giovedì 12 settembre 2013

La motoruota

Navigando su internet, mi sono imbattuto nella seguente fotografia:



Vista la quale, mi sono ricordato dell'analogo veicolo usato da Ray Steam in Steamboy:



Ho quindi pensato: vivo nel 2013, dov'è la mia motoruota?


L'idea di avere un mezzo di trasporto con una sola ruota, e con il pilota all'interno di essa, venne applicata alle biciclette nella seconda metà del 1800. Nel 1869 il marsigliese Rousseau crea infatti un velivolo costituito sì da due ruote, ma con la minore posta all'interno della maggiore. Non poteva sterzare ma, almeno, era dotata di freni.

Un esemplare della monoruota di Rousseau è visibile al Museo della Bicicletta di Fermo Galbiati a Milano e ne potete vedere una foto qui a sinistra.



Per tutto il resto dell'ottocento verranno proposti numerosi modelli di monoruota a pedali, fino al 1904, anno in cui la ditta piemontese Garavaglia presenta all'Esposizione di Milano la sua motoruota, mossa da un motore a quattro tempi (qui a destra).

Tale sistema di locomozione presenta una serie di problemi non banali, ai quali numerosi inventori tentarono di trovare una soluzione negli anni successivi.

Il problema maggiore è il così detto gerbiling (che non va confuso con la pratica sessuale detta gerbilling). Si ha il gerbiling quando, in caso di accelerazione o frenata improvvise, le forze applicate superano la forza di gravità: il pilota si trova quindi a girare all'interno della ruota stessa. Come uno sfortunano criceto. Potete immaginare da soli quanto imbarazzante possa essere la situazione.

Altrettanto critico, ovviamente, risulta sterzare il veicolo, cosa che spesso si ottiene, poco elegantemente, con il pilota che sposta il peso del suo corpo.

Il problema fondamentale delle monoruote è che le tre funzioni base di un veicolo, ovvero spinta, frenata e sterzo, sono fornite tutte dalla stessa superficie di contatto con l'asfalto.

Il modello proposto da D'Harlingue nel 1917 tenta di risolvere questi problemi introducendo dei pattini per evitare il gerbiling e addirittura un'elica aeronautica per sterzare (foto a sinistra). Probabilmente funzionava, anche se penso potesse essere un po' pericoloso per i passanti...

Arriviamo quindi al brevetto del 1922 dell'italiano Davide Cislaghi, poliziotto milanese che a bordo della sua motoruota percorse l'intero tratto Milano-Roma. Apprendiamo da Wikipedia:

"La motoruota esposta era del diametro di 145 cm ed era mossa da un motore a due tempi di 175 cm3 e cambio a tre velocità, dotata di sedile e di manubrio con sole funzioni d'appoggio, dato che le curve venivano eseguite inclinando il motoveicolo."

L'anno successivo Cislaghi si associa con Giuseppe Govetosa, udinese, con i capitali del quale realizza un nuovo modello di motoruota. A questo modello si riferisce la fotografia pubblicata in apertura al post, anche se le fonti consultate dichiarano che il pilota non sia l'inventore italiano ma un suo acquirente. Il nuovo modello possiede un diametro maggiore (170 cm) e un motore a due tempi da 350 cm3.

Nonostante la notorietà del veicolo (la notizia comparve su numerose riviste italiane e internazionali) e il prezzo non eccessivo, la motoruota si rivelò un fallimento commerciale. Non aiutò l'incidente occorso a un parente di Cislaghi a New York, che durante una prova uscì di strada e distrusse il mezzo.

Altri modelli furono proposti negli anni '30, ma presto l'interesse andò scemando, salvo alcuni ritorni di fiamma nelle decadi successive. Le soluzioni a due e quattro ruote, di fatto, presentavano meno problemi e sono state sviluppate fino ai giorni nostri.

Non potevano mancare le applicazioni militari di una simile macchina. Risale al 1918 una copertina della rivista USA The Electrical Experimenter che presenta un'enorme monoruota, chiamata Gyro-Electric Destroyer, da utilizzarsi contro le trincee nemiche. Non sembra essere una cosa molto pratica, e non solo per i già noti problemi, ma anche, mi sembra, per l'oscillazione delle celle di tiro, che di sicuro non aiuta la mira.







Nel 1933 abbiamo un articolo della rivista Popular Science su un tank monoposto e monoruota, mentre nel 1936 la stessa rivista presenta il progetto di un tank a tre posti, inventato da un ingegnere texano, tale A.J. Richardson.




I nazisti, ovviamente, non potevano essere da meno, e realizzarono un vero tank monoruota, anche se il termine monoruota forse non è il più adatto, in quanto le ruote sembrano essere due, poste ai lati dell'abitacolo. Il termine "Ball tank" gli si addice di più. Il tank, che risale al 1945, è in mostra al Museo Militare di Kubinka, in Russia. È dotato di un motore a due tempi monocilindro e possiede una corazza da 5 mm.


Il fascino di un veicolo monoruota deriva dal fatto di avere un design essenziale, ma allo stesso tempo di essere estremamente complicato nella realizzazione. Inoltre rimanda a un tempo passato nel quale si poteva ancora sperare a un'alternativa al dominio dei modelli a due o quattro ruote.

5 commenti:

  1. Risposte
    1. Più che la scomodità mi inquieta il non poter vedere la strada...

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  2. "I nazisti, ovviamente, non potevano essere da meno"

    Rido da 10 minuti :-D

    Inutile dire che il tank texano a tre posti è il modello che preferisco, vero?

    Il mercato l'ha snobbata, ma i GGGoverni che gggomplottano con gli aGLIeni (e lasciano le scie chimiche) sanno bene che la monoruota funziona eccome, se l'hanno data in dotazione ai MiB!

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    1. Almeno i nazisti sono gli unici che hanno costruito un tank monoruota. Il solido ingegno tedesco si è subito liberato dei problemi derivanti da una sola ruota, uscendo con una soluzione semplice e funzionale.

      Per quanto riguarda gli aGLIeni, penso che siano quelli di Guerre Stellari:

      http://starwars.wikia.com/wiki/Tsmeu-6_personal_wheel_bike

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  3. io invece voglio la nazimonopallaruota!!!!!

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