martedì 26 novembre 2024

They fly at Çiron

They fly at Çiron è un romanzo di Samuel Delany, pubblicato nel 1993.

È un testo con una lunga e storia di stesura.

La prima versione di They Fly At Çiron era un racconto lungo scritto nel 1962 che Delany non riuscì a pubblicare. Nel 1969 Delany diede il testo a James Salis che ne riscrisse l’inizio. Il testo uscì nel 1971 su The Magazine of Fantasy and Science Fiction con la firma di entrambi.

Nel 1991 Delany riscrisse la storia eliminando le parti aggiunte da Salis e aggiungendo nuovi personaggi. Il testo è uscito nel 1993 per la casa editrice Incunabula.

La storia inizia con il crudele Principe Nactor di Myetra che si appresta a invadere il villaggio di Çiron. Gli abitanti di Çiron sono agricoltori pacifisti che non possiedono le parole per definire “arma”, “guerra” o “arrendersi”. Sono troppo ingenui per temere qualcuno, tranne i misteriosi uomini Alati che abitano a Hi-Vator in cima alla montagna che sovrasta Çiron.

I personaggi principali sono Kire, un ufficiale di Nactor mandato in avanscoperta, e Rahm, un giovane Çironiano che ritorna da un viaggio rituale. Naä è una cantante e poetessa di Calvicon che si trova ospite dei Çironiani.

L’esercito myetrano attacca falciando gli ingenui Çironiani. Rahm, vedendo la sua compaesana Rimgia vittima di violenza semplicemente impazzisce e fa una strage di nemici, per poi scappare e trovare rifugio presso gli Alati.

Quando ritorna per aiutare Çiron viene catturato e obbligato a uccidere Kire (condannato per ribellione). Invece di Kire, Rahm uccide Nactor mentre l’esercito di Alati mette in fuga i nemici,

Çiron è una storia fantasy (ma che si comporta come una storia di fantascienza) con un protagonista che ricorda fisicamente il Conan di Howard. Delany ha sempre avuto chiare idee sulle differenze tra fantasy e fantascienza: “sword and sorcery represents what can still be imagined about the transition between a barter economy and a money economy, while science fiction represents what can be most safely imagined about the transition from a money economy to a credit economy”

Non per niente il romanza contiene il racconto di come la moneta sia stata adottata dagli Alati – ma qui c’è un twist, visto che alla fine sono ritornati al baratto. Non è interamente un’opera fantasy – i myetrani hanno armi laser e luci al neon.

Kire e Rahm non sono i soli personaggi dei quali seguiamo le vicende. Uno dei punti di vista è quello di Uk, veterano dell’esercito myetrano, attraverso i cui occhi (sorpresi e spaventati) vediamo la furia omicida di Rahm. Altro punto di vista è quello di Qualt, il ragazzo che si occupa di raccogliere e smaltire l’immondizia del villaggio. È l’intellettuale della storia, raccoglie non solo immondizia ma informazioni, e rotoli di scrittura accumulati nella storia di Çiron.

La narrazione si muove non tanto in maniera lineare quanto saltando dalla coscienza di un personaggio all’altro proponendo anche lo stesso evento o personaggio da vari punti di vista. La cosa viene quasi discussa a un certo punto: Naä racconta a Rimigia di una credenza secondo la quale ogni vita sarebbe una specie di libro del quale un Dio legge brani sparsi.

Identità e linguaggio: dare un nome alle cose viene visto come primo passo per dare loro un’identità. O, come scrisse Kathy Acker: “un nome non ti dice cosa sia qualcosa, ma piuttosto connette il fenomeno/idea a qualcos’altro. Certamente alla cultura”.

Non per niente il conquistatore Nactor dice al prigioniero Rahm: “Io sono il Principe Nactor. Non voglio sapere il tuo nome”.

mercoledì 25 settembre 2024

Un po' di gloria disperata


"Vorrei tre volte trovarmi in battaglia piuttosto che partorire"
Medea di Euripide

Some Desperate Glory di Emily Tesh è stato il vincitore del Premio Hugo 2024 come miglior romanzo.

Si tratta di una space opera che prende il proprio titolo dalla poesia di Wilfred Owen sulla prima guerra mondiale “Dulce et decorum est”:

Se tu potessi sentire, per ogni colpo, il sangue
uscire sgorgando dai polmoni rovinati dalla schiuma
Ripugnante come un cancro, amaro come il bolo
delle vili, incurabili piaghe su lingue d'innocenti,—
Amico mio, tu non racconteresti con un simile entusiasmo
ai bambini ardenti per un po' di gloria disperata,
l'antica Menzogna: Dulce et decorum est
Pro patria mori.

La storia inizia con la distruzione della Terra da parte di una confederazioni di alieni, i majoda. I pochi superstiti fondano Gaea, l’ultima colonia umana, con l’intento di ri-accrescere le forze umane e vendicare il genocidio.

Quella di Gaea è una società gestita dai militari e orientata alla guerra. I giovani sono cresciuti come soldati, preparati per andare a morire combattendo gli alieni.

La protagonista Valkyr (detta Kyr) è la guerriera più brava e più esaltata. Spera di essere mandata a combattere ma invece le viene assegnato il lavoro di Nursery, che consiste nell’essere continuamente messe incinta per partorire schiere di futuri soldati e accrescere le forze di Gaea.

A Kyr questo non va bene: per quanto capisca la necessità di garantire un elevato numero di nascite e quindi di tenere tutte le donne sane continuamente incinte, non approva però che tocchi a lei, che si sente attratta dalla gloria e dal martirio. Fugge quindi da Gaea con l’aiuto di una genio disadattato e di un alieno prigioniero, andando a cercare suo fratello che era stato mandato ad eseguire attentati contro i traditori umani che vivevano nella confederazione aliena.

Qua inizia il lungo percorso di disintossicazione di Kyr – Gaea infatti non è l’ultimo bastione dell’umanità ma una via di mezzo tra la Corea del Nord galattica e i giapponesi che dopo la seconda guerra mondiale continuavano a combattere nella giungla. E Kyr è una bulla fascistona odiata anche dai suoi compagni fascistoni. È crudele, omofobica, razzista e c’è ben poco di apprezzabile in lei. Eppure ci si affeziona, o meglio ci si affeziona al cuore del personaggio che cerca di emergere.

Ho saputo di molti lettori che hanno abbandonato la lettura del libro perché non sopportavano il personaggio – ci sarebbe da fare una lunga riflessione sul fatto che una fetta consistente di lettori rifiuta che il protagonista incarni (anche solo all’inizio) valori negativi. Incredibilmente Kyr stessa giunge a manifestare più tolleranza quando (SPOILER) decide di salvare tutti gli abitanti di Gaea, anche quelli più fascistoni, sperando di redimerli.

La società di Gaea è modellata su quella dell’antica Sparta, ma non quella idealizzata che va di moda in certi ambienti, ma quella reale, che faceva il lavaggio del cervello ai suoi giovani ed era estremamente razzista e classista. Il sistema di addestramento di realtà virtuale usato su Gaea si chiama agoghè esattamente come il duro addestramento degli spartani. Il termine veniva usato anche per indicare l’allevamento del bestiame, tanto per far capire il tipo di trattamento e come erano visti i giovani che vi si sottoponevano.

Some Desperate Glory non si limita a essere il percorso di “deprogramming” di Kyr dal culto di Gaea, ma usando tecnologia aliena Kyr visita un universo parallelo nel quale la Terra non è stata distrutta ma domina la Galassia, preparandosi al genocidio di quasi tutte le specie aliene. Per quanto in questa versione della storia Kyr sia uno stimato ufficiale delle forze imperiali e possa avere relazioni con chi le piace, riconosce che si tratta bene o male dello stesso regime fascista che governava Gaea – questo perché creato dalle stesse persone che hanno portato alla distruzione della Terra e alla costituzione di Gaea.

Tra i difetti segnalo invece il ricorso eccessivo al Deus Ex Machina per salvare la protagonista almeno due volte e la visione macchiettistica dei gerarchi che dominano Gaea. Anche se il male è banale gli esseri umani non lo sono e mentre si intuiscono diversi aspetto della personalità di Jole (il leader supremo e fondatore di Gaea), quest’ultimo non riesce ad andare oltre l’essere cattivo per essere cattivo.

Da leggere se vi sono piaciuti il Ciclo dei Vor e quello di Locked Tomb, e se NON vi è piaciuto Ender’s Game.

martedì 10 settembre 2024

Atlantis: Three Tales

Atlantis: Three Tales è una raccolta di tre testi scritti da Samuel Delany tra la fine degli anni 80 e primi anni 90. Il libro è stato pubblicato nel 1995 dalla Incunabula, una piccola casa editrice che dalla sua fondazione nel 1992 fino a oggi ha al suo attivo solo cinque pubblicazioni. Oltre a Atlantis ha pubblicato anche They Fly at Çyron di Delany.

"Atlantis: Model 1924" racconta dell’arrivo a New York nel 1923 di Sam, personaggio modellato sul padre dell’autore. Sam, diciassettenne di colore, si trasferisce da Raleigh (North Carolina) a New York dove già abitano e lavorano alcuni suoi fratelli e sorelle. Le sue due sorelle, Corey e Elsie, sono modellate su due celebri zie di Samuel Delany, Sarah Louise Delany e Annie Elizabeth Delany, pioniere dei diritti civili, la cui storia è narrata in Having Our Say: The Delany Sisters' First 100 Years di Amy Hill Hearth.

Sam ha nella Grande Mela numerosi incontri, e molte tematiche sono toccate: razzismo, identità, arte, etc… L’incontro più importante avviene mentre attraversa a piedi il Brooklyn Bridge e incontra un vecchio poeta (forse l’autore stesso), che gli racconta di un famoso poeta di colore, Jean Toomer. L’anziano tenta di rimorchiare Sam cantandogli come New York, come qualsiasi altra città, nella memoria diventi simile ad Atlantide… ma Sam impiega un po’ troppo tempo per accorgersi delle attenzioni dell’altro e commette un paio di gaffe, che mal interpretate dall’altro lo mettono in fuga. Alla fine della storia tutti i vari punti, le tematiche e i personaggi collimano in un singolo momento di epifania per Sam.

“Forget a city in which you've once lived, and it might as well have fallen into the sea”

"Eric, Gwen, and D. H. Lawrence's Esthetic of Unrectified Feeling" è un testo autobiografico (o per meglio dire più autobiografico, visto che la distinzione tra biografia e finzione diviene sfumata), dove Delany narra le basi della sua estetica, riportandole all’incontro che ebbe a dieci anni (negli anni 50) con due persone. La prima è Eric, lattaio, che portandolo a fare un giro di ritiri dalle fattorie locali lo espose a una colorita sequenza di parolacce e bestemmie, che Sam, trova incredibilmente eccitanti. La seconda è Gwen, sua insegnante d’arte, che gli inculcò l’idea formalista che la pittura fosse basata su “Forma, linea e colore”. Entrambe queste esperienze formano i gusti artistici e sessuali di Sam.

"Citre et Trans" è ambientato negli anni 60 in Grecia, dove Delany incontrò altri turisti e viaggiatori americani o inglesi ed ebbe diverse relazioni. È forse il più cupo dei tre testi, visto che riguarda prima uno stupro subito da Sam da parte di due marinai e poi l’uccisione di un cane da parte della sua padrona, che non voleva abbandonarlo in Grecia ai maltrattamenti dei locali.

Non c’è molta azione in questi racconti, il vero focus sono i cambiamenti che avvengono nella mente dei protagonisti, i vari Sam che sono fasi della vita e parti dell’autore Delany. La scrittura è sperimentale, con la suddivisione della narrazione in colonne parallele, note a margine, surrealismo e flusso di coscienza, tutti messi in opera per segnare l’interdipendenza tra memora, esperienza e il sé.

Delany ha scritto che Atlantis: Three Tales “is about (among other things) history, or more accurately the illusions we can have about history, especially when we have done lots and lots of research—which, when writing fiction, can never be enough…”

“Now, me . . . I’m going to originate everywhere…from now on. I’ve made up my mind to it and I’ll go on originating, all through my life, too…Every time I read a new book, every time I hear something new about history, every time I make a new friend, see a new color in the oil slicked over a puddle in the mud, a new origin joins me to make me what I am to be — what I’m always becoming. The whole of my life is origin — nowhere and everywhere.”

Le immagini che Delany usa in questi tre testi sono ispirate a due poemi: "Middle Passage" di Robert Hayden (che narra l’attraversata dell’Atlantico da parte di una nave di schiavi) e "The Bridge" Hart Crane, dedicato al Ponte di Brooklyn.

giovedì 5 settembre 2024

Orlanda Furiosa finalista al Premio Kipple 2024

 Copio e incollo da blog di Kipple:

Parecchi autori quest’anno hanno partecipato al Premio Kipple riservato ai racconti e romanzi di genere fantastico, con predilezione per il weird, la fantascienza e altri sottogeneri; sono giunte in redazione molte narrazioni di alta qualità e infatti, molti sono i finalisti che la giuria ha deciso di scegliere, donandogli un prestigioso riconoscimento. Le opere sono:

 

Romanzi finalisti in ordine alfabetico

  • Error Code 3, di Taylor Blackfyre
  • Mediterraneo terminale, di Matt Briar
  • Marionette, di Giuliano Cannoletta
  • Orlanda furiosa, di Lorenzo Davia
  • La mirabolante avventura di Guglielmo Marconi, di Francesco Di Gangi
  • Falange dei sogni, di Damiano Lotto
  • Spicchio di Terra, di Alessandro Montoro
  • Hibakusha, di Marco Palone
  • La variabile Heisenberg, di Pierfrancesco Prosperi

Racconti finalisti in ordine alfabetico

  • Inferno eterno, di Umberto Sergio Bertani
  • Deriva immobile, di Davide Camparsi
  • Egemonia, di Marco Palone
  • L’avvenire dura per sempre, di Franco Ricciardiello
  • Harmonia, di Stefano Spataro
  • Cavie disumane, di Paola Viezzi
Kipple Officina Libraria desidera ringraziare e congratularsi con i bravissimi finalisti e, in modo più esteso, con i partecipanti al Premio che hanno contribuito a elevare ancor di più il livello qualitativo del contest; l’appuntamento pe

lunedì 29 luglio 2024

Novità di luglio


Barbenheimer è il mio racconto presente nell’antologia Macchine, IA e Robot, speciale di Urania evoluzione del Millemondi dedicato agli autori italiani.

Vi ricordate di sicuro del meme di Barbenheimer nato dall’uscita nelle sale cinematografiche nello stesso giorno nelle pellicole Barbie e Oppenheimer. Due film completamente diversi ma che hanno generato questo cortocircuito mentale e memetico.

L’idea mi ha affascinato e ho pensato, perché non scriverlo veramente?

Sono partito da due semplici elementi – le bambole di plastica Barbie e Oppenheimer, lo scienziato incaricato di costruire la bomba atomica. Sono partito con poco, senza alcuna chiara idea di dove andare a finire. Non sapevo neanche che avrei parlato di IA, ma è in quella direzione che la storia, e i personaggi, mi hanno portato.

Sono molto felice di partecipare a questa iniziativa del meglio della fantascienza italiana secondo Urania con un racconto dalle origini così particolari, assieme agli altri autori



S/Confinati, antologia che ho curato assieme a Simonetta Olivo. Il tema di questa antologia è il Confine, inteso in senso fisico e mentale, concetto esplorato con gli strumenti della narrativa fantastica.

Simonetta e io abbiamo scelto un’impostazione particolare. Metà dei racconti presenti nel volume sono stati scritti da autori triestini – sui quali ha pesato la storia di Trieste come città di confine tra più mondi e periodi storici.

Scrittrici e scrittori triestini appartengono al gruppo FantaTrieste, molti probabilmente già li conoscete, e sono Simonetta Olivo, Fabio Aloisio, Fabio Calabrese, Roberto Furlani e Zeno Saracino.

L’altra metà dei racconti è scritta da autrici e autori provenienti da paesi con i quali Trieste stessa ha avuto relazioni storiche, culturali, ideologiche e linguistiche nel corso della sua storia: Marco Apollonio (Slovenia), Arben Dedja (Albania), Katharina Köller (Austria), Veronika Santo (Croazia), Jasmina Tešanović (Serbia).

Traduzioni a cura di Alice Cimador, Agnese La Porta e Maria Teresa Petrigliano.



È uscita Hallucigenia: Antologia di fantasy surrealista e psichedelico, a cura di Andrea Berneschi e Michele Borgogni, che hanno riunito un gruppo di allucinati e allucinanti autori per avere dei racconti fantasy al di là dell’inimmaginabile.

Io sono presente con il racconto “La Storia della Guida” dove riprendo il personaggio di Butros, già protagonista della mia antologia Incubi dalle Sabbie (ed. Delos).

È forse il racconto più GeneWolfiano e Borgesiano che abbia mai scritto, dove il misticismo Sufi si unisce all’Effetto Droste di storie narrate nella migliore tradizione araba – è una sfida per il lettore a raccogliere tutti gli indizi e cercare di ricostruire la storia.

Lo potete acquistare qua.

Per chi fosse interessato agli altri miei racconti arabi.

lunedì 15 luglio 2024

Vittorie più grandi della morte

Victories Greater Than Death è un romanzo Young Adult della scrittrice Charlie Jane Anders, primo della trilogia Unstoppable (tuttora non tradotta in italiano).

Tina appare come una teenager umana, ma in realtà è il clone alieno (modificato geneticamente per somigliare ai terrestri) della più famosa e capace Capitano della Royal Navy (una specie di Flotta Stellare composta da alieni di varie specie), Thaoh Argentian.

Conserva i ricordi del Capitano e cresce fino all’adolescenza nell’attesa di venire prelevata e avere i propri ricordi ripristinati.

Purtroppo le cose non vanno previsto, e Tina si trova ad avere le conoscenze di Argentian ma non i ricordi. In più si trova con altri cinque adolescenti terrestri arruolati su una astronave da guerra aliena in fuga dal cattivo Marrat, amico prima e nemico poi di Argentian.

Marrat è il classico cattivo perché cattivo – alla fratellanza e ai valori di apertura e inclusione della Royal Navy preferisce seguire idee fascisteggianti e discriminatorie: egli segue il gruppo Compassione che (a dispetto del nome) si propone di sterminare tutti gli esseri che non abbiano forma umanoide. Nonostante sia abbastanza piatto, possiede un’arma originale e veramente terribile i cui effetti sono ben descritti dall’autrice. E sono effetti (oltre alla morte della persona) che fanno veramente paura.

Ho trovato divertente come anche gli alieni più… alieni e lontani dall’umano introducano se stessi dicendo “Mi chiamo (ad.es.) Cthulhu e il mio pronome è lui/lei/loro”, non perché ci sia qualcosa di sbagliato ma perché mi è difficile associare distinzioni di genere umane a creature extraterrestri. Ma d’altra parte essendo biologie aliene è ovvio che non si possano distinguere subito i generi, e spesso il concetto di genere non è neanche applicabile. Questo viene ben spiegato nel testo: tutti quanti dispongono di un EasySpeak che traduce i linguaggi alieni adattandoli alla lingua e modo di pensare dell’utente, quindi quelle che sarebbero altre differenze grammaticali (tipo, mi invento al momento, avere due generi per chi mette l’ananas sulla pizza e chi non lo fa) vengono tradotte come differenze di genere per Tina.

In generale il comportamento dei personaggi (almeno quelli buoni) è all’insegna del più totale politicamente corretto o, come preferisco chiamarlo io, educazione e buon senso. Si usano i pronomi corretti, non si tocca una persona senza il suo consenso, vengono dati spazi di isolamento per gli introversi e così via.

Tina sa quello che vorrebbe essere, ovvero il grande Capitano che tutti si aspettano, ma è una identità alla quale al momento non può accedere. Fa quello che può per dare il meglio con le conoscenze di Thaoh Argentian, vivendo una continua tensione tra quello che sembra destinata a essere e quello che è. Ha amici (umani) a bordo ai quali tiene e con i quali sperimenta i primi amori e le prime sconfitte e delusioni.

giovedì 20 giugno 2024

The Motion of Light in Water

The Motion of Light in Water: Sex and Science Fiction Writing in the East Village è l’autobiografia scritta da Samuel Delany e pubblicata nel 1988, riguardante i suoi primi 23 anni di vita, con particolare dettaglio per gli anni ’60.

Apprendiamo delle scuole e campi estivi frequentati (e le prime esperienze sessuali), la conoscenza con la poetessa Marilyn Hacker e il loro matrimonio aperto (Delany che andava a rimorchiare altri uomini con cui fare sesso) e illegale (illegale a New York, dovettero cambiare stato per potersi sposare, essendo lui di colore e lei bianca); l’inizio della sua carriera come scrittore di fantascienza (si arriva fino alla stesura di The Star Pit); il ricovero in ospedale psichiatrico a causa degi attacchi di panico in metropolitana; il suo viaggio in autostop fino in Texas dove ha lavorato come pescatore di gamberetti (l’idea era di fare esperienza per descrivere meglio l’equipaggio dell’astronave di Babel-17); la relazione a tre tra lui, sua moglie e Bob (un tizio letteralmente trovato sul marciapiede).

È un memoir scritto con la coscienza di non poter (e voler) essere completo e corretto. La prima parte è dedicata a studiare una frase che Delany ha detto a tutti per decenni, ovvero

“My father died of lung cancer in 1958 when I was seventeen.”

La frase, come lui stesso spiega, è cronologicamente sbagliata (suo padre non è morto nel 1958 ma nel 1961 e lui non aveva 17 anni quando è successo). La memoria non è quello che è successo, ma come gli sembra vero che sia accaduto, la sensazione che gli ha dato. La narrazione di The Motion non è lineare. Si fanno salti avanti e indietro, alcuni eventi vengono narrati da più punti di vista – sempre dal punto di vista di Delany, ma di volta in volta del Delany-studente, Delany-omosessuale, Delany-scrittore etc... Come scritto da un altro recensore, sembra che l’autore si sia svuotato la testa come una tasca dei pantaloni e prendendo un oggetto alla volta tenti di ricostruire un puzzle – senza nemmeno essere sicuri che il puzzle ci sia. Più volta si mette in guardi del trasformare la propria vita in una storia (so che a questo punto avrebbe senso che succeda questo e quest’altro, invece etc…)

Il sesso è esplicito, Delany affronta la cosa (nella vita come nello scritto) con la massima apertura e onestà. Non turba perché c’è o è omosessuale, ma per la facilità con la quale lo si trova, nella New York degli anni 60. Delany dimostra come gli bastasse uscire di casa (abitava nel Lower East Side) ed entro un quarto d’ora conosceva qualcuno con cui fare sesso. Per non dire della promiscuità (possibile solo prima dell’AIDS). Si imparano tutti i posti nascosti dove due uomini potevano incontrarsi e fare sesso all’epoca.

Le esplorazioni sessuali non vengono raccontate solo per il gusto di farlo, ma sono fortemente connesse con l’esplorazione della struttura sociale, sessuale e razziale degli Stati Uniti. Il sesso è una lente di ingrandimento che Delany usa per investigare la società americana.

"Whether male, female, working or middle class, the first direct sense of political power comes from apprehension of massed bodies. That I'd felt it and was frightened by it means that others had felt it too. The myth said we, as isolated perverts, were only beings of desire, manifestations of the subject (yes, gone awry, turned from it's true object, but for all that, even more purely subjective)"

Come tale The Motion… è un testo fortemente politico (viene proposto come lettura nei corsi di Gender Studies e simili). In ospedale durante una sessione di gruppo, Delany confessa di essere gay, e per farlo usa il linguaggio socialmente accettato dell’epoca per farlo, in tono vergognoso, chiedendo scusa e promettendo che sarebbe guarito.


Solo dopo essere tornato a casa si rende conto che ha usato il linguaggio di altri per condannare qualcosa in cui vedeva niente di male. L’esplorazione della sessualità e della società vanno quindi per Delany di pari passo con quella del linguaggio.

“When you talk about something openly for the first time—and that, certainly, was the first time I’d talked to a public group about being gay—for better or worse, you use the public language you’ve been given. It’s only later, alone in the night, that maybe, if you’re a writer, you ask yourself how closely that language reflects your experience. And that night I realized that language had done nothing but betray me.”