosi una tazza di caffè e sorseggiandolo, guardando il figlio dello sceicco che gli aveva fatto la domanda.
- Non sono del tutto sicuro. Ho sempre avuto brutte esperienze con i serpenti. Ho perso cammelli e compagni di viaggio a causa dei loro morsi.
- I nostri esemplari sono chiusi nelle gabbie - disse lo sceicco. - E abbiamo tutti gli antidoti disponibili. Dopotutto, è anche per questo che teniamo i serpenti. Le danze sono solo per far contento il popolo. È nelle sostanze contenute nel veleno che si cela la vera ricchezza.
Butros finì di bere il caffè e acconsentì.
Attraversarono alcuni corridoi e si fermarono davanti a una porta chiusa con una sbarra di legno.
Khadem tolse la sbarra e aprì la porta. Sorridendo fece segno a Butros di entrare.
La Guida guardò prima lo sceicco, poi Khadem. Il movimento di una tenda attrasse la sua attenzione: da dietro un drappo vide per un attimo una figura velata spiarlo.
Attraversò la soglia. Odore di muschio, di umido, di tana. Teli colorati coprivano le finestre, gettando ombre blu gialle e verdi sulle gabbie.
Ne capì il motivo. Luce blu per i serpenti notturno, gialla per quelli del deserto, verde per quelli delle foreste. La famiglia si impegnava a tenere i suoi ospiti a loro agio.
Come avevano fatto con lui.
Fermo al centro della stanza studiò i rettili. Non si sarebbe avvicinato per nessun motivo al mondo.
Scivolavano lenti, apparendo e scomparendo tra i rami e le rocce sistemati nelle gabbie. Non si concentrò su un singolo esemplare, ma colse la visione d’insieme. Era un fluire placido ma continuo di scaglie e colori e occhi e code. Era come un unico fiume di carne rettile e lui vi si trovava immerso. Le gabbie non racchiudevano gli animali ma separavano lui dalla corrente.
Gli venne voglia di immergersi e lasciarsi trasportare in quel fiume immenso, del quale quei serpenti costituivano solo una minima frazione. Come un secchio d’acqua rispetto all’intero fiume.
Non si accorse di essersi avvicinato a una delle gabbie. Non riconobbe l’esemplare, ormai per lui un serpente era tutti i serpenti e tutti i serpenti erano un solo essere.
Gli occhi lo ignoravano, le scaglie color sabbia, rosse, argento, verdi, arancioni disegnavano strane figure che si muovevano con lo strisciare del rettile.
Lo fissò incantato abbastanza a lungo da sembrargli che non fossero le figure a muoversi, ma le scaglie a cambiare colore, tracciando nuovi simboli, raffigurando monti e dune e oceani. Il serpente, o i serpenti perché forse ce n’erano molti là dentro, avvolti nelle loro spire erano come un’immensa tavola composta da un numero infinito di quadrati, le scaglie, e come le scaglie cambiavano colore così interi mondi si materializzavano davanti ai suoi occhi.
E quella non era più la pelle di un serpente, ma era al-Lawh al-Mahfooz, le Tavole dove tutto il creato era codificato, come numeri e lettere su una tabella o i colori delle scaglie sulla pelle del serpente.
Butros sentì una mano afferrargli la spalla. Si voltò, e i serpenti erano solo serpenti, e il figlio dello sceicco lo guardava preoccupato.
- Sono affascinanti, vero?

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