venerdì 25 dicembre 2020

Natale 2020

Natale!



Chi segue la quest Cristianesimo festeggia il momento nel quale il figlio dello sviluppatore e sysadmin globale ha iniziato la sua partita, aggiungendo nuove lore e quest al gioco stesso.

Ma essendo prossima la fine del Livello 2020 è comunque una buona occasione per tutti i giocatori di fare una pausa e dedicarsi agli affetti – membri di party, clan o gilde che siano.

Non dimentichiamo il virus che ha colpito quasi tutti i server e che ci ha costretti a rivedere il nostro stile di gioco, e che questo Natale limiterà gli spostamenti in-mappa. E facciamo un pensiero anche ai giocatori che resteranno loggati lontano dai loro clan su server diversi da quello italiano.

Pensate bene a quello che fate prima di avviare le sidequest Pranzo coi Parenti e Cenone della Vigilia: ci sono giocatori con un numero elevato di livelli o con dei debuff particolari che è meglio non esporre al pericolo di contrarre il virus; spero comunque che almeno i minigame Decorare l'Albero e Fare il Presepe vi diano delle soddisfazioni.

E vi auguro anche di trovare un ottimo loot sotto l'Albero di Natale!

È stato un anno passato a un livello di difficoltà superiore, ma che per fortuna mi ha dato anche delle soddisfazioni immense: io e Sonia abbiamo deciso di continuare la nostra partita cooperative prendendo la quest Matrimonio! <3 <3 <3

Ho anche completato la sidequest "Finalista Al Premio Urania" acquisendo diversi XP per ampliare lo skill tree "Scrittore di Fantascienza".

Passerò la Notte di Natale in singleplayer perché l'altro membro del party è impegnato in una quest relativa alla Classe Lavorativa che ha intrapreso. Quindi se vi doveste sentire soli contattatemi pure, che assieme possiamo acquisire dei Buff tutti assieme!

martedì 17 novembre 2020

Capitalpunk

È uscito Capitalpunk, il mio romanzo già finalista del Premio Urania 2019, pubblicato dalla Casa Editrice Kipple


In un mondo dove il Capitalismo è l’unica religione, la risorsa postumana  Captain Capitalism si batte per il trionfo del Libero Mercato.
Ma tra gli Esuberi e i disoccupati sorge una nuova minaccia: Democrazy, che conosce i più oscuri segreti dell’economia mondiale.

L’elemento destabilizzante dà l’avvio a una carrellata di eventi, personaggi e supereroi che immergono la storia in un immaginario pop capitalistico a tratti delirante e spassoso.

Lorenzo Davia ha trovato una ricetta per destrutturare il nostro modo di vivere, il mondo governato dal capitale, le sue regole, i suoi assunti, le sue disumanizzazioni e i risvolti più deliranti che ci sembrano la normalità: lo ha fatto per mezzo dell’ironia, con le salaci immagini dei rapporti umani retti dal Libero Mercato e la vertigine di quello che può essere la società del futuro dove il capitale getta le sue fondamenta.
Lo potete acquistare su Amazon e sul sito della Kipple.

E ovviamente ci sono delle persone che devo ringraziare per l'aiuto che mi hanno dato per la creazione di Capitalpunk, aiuto senza il quale dubito fortemente il romanzo sarebbe giunto finalista al Premio Urania.

Intanto Karl Marx, la cui analisi del capitalismo e della società ha acceso un faro che ci sta ancora guidando dopo tanti decenni.

Richard K. Morgan, con il quale qualche anno fa ho avuto un'interessante conversazione, in merito al suo romanzo Market Forces, su come sia possibile criticare, oggi, il capitalismo.

Sonia Chelli, per la pazienza che ha dimostrato e il supporto psicologico e spirituale nei momenti più bui della stesura.

Alessandro Forlani, il cui editing è stato fondamentale per dare il giusto ritmo e tono alla narrazione. Alessandro è un vero Maestro di scrittura. Quello che c'è di bello in Capitalpunk l'ho imparato grazie alla bravura dell'insegnate; quello che c'è di brutto è colpa della scarsità dell'allievo.

Il Collettivo Italiano di Fantascienza per i preziosi consigli che mi hanno dato la coraggiosa lettura della prima bozza del romanzo.

La giuria del Premio Urania per aver avuto tale considerazione del testo.

Lukha B. Kremo e Sandro Battisti per l'interesse che hanno mostrato per il romanzo, tanto da accoglierlo in casa Kipple.

Ksenja Laginja per la splendida copertina.

Caterina Mortillaro per la fan art di Capitan Capitalismo – vedere come le proprie creazioni prendono forma indipendentemente da chi le ha create è sempre istruttivo.

mercoledì 11 novembre 2020

The Atheist in the Attic

“Is a poet someone who wants only to describe things, while a philosopher is someone who wants to describe things so that they will reflect and even explain the differences and forces that relate them all and hold them together?
“Or sometimes tear them apart.”
La serie Outspoken Authors della PM Press è una collana di volumetti molto brevi, di formatto tascabile, ma con contenuti molto interessanti e spesso provocatori. La serie è curata dallo scrittore di fantascienza Terry Bisson, e tra gli autori pubblicati troviamo Ursula K. Le Guin, Michael Moorcock, Rudy Rucker e Joe Lansdale.


Il volume The Atheist in the Attic è stato scritto da Samuel Delany e contiene la novella omonima, il suo saggio Racism and Science Fiction del 1998 e un'intervista con Terry Bisson.


The Atheist in the Attic

Questa novella, che occupa la maggior parte del volume, narra l'incontro tra Baruch de Spinoza e Gottfried Wilhelm von Leibniz avvenuto nel novembre del 1676.

Leibniz, che all'epoca aveva trenta anni, visita la città di The Hague allo scopo di incontrare Spinoza, che di anni ne aveva quarantatré, e discutere con lui del concetto di Deus Sive Natura che aveva portato a un'accusa di ateismo verso il filosofo ebreo.

Delany immagina il testo come una memoria di Leibniz scritta decenni dopo l'incontro.

La discussione filosofica non è la parte sulla quale si concentra il testo. Delany pone la sua attenzione (e quindi anche la nostra) su numerosi altri aspetti che ruotano attorno a quell'incontro.

Intanto il contesto storico e sociale. I Paesi Bassi si stavano ancora riprendendo dal così detto rampjaar (anno del disastro) 1672, quando erano stati invasi sia dalla Francia che dall'Inghilterra, e una folla inferocita aveva aggredito e mutilato due importanti uomini politici. C'era stata una carestia e molti contadini si erano dedicati al cannibalismo per sopravvivere. Inoltre l'incontro deve essere segreto. Spinoza è ebreo e ateo: doppiamente paria, doppiamente esiliato, anche tra il suo stesso popolo. Leibniz invece è un uomo di corte e in ascesa presso gli intellettuali europei: non può rovinarsi facendosi vedere con l'altro.

Ci sono inevitabili difficoltà di comunicazione tra i due filosofi: Leibniz insiste per parlare l'Ebraico, ma non lo capisce molto bene.

Una parte rilevante del racconto riguarda aspetti di solito trascurati nei resoconti storici, quali la pulizia dei cessi, come organizzare un trasporto con cocchiere, ogni quanto lavare gli indumenti (una volta l'anno a essere generosi).

Come spesso in Delany, la narrazione ha numerosi sottotesti e ambiguità. Viene dato spazio e risalto a personaggi secondari, quali il padrone di casa che ospita Leibniz a Huege, o il garzone che gli viene assegnato. Leibniz trova sconcertante questo ragazzo, Peytor. Cosa vuole veramente dal filosofo? Un aiuto per migliorare la sua situazione? Vuole fare sesso? Vuole mangiarlo – come forse ha fatto con qualcun altro durante la carestia?

E siamo proprio sicuri che le cose siano andate come narrate? Il testo viene scritto decenni dopo l'incontro, e non sempre è chiaro quali siano i pensiero del Leibniz protagonista e quelli del Leibniz narratore, e gli eventi potrebbero essere ricordati male.

Il titolo deriva da una frase (fittizia) che Leibniz riporta aver udito da Spinoza:
Trying to arrest me for atheism, given the specificity of my arguments, is like hunting for a man hiding in the attic of a building that has none, when in truth he is sitting in the back garden of another house, working diligently on his own concerns, in another neighborhood entirely.

Racism and Science Fiction

Questo articolo, pubblicato nel 1998, contiene le riflessioni di Delany sull'argomento. L'autore mette subito in chiaro che secondo lui il razzismo è un sistema che esclude certe persone su basi arbitrarie, piuttosto che un comportamento tenuto da singoli individui. Delany viene spesso considerato il primo autore di fantascienza di colore, ma lui rigetta questa definizione, citando altri autori di colore venuti prima di lui, e meno noti, quali Martin Delany (non un parente) o George Schuyler.

Anche se a prima vista potrebbe sembrare altrimenti, è un testo in forte dialogo con il precedente e il curatore della collana ha fatto molto bene a mettere entrambi assieme.

L'articolo è disponibile anche online a questo link e vi invito a leggerlo per farvi una vostra opinione.

giovedì 15 ottobre 2020

Crociata o jihad?

Questo articolo (che vi consiglio di leggere) pubblicato su Al Jazeera e dedicato al trailer del nuovo Dune mi ha fornito qualche spunto di riflessione. Seguendo le discussioni su internet devo dire che raramente ho visto tanta gente accanirsi per un termine usato in un trailer.

Abbiamo pazienza di aspettare di vedere il film? In realtà no.

Jihad è un termine arabo che significa “sforzo”, “lotta”, intesa sia come lotta spirituale per migliorare se stessi che come guerra per la causa di Dio. Ha subito diversi slittamenti di significato nel corso dei secoli, mettendo l’accento prima sulla guerra “materiale”, poi su quella spirituale (interna) e, in seguito ai movimenti anti-imperialisti iniziati nel 19° secolo, ritornando al significato di sforzo esterno contro un nemico oppressore. Come notato nell’articolo, quando Frank Herbert stava lavorando su Dune, c’erano delle jihad in corso contro le forse imperialiste e oppressive delle potenze occidentali.

Frank Herbert usa il termine “jihad” una ventina di volte in Dune, e “crociata” solo una volta. Definisce jihad come “crociata fanatica, crociata religiosa”, come se il termine “crociata” non avesse già questi significati. D’altra parte in italiano il termine crociata viene usato anche senza significati religiosi, somigliando quindi più al senso classico di jihad.

by Carlos NCT

Perché l’autore usa il termine jihad? Beh, terminologia di origine araba (e persiana, e turca) e concetti religiosi islamici fanno già parte dell’Impero, volendo indicare un futuro dove culture diverse da quella occidentale sono diventate dominanti. Ma usa anche l’arabo per indicare (come dice in un’intervista riportata anche nell’articolo) al lettore che la storia è ambientata in un luogo e in un tempo molto lontani.

Da questo punti di vista somiglia all’uso del latino nella saga del Nuovo Sole di Gene Wolfe: ambientata in un futuro remoto, l’autore usa il latino per rendere l’idea di una lingua antica rispetto al presente vissuto dal protagonista, anche se veniamo informati che non è il vero latino ma un’altra lingua futura che si è estinta molto prima dell’inizio del primo romanzo.

In Dune sono due le jihad: quella del passato contro le macchine e quella futura di Muad’dib. Il termine applicato alla prima è molto congruo. Contrariamente a quanto narrato da Brian Herbert e Kevin J. Anderson, la lotta contro le macchine non era intesa come una guerra contro nazisti robotici spaziali, ma contro un sistema automatico che indeboliva lo spirito dell’uomo. Jihad Butleriana quindi era un movimento di miglioramento spirituale – una vera jihad spirituale quindi.

La Jihad di Muad’dib, d’altra parte, ha visto la sovrapposizione di due spinte: quella dei Fremen, bloccati su un pianeta sfruttato dalle Grandi Case, e quella di rinnovamento dell’Impero, visto ormai come decadente e soffocante nei confronti di tutta l’umanità. La jihad dei Fremen ha diffuso la religione di Muad’dib nell’Impero, rinnovandolo. Un rinnovamento doloroso ma forse necessario.

by Matthew W. Waggle

Il trailer usa il termine crociata e questo ha fatto arrabbiare molti. Jihad ha assunto una connotazione negativa in occidente, connotazione che non si vuole dare, mi pare di capire, alla jihad di Paul Atreides. Deduco che le guerre di Muad’dib saranno presentate come una cosa giusta, positiva. A tali guerre viene dato il termine crociata. Come dire: crociata buona, jihad cattiva. Che è una semplificazione che temo non renda giustizia e nessuno dei due termini.

Ci si addentra qui nei problemi dell'adattamento di un romanzo in un film. Il romanzo usa il temine jihad per determinati motivi (esposti sia da me che dall'articolo), mentre il film usa il termine crociata. Ma i due termini non sono equivalenti. Fanno riferimento a contesti storici, religiosi e sociali completamente diversi. Sono due termini che indicano due cose diverse, e usare uno piuttosto che l'altro ha delle implicazioni.

È un equilibrio tra diverse forze divergenti: la fedeltà al testo originale (dove jihad ha un senso), la fedeltà ai significati del termine (dove jihad a quasi lo stesso senso) e l'uso che se ne fa correntemente. In questo caso potrebbe aver vinto il senso (negativo) attuale. Ma già questo (con)valida il senso attuale, negando quindi quello originale più positivo (inteso anche da Herbert). È una scelta che possiamo definire quasi politica. Togliere l'arabo (o l'Islam) da un adattamento di Dune vuole dire togliere il ruolo che queste due culture hanno nel contesto della storia, ovvero dare un giudizio sul ruolo che potrebbero avere in futuro, che in fondo è un giudizio sul ruolo che si vuole che abbiano adesso - come vedete usare un termine piuttosto che l'altro non è indifferente.

sabato 19 settembre 2020

FantaTrieste: l'antologia

C’è poco da dire. Trieste non è una città normale e non lo siamo noi che la viviamo.
Il termine generico per indicare una persona è “mato”: il default qui è la pazzia, il confine, l’altro.

Nascere e vivere a Trieste, almeno per me, ha sempre significato aprire le finestre la mattina e vedere la fine del tuo mondo e l'inizio di un altro, e non sapere quale dei due ti è più sconosciuto.

Vi state chiedendo che stirpe di scrittori di fantascienza può formarsi in un simile contesto? Adesso potete soddisfare la vostra curiosità!


È uscito per Kipple FantaTrieste, a cura di Roberto Furlani, con la bellissima copertina di Ksenja Laginja. È la prima antologia triestina di fantascienza (e generi limitrofi), con storie scritte da autori locali e ambientate nel nostro territorio. Rappresenta al tempo stesso una celebrazione di un secolo e mezzo di aspirazioni “di frontiera” e un’occasione per fare il punto per il futuro.

Sono presente nell'antologia, assieme a tanti altri notevoli penne, con il mio racconto "I Figli dei Naniti", una storia di amore e vendetta all'ombra della nascita di una nuova stirpe di esseri umani.
Risulta quasi naturale che Trieste sia permeata da una vocazione fantascientifica, in quanto essa stessa città di confine. Non tanto un confine geografico, tra l'Italia e la Slovenia, tra cultura latina e quella slava, quanto uno spartiacque tra due aree del sapere che impreziosiscono Trieste esattamente alla stessa maniera nella quale impreziosiscono la fantascienza. Parliamo di una città, infatti, in cui hanno vissuto figure salienti della nostra letteratura, come Joyce, Svevo, Saba e Slataper, fino a grandi autori della narrativa contemporanea del calibro di Claudio Magris e Paolo Rumiz.

Dieci storie di fantascienza triestina, dieci essenze di una città, Trieste, che respira il futuro e il limite come forse nessun altro luogo in Italia, in quanto essa stessa città di confine per eccellenza.

Gli AUTORI: Aloisio - Olivo - Davia - Longo - Furlani - Tonelli - Calabrese - Battiago - Sherwood – Berto
LINK PER L'ACQUISTO: KIPPLE, AMAZON, CARTACEO



lunedì 15 giugno 2020

The Einstein Intersection

The Einstein Intersection di Samuel Delany (Una favolosa tenebra informe o Einstein perduto) è stato pubblicato nel 1967 ed è vincitore del Nebula nello stesso anno e finalista agli Hugo.

Gli esseri umani come noi li conosciamo non ci sono più. Il pianeta Terra è popolato da altre creature, forse loro discendenti, forse alieni, forse ancora esseri sintetici: “Psychic manifestation, multi-sexed, incorporeal” come vengono definite. Sono mutanti, dalle forme e capacità variabili. Si dividono in due categorie: funzionali e non-funzionali. I non funzionali sono rinchiusi in gabbie (kages) in attesa dell'inevitabile morte dovuta alle loro malformazioni. I funzionali, in realtà anch'essi mutanti ma con mutazioni non letali, vivono una vita che imita quella degli antichi umani, adottando antiche formule sociali e familiari alla nuova mutata (in più di un senso) situazione.

Lo Lobey è funzionale che passa il tempo ad accudire il gregge di pecore con i suoi amici e a fare l'amore: in un mondo che va ripopolato e dove molti muoiono nelle gabbie riprodursi il più possibile è un obbligo sociale.

Il suo amore, Friza, viene uccisa in maniera misteriosa e Lobey deve intraprendere un lungo percorso per scoprire chi è l'assassino e vendicarla.

Il suo percorso inizia con la caccia a un toro mostruoso nel sistema di caverne che percorre il pianeta. Dopo aver ucciso il mostro Lobey fa due chiacchiere con un'IA, PHAEDRA (Psychic Harmony and Entangled Deranged Response Associations - Associazioni per l'Armonia Psichica e Connesso Responso Delirante), dalla quale viene a sapere per la prima volta che l'assassino del suo amore è Kid Death, creature senza scrupoli, ma che può riportare in vita le persone che uccide.

Lo Lobey prosegue nel suo cammino e trova lavoro in un gruppo di cowboy che conducono una mandria di lucertole giganti verso la città di Branning-at-sea. Capo dei mandriani è Spider, un ragazzo telepate con due paia di braccia e grande amico di Kid Death – fu lui a uccidergli padre con la telepatia, dietro sua richiesta.

Durante il suo periodo da cowboy Lobey fa amicizia con Green-eye, un altro ragazzo, dotato di un solo occhio, e principe di Branning-at-sea.

Kid Death lo perseguita, mette la sua vita in pericolo: è interessato a uccidere i "diversi" come Lobey. Dopo aver ucciso Friza uccide Le Dorik, passato amante e amica/o suo.

Giunto in città Lobey conosce la Colomba, The Dove, una specie di dea dell'amore che coordina gli accoppiamenti tra gli abitanti, sempre allo scopo di garantire il miglior rendimento genetico possibile.

Poi le cose precipitano: Spider fa condannare a morte Green-eye, e Lobey gli dà il colpo di grazia. Più tardi Spider e Lobey affrontano Kid Death sulla spiaggia, e mentre Lobey lo immobilizza con la sua musica, Spider lo uccide a frustate.

The Einstein Intersection è una storia sul ruolo e il valore dei miti, e di come gli esseri umani non possono fare a meno di riviverli come serie di eventi codificati che si ripetono nel tempo. Il romanzo è ambientato trenta mila anni dopo l'estinzione dell'uomo, e nuovi miti si sono aggiunti e sovrapposti a quelli originali. E così la figura di Orfeo si sovrappone a quella di Ringo dei Beatles: suonatori che perdono e tentato di recuperare la loro amata Euridice/Maureen Cox e finiscono sbranati da gruppi di fan adoranti (magari non proprio letteralmente nel caso di Ringo Starr).

E Lo Lobey è proprio Orfeo/Ringo, suonatore/guerriero grazie al suo machete/piffero; e altri personaggi assumono ruoli del mito: Kid Death è Billy the Kid, è la Morte. Spider è Giuda, Minosse e Pat Garrett. Green-eye è Gesù Cristo che muore e, forse, risorge. La Colomba infine è Elena di Troia, Starr Anthim*, Mario/a Montez e Jean Harlow.

Il setting stesso vuole ricalcare quello del Selvaggio West, visto qui come altri mito: i lucertoloni come bestiame, Kid Death come Billy the Kid, Spider come sceriffo.

C'è solo un problema. I miti umani vengono qui interpretati da creature non-umane. I miti sono fondanti/fondamentali ma anche limitanti rispetto alle nuove esigenze. I miti sono stretti, e Lo Lobey stesso trasborda nel mito di Teseo: va anch'egli in un labirinto a uccidere il Minotauro, ma come gli viene fatto notare da Phaedra, si trova nel labirinto sbagliato, la tua principessa è in un altro mito.

Green-eye dovrebbe morire e risorgere, e Lobey assume il ruolo di Longino che gli da il colpo di grazie, ma è un mito che a loro, a questi futuri abitanti della Terra, non serve, e nessuno dei presenti capisce perché Green-eye debba morire o se debba risorgere.

"Lobey, we are not human! We've tried to take their form, their memories, their myths, But they don't fit" 

Lo Lobey è anch'esso un mutante, si definisce come "Brutto e ghignante", "la sagoma di un birillo, cosce, polpacci e piedi di un uomo (un gorilla?) grande due volte me (che pure sono quasi un metro e ottanta) e fianchi altrettanto robusti." Ha i piedi grandi e prensili e legge la musica nella mente delle persone.


Ma sopratutto, Lobey è Orfeo. Come scrisse Neil Gaiman nella sua introduzione al testo, Delany stesso è Orfeo e il romanzo è narrativa orfica.

Nel suo saggio "The Metamorphoses of Myth in Fiction since 1960" Kathryn Hume dedica diverse pagina al mito di Orfeo, spiegando perché è tra i miti greci più rievocati. Orfeo come suonatore è una metafora dell'artista, c'è il legame tra Amore e Morte, c'è la discesa negli inferi... insomma è un mito pieno di suggestioni. Hume riporta proprio The Einstein Intersection e Sandman di Neil Gainman come esempi di opere dove ci si chiede se il mito ha ancora senso al giorno d'oggi. E la risposta di Delany sembra essere di no.

La riflessione sul mito si fonde con quella sulla differenza. Com'è che i diversi devono porsi nei confronti dell'ideologia culturale dominante? Cosa succede quando un diverso tenta di assimilare i miti e i resti di un'altra cultura?

Maschi e femmine funzionali sono distinti dai titoli di "Lo" e "La". Ma anche i sessi umani sembrano non essere adatti a queste creature aliene. "I’ve often wondered why we didn’t invent a more compatible method of reproduction to go along with our own three way I-guess-you’d-call-it-sexual division. Just lazy" nota Lo Lobey. Nel mondo di Einstein Intersection appaiono ermafroditi, identificati dal titolo di "Le". Ce ne sono due rilevanti alla storia. Le Dorik, che ha avuto un figlio con Lobey e che si occupa delle Gabbie. Con Dorik Delany mantiene l'ambiguità sul suo sesso evitando di usare "she" o "he" per il personaggio. Non altrettanto per la Colomba, che viene subito descritta come donna, giovane, bella, attraente, e che solo più tardi Lobey scopre essere "Le". Le Dove porta avanti una campagna di promiscuità sessuale volta a stabilizzare la società di Branning-at-sea; può assumere le sembianze di chiunque desidera (diventa Friza per Lobey) facilitando così gli amplessi.

Le Dove rappresenta la cultura mainstream che regna su tutto e tutti, creando l'illusione di una società uniforme (come notato in Multiplicity and Myth Exploring Gender in Samuel R. Delany’s The Einstein Intersection and Triton di Sointu Pitkänen)

Sono tutti diversi da noi umani, i personaggi del romanzo. E neanche tra di loro sono tutti uguali. Ci sono i funzionali e i non-funzionali. E poi ci sono personaggi differenti, con capacità telepatiche uniche, come Lobey, Friza e Kid Death. I non-funzionali sono isolati nelle gabbie, ma a volte la distinzione non è chiara. Friza, per esempio, non prende l'appellativo La solo perché non parla, ma viene trattata come un funzionale. A loro volta i funzionali differenti come Lobey devono evitare di dare risalto alla loro differenza, sopratutto in luoghi come Branning-at-sea. L'unica città abitata che appare nel romanzo è un luogo di omologazione a norme e standard umani, ma abitata da non-umani (post-umani, alieni o altro che siano). L'umanità è un riferimento per mantenere la coerenza sociale, e infatti alla fine del romanzo quando la prima viene messa in dubbio, la società entra in rivolta.

Ogni capitolo del romanzo inizia con una citazione, e le fonti spaziano da James Joyce a Bob Dylan passando per Jean Genet, Plotino, Gregory Corso, Jean-Paul Sartre e il Marchese de Sade e altre opere di fantascienza. Non solo: spesso vengono riportati brani del diario dell'autore scritti durante la stesura del romanzo stesso, in un gioco metatestuale ricorsivo implementato poi filo alle sue estreme conseguenze in Dhalgren. Il romanzo è stato scritto mentre l’autore viaggiava in Europa: Parigi, Venezia, Atene, Istanbul, Londra. Lobey che si aggira tra la mitologia di un’epoca tramontata è lo specchio di Delany che viaggia nel Vecchio Mondo e studia i resti del Partenone o i miti greci.

Il finale è aperto. Come scritto dallo stesso Delany, "Endings to be useful must be inconclusive." La società di Branning-at-sea è in rivolta, Lobey non ha riportato in vita Friza ma Kid Death è stato sconfitto. I miti sono stati messi in dubbio, Lobey si è liberato degli schemi umani che gli erano stati imposti (o si era imposto) e può permettere alla sua propria natura di emergere.

È inevitabile collegare la storia di Lobey con quella del suo autore, Delany, che come scrittore di colore (e omosessuale) si era messo in un campo, quello della fantascienza, considerato appannaggio di uomini bianchi. Ma possiamo vedere questa storia anche dal suo lato più ampio. Ognuno di noi nasce all'interno di un cultura che dà un intero bagaglio di conoscenze, modi di fare, atteggiamenti, linguaggi come scontati. Ci vengono consegnati come strumenti standard per risolvere tutti i problemi della vita. Purtroppo la vita presenta sempre problemi nuovi e spesso i vecchi strumenti sono obsoleti, e ce ne dobbiamo costruire di nuovi. Mentre scrivo queste righe la presenza di statue di certi personaggi storici nei luoghi pubblici viene messa in forte discussione. Non è forse anche questo un modo di rigettare la mitologia passata? E quale nuova mitologia verrà installata? Come disse Stanisław Lec "Se abbattete i monumenti, risparmiate i piedistalli. Potranno sempre servire."

* Chi è Starr Anthi, vi chiederete. Beh, è un personaggio del racconto del 1947 Thunder and Roses di Theodore Sturgeon (Astounding Science Fiction vol. 40, no. 3), una cantante e predicatrice in un'America post-apocalittica.

mercoledì 20 maggio 2020

Alabarde Spaziali


Link per scaricare Alabarde Spaziali in pdf e epub.

Dall'introduzione di Roberto Furlani:

Era la sera del 9 marzo 2020 quando Giuseppe Conte, premier italiano, annunciava il lockdown del Paese come risposta all’epidemia di Covid-19. Un’intera Nazione, tra molte altre, che d’improvviso si ritrovava blindata, prigioniera di un virus che avrebbe rovesciato tutti i paradigmi sui quali si fondano le nostre vite e le nostre esperienze. Parliamo dell’Italia, un Paese occidentale che figura tra le prime potenze industriali del mondo e la seconda manifattura d’Europa, la quale era d’improvviso costretta a chiudere impianti e ad abbassare saracinesche. E parliamo di un popolo tradizionalmente incline alla socialità, alla tessitura di relazioni umane, le quali avrebbero dovuto per forza di cose essere differite, o quantomeno rimodulate.
Il giro di vite non risparmiava nemmeno il settore della cultura, soffocato da una situazione contingente che (comunque la si veda) risultava imperante e ineludibile.
La Cappella Underground sintetizza le anime sopra tratteggiate, soprattutto in quanto aggregatore sociale e importante nucleo culturale.
Era del tutto inevitabile che l’emergenza sanitaria si ripercuotesse pertanto anche sulle attività della Cappella, e di conseguenza sulle iniziative legate al Trieste Science+Fiction Festival, che ne resta espressione di punta, nonché uno dei riferimenti più importanti a livello nazionale e internazionale per gli appassionati di fantascienza.
Preso atto della frenata che avrebbero subito i suoi programmi, polarizzati sull’espressione cinematografica del genere fantascientifico, la squadra del TS+FF ha fatto appello ai propri concittadini più “attivi” nell’ambito sci-fi finalizzato a costruire una via alternativa (e in qualche modo praticabile) all’offerta canonica del Festival.
Il proposito era quello di fare dei canali social del TS+FF un collettore di fantascienza nelle sue forme più disparate – dalla narrativa al fumetto, dalla musica al cortometraggio – in un periodo contingentato al lockdown, con il chiaro intento di reagire in modo tangibile e costruttivo all’oppressione del confinamento.
Fortuna vuole che Trieste abbia da sempre una spiccata vocazione fantascientifica: è nel capoluogo giuliano che sono nate riviste che hanno saputo ritagliarsi uno spazio a livello nazionale (pensiamo a Il Re in Giallo e a Continuum), e sempre Trieste è la città in cui vivono autori capaci di affermarsi nell’ambito della narrativa di genere con pubblicazioni e riconoscimenti di primo piano.
Presupposti, questi, che hanno trasformato quello che avrebbe dovuto essere un diversivo da reclusione domestica in qualcosa di più strutturato. È nata così la rubrica Alabarde Spaziali, pubblicata all’interno del sito del TS+FF, nella quale sono stati proposti dieci racconti appartenenti all’immaginario del fantastico di altrettanti autori, triestini di nascita o di adozione, che sono anche delle firme riconosciute all’interno del fandom nazionale.
La risposta da parte del web è stata molto positiva, e quindi eccoci qui: quella che state leggendo è la versione ebook di Alabarde Spaziali, con un’introduzione riscritta per l’occasione.
Ma la conclusione è quella della prima volta.
Restate con noi… Si (ri)parte!

lunedì 20 aprile 2020

Babel-17



Rydra Wong è una rinomata linguista, famosa poeta e capace crittografa. L'Alleanza sta conducendo una guerra spaziale contro un non meglio precisato Invasore. Il vantaggio del nemico consiste in una serie di sabotaggi ai danni dell'Alleanza. I sabotatori comunicano con un codice chiamato Babel-17. Rydra Wong viene incaricata di decifrare il codice e smascherare i sabotatori.

Inizia così uno dei romanzi più famosi di Samuel Delany, Babel-17, scritto nel 1966 e vincitore del Premio Nebula nel 1967. Tramite le avventure di Rydra Wong l'autore rappresenta una serie di considerazioni sul linguaggio e sulla sua influenza sul nostro modo di pensare e, di conseguenza, sulla società nella quale viviamo.

La protagonista infatti si accorge che il Babel-17 non è solo un codice segreto ma un vero e proprio nuovo linguaggio. L’atto di apprenderlo la porta ad allargare la propria mente e risolvere una serie di misteri ed enigmi che minacciano la sua missione.

Una volta accettato l’incarico, Wong mette su un equipaggio per la sua astronave, la Rimbaud. Assieme a un impiegato della Dogana (“Daniel D. Appleby, who seldom thought of himself by his name”) visita un locale frequentato dagli spaziali (Transport People). La cultura di questi marinai dello spazio è separata da quella di coloro che abitano sui pianeti, come scopre con un forte shock l’impiegatuccio. Modifiche del proprio corpo (piume, artigli etc…) sono considerate normali, e dato che la navigazione nell’iperspazio richiede che tre persone lavorino a stretto contatto, il matrimonio a tre viene considerato la norma.
Inutile dire che i “normali” considerano raccapriccianti certe usanze degli spaziali.

L’astronave non ha ancora lasciato l’orbita terrestre che già subisce un primo sabotaggio. Wong utilizza per la prima volta il Babel-17 e ne scopre i vantaggi: è una lingua che accresce l’intelligenza strategica delle persone e grazie ad essa la linguista riesce a salvare l’astronave.

La prima tappa sono i cantieri navali dell’Alleanza dove l’equipaggio è ospite del Barone Ver Dorco, inquietante collezionista e inventore di armi. La visita guidata del Barone alla sua raccolta di strumenti di morte è estremamente inquietante: il padrone di casa ha una raccolta imbarazzante di strumenti di morte e vede la loro costruzione come una nuova forma d'arte.

Ver Dorco viene ucciso e Wong si ritrova in fuga. Viene accolta dall’equipaggio della Tarik's Mountain, un gruppo di pirati spaziali che stanno solo occasionalmente dalla parte dell’Alleanza. Per fortuna il capitano della nave è un grande appassionato delle sue poesie e la nostra protagonista viene accolta e integrata nell’equipaggio. Durante un assalto ha modo di utilizzare di nuovo il Babel-17, pensando in questa lingua e trovando la strategia ottimale per sconfiggere i nemici.

Uno dei pirati, chiamato Butcher (macellaio), è un criminale senza nome e senza memoria, incapace di parlare (e quindi pensare) in termini di “io” o “tu”, cosa che impara dalla Wong con curiose conseguenze.

Alla fine del romanzo Wong scopre che Babel-17 è un linguaggio creato dal nemico e diffuso presso l’Alleanza allo scopo di trasformare le persone in sabotatori – la Wong stessa ne è stata vittima sabotando la sua stessa nave. Butcher, che si scopre essere figlio del Barone Ver Dorco, è stato una delle prime vittime di questa arma memetica. Rydra Wong decide di riscrivere il linguaggio conservandone gli aspetti positivi ed eliminando la sovversione autosabotativa.

Il romanzo è un’esplorazione del cosiddetto determinismo linguistico, la versione forte dell’ipotesi Sapir-Whorf. Cosa dice questa Ipotesi? Vi riporto la definizione della Wiki:

The principle of linguistic relativity holds that the structure of a language affects its speakers' world view or cognition. Popularly known as the Sapir–Whorf hypothesis, or Whorfianism, the principle is often defined to include two versions. The strong version says that language determines thought, and that linguistic categories limit and determine cognitive categories, whereas the weak version says that linguistic categories and usage only influence thought and decisions.

La versione “forte” del determinismo linguistico (ovvero che il linguaggio determina il pensiero) è stata provata essere falsa. La versione debole (che il linguaggio influenza il pensiero) è considerata più plausibile.

Ma non siamo qui per discutere di linguistica, quello che conta è l’interesse che l’autore dimostra, e ci fa provare, per i problemi della comunicazione e le relative teorie. Delany è stato per anni un forte sostenitore della versione forte dell'ipotesi di Sapir-Whorf, fino a quando ha ammesso che era fondamentalmente sbagliata.

It fails to take into account the whole economy of discourse, which is a linguistic level that accomplishes lots of the soft-edge conceptual contouring around ideas, whether we have available a one- or two-word name for it or only a set of informal many-word descriptions that are not completely fixed.
The realization of the flaws in the Sapir-Whorf, in that they caused me to begin considering the more complex linguistic mechanisms of discourse, you might say gave me my lifetime project.

Il linguaggio Babel 17 permette, a chi lo conosce, di ragionare in maniera più chiara.

Babel-17 is such and exact analytical language, it almost assures you technical mastery of any situation you look at.

Peccato che il linguaggio sia un’arma, potremmo definirlo un virus memetico, che inocula i geni della ribellione e del sabotaggio. Wong modifica il linguaggio creando il Babel-18, dove lascia implicito che la guerra finirà a breve.

Opere che esploravano la relazione tra il linguaggio e la società erano già state scritte negli anni precedenti, quali Anthem della Ayn Rand o The Languages of Pao di Jack Vance, dove un nuovo linguaggio viene creato allo scopo di influenzare la civiltà del pianeta Pao. Si può vedere l’influenza di Heinlein e del suo speedtalk nel Babel-17, e non posso fare a meno di pensare che ci sia lo zampino anche di Damon Kinght e del suo racconto Babel II, dove tutti i linguaggi diventano incomprensibili. E sicuramente Delany ha aperto la strada per molte opere che sono state scritte successivamente: His Master's Voice di Stanislaw Lem, Native Tongue di Suzette Haden Elgin, Ratner's Star di Don DeLilllo, The Dispossessed di Ursula K. Le Guin, Embassytown di China Miéville, e il racconto "Story of Your Life" di Ted Chiang, dal quale è stato tratto il film Arrival (che poi è il film che forse ha fatto conoscere l'Ipotesi di Sapr-Whorf al grande pubblico).

Il protagonista dell’opera è Rydra Wong. Wong all’età di dodici anni conosceva sette linguaggi terrestri e cinque extra-terrestri. Suo padre era ingegnere delle comunicazioni al Centro Stellare X-11-B mentre sua madre era interprete presso la Corte dei Mondi Esterni. Un contesto famigliare propenso a far crescere un piccola linguista, indubbiamente.

Entrambi i genitori sono rimasti uccisi da un attacco degli invasori. Attacco alla quale Wong è sopravvissuta, e dopo il quale ha acquisito poteri quasi telepatici di “leggere” il linguaggio del corpo delle persone.

Wong è anche una poetessa apprezzata in tutti i mondi dell’Alleanza e sembrerebbe anche presso gli Invasori. I brani di sue opere sono tratti dagli scritti della moglie di Delany, Marilyn Hacker.

Il secondo personaggio più interessante è il Macellaio, che rappresenta la versione oscura di Rydra Wong. Il Macellaio è il figlio del Barone Ver Dorco e suo esperimento nella costruzione di una nuova generazione di androidi spia, i TW-55. Questi androidi sono capaci di adattarsi a qualsiasi circostanza facendosi passare per esseri umani grazie a una serie di discorsi preprogrammati – alla stesso modo con il quale Wong imita i linguaggi che ascolta.

Il Macellaio nasce quando uno di questi TW-55 viene rapito dagli Invasori e gli viene insegnato il Babel-17. Una combinazione letale che Rydra Wong deve sciogliere.

Ma concentrandoci solo sulla linguistica rischiamo di perdere di vista quello che è comunque un romanzo ricco di avventure, battaglie spaziali, combattimenti, poesia e storie d’amore, espresse con lo stile poetico e peculiare di Delany.

Per esempio, l’attentato contro il Barone Ver Dorco durante una cena di gala viene descritto attraverso le portate di cibo piuttosto che le descrizioni delle vittime:

The fruit platters were pushed aside by the emerging peacocks, cooked, dressed and reassembled with sugared heads, tail feathers swaying....Tureens of caldo verde crowded the wine basins….Fruit rolled over the edge.

O per esempio quanto il capitano della Tarik’s Mountain comanda le manovre di attacco a una nave nemica usando espressioni tratte dalla psicologia freudiana:

Neurotics advance. Maintain contact to avoid separation anxiety….Let the criminally insane schiz out….Neurotics proceed with delusions of grandeur….Stimulate severe depression, noncommunicative, with repressed hostility….Commence the first psychotic episode….

Rydra Wong e un membro dell’equipaggio chiamato Ron discutono a un certo punto di “Empire Star e delle altre storie di Comet Jo” scritte da Muels Aranlyde. Wong spiega che Comet Jo esiste veramente e che lo ha conosciuto, ma che le storie raccontate sono solo vagamente ispirate alla sua vita. Ron e Muels Aranlyde appaiono proprio in Empire Star di Samuel Delany… e quindi le cose sono tanto ingarbugliate che è meglio non pensarci – Il romanzo Empire Star di Delany è una cosa successa veramente nell’universo di Babel-17 oppure è la versione romanzata scritta da Muels Aranlyde (che non dimentichiamo è un anagramma di Samuel Delany)? Con Chip queste cose non sono e non possono essere mai realmente chiare.

Wong/Harker era in una relazione tripla, che includeva Muels Aranlyde/Samuel Delany, e Fobo Lombs, anagramma di Bob Folsom, che era in una relazione con Delany e Harker. La vita dell’autore viene riflessa nel romanzo. E come fatto notare, a questo punto lo spaesato e un po’ bigotto Daniel D. Appleby non è altro il classico lettore di fantascienza anni '60, abituato a protagonisti maschi bianchi etero che potrebbe trovarsi un po' a disagio con la narrativa di Delany.

Wong è bisessuale e faceva parte fino a poco tempo prima di una triade poliamorosa, cosa naturale per i Trasporti ma sconvolgente per la Dogana. Il tema della sessualità è tanto importante per Delany quanto quello del linguaggio, e ovviamente le due cose sono collegate.

Imagine, in Hungarian, not being able to assign a gender to anything: he, she, it all the same word.

Come scritto da George Edgar Slusser nel suo “The Delany Intersection”, “Le parole hanno il potere di creare nuovi mondi, e allo stesso tempo di rendere il lettore consapevole della struttura sottostante il processo di costruzione”. Slusser definisce Delany come uno scrittore allo stesse tempo visionario e analitico, di “immaginazione strutturalista”. 

Cercate di tenere presente questo leggendo la sua opera, e tenete anche presente cosa ha scritto Delany stesso: “la fantascienza è un modo di gettare un’ombra di linguaggio su aree coerenti di immaginazione, spazi che altrimenti resterebbero inesplorati.” E se vi fa strano che venga gettata un’ombra invece che della luce, vi ricordo quanto scritto dall’antropologo Levi-Strauss: Musica e mitologia mettono a confronto l’uomo con oggetti virtuali dei quali solo l’ombra è reale.

Babel-17 è stato pubblicato nel 1966 dalla Ace Books (numero F-388), con copertina di Jerome Podwil. La prima edizione italiana è del 1971, Galassia numero 143 (Casa Editrice La Tribuna), tradotto da Gianni Montanari e con la copertina realizzata da Riccardo Conte. Viene poi ripubblicato nel 1988 come Classici Urania numero 130, copertina di Vicente Segrelles.

domenica 1 marzo 2020

Non con leggerezza ma calmi come montagne

Oggi è il Primo Marzo, Festa nazionale nella Corea del Sud. Il giorno è dedicato al movimento d’Indipendenza del popolo coreano contro l’Impero Giapponese, iniziato nel 1919.

Per "festeggiare" l'evento, visto che qua siamo grandi amici dei coreani, voglio condividere con voi un paio di ricordi e qualche foto.

1592. I Giapponesi hanno invaso la Corea, arrivando a mettere a ferro e fuoco la capitale Seoul. L'invasione è arrivata via mare trasportata da una flotta di 400 navi da trasporto.

Come ci ricorda Wikipedia, al momento dell'invasione, le forze navali coreane erano divise in comandi regionali. In preda al panico dopo la caduta di Busan, il Comandante della Flotta di Gyeongsang, Bak Hong, ordinò la distruzione delle sue armi e dei suoi depositi e affondò la sua flotta di 100 navi da guerra senza combattere. Allo stesso modo, dopo la caduta di Dongnae, l'Ammiraglio Won Gyun tentò di ritirare le sue navi presso Hansando, ma scambiò un gruppo di navi da pesca per la flotta giapponese. Distrusse le sue armi e i suoi depositi e fece affondare la sua flotta - proprio una brutta abitudine coreana, non vi pare? Gli rimasero solo quattro navi. Gyun chiese assistenza a Yi Sun-sin, che venne in soccorso con un totale di 85 navi, di cui 24 Panok-son, 15 Hyeop-son e 46 Pojak-son, e si dirige verso l'obiettivo.


Il 17 Giugno, dopo aver ricevuto rinforzi dalle altre province, l'Ammiragli Yi muove verso la flotta giapponese all'ancora presso la baia di Okpo.

Come ordina l'Ammiraglio ai suoi capitani: "Muovetevi non con leggerezza ma calmi come montagne".

Un totale di 91 navi coreane ingaggiano battaglia contro 50 vascelli invasori, distruggendone 26. La battaglia diventa un punto d'orgoglio dei coreani, che da secoli vengono trattati con sufficienza dai giapponesi, che non si sono mai rassegnati a sottometterli. Nel 1996 è stato aperto il Parco Commemorativo della Vittoria Navale di Opko, che ho avuto il piacere di visitate nel corso del mio ultimo viaggio in Corea.

Ho raggiunto il Parco Commemorativo partendo dalla città di Okpo e camminando per un paio d’ore su un bellissimo sentiero che segue la costa della baia.

Il pezzo forte parco è il monumento commemorativo alto 30 metri, circondato da santuari, padiglioni e un piccolo museo. Il santuario raccoglie lo spirito dell’Ammiraglio Yi Sun-sin.

E ho scoperto un interessante collegamento tra questo mio viaggio e il film Parasite di Bong Joon-ho, vincitore di un bel po’ di Oscar. Segue SPOILER, intesi? Quando Choi Yeon-gyo organizza alla fine del film la festa di compleanno del figlio, dà ordine che i tavoli siano disposti attorno alla tenda dove il figlio dorme proprio come le navi dell’Ammiraglio Yi Sun-sin durante la battaglia di Okpo… e visto l’esito della battaglia, forse è un bel caso di foreshadowing.

Il Santuario dell'Ammiraglio Yi Sun-sin

Il Museo

Coreani arrabbiati che attaccano gli invasori

Statua dell'Ammiraglio Yi Sun-sin

Il Monumento

Pagoda d'osservazione

Dettaglio architettonico

domenica 9 febbraio 2020

Matrix, misticismo sufi e sword&sorcery

Quella mattinate oziose dove non hai niente di meglio da fare che combinare Matrix, misticismo Sufi e sword&sorcery...

- Vuoi vedere i nostri serpenti?
Butros non rispose subito alla domanda. Prese tempo riempiendosi una tazza di caffè e sorseggiandolo, guardando il figlio dello sceicco che gli aveva fatto la domanda.
- Non sono del tutto sicuro. Ho sempre avuto brutte esperienze con i serpenti. Ho perso cammelli e compagni di viaggio a causa dei loro morsi.
- I nostri esemplari sono chiusi nelle gabbie - disse lo sceicco. - E abbiamo tutti gli antidoti disponibili. Dopotutto, è anche per questo che teniamo i serpenti. Le danze sono solo per far contento il popolo. È nelle sostanze contenute nel veleno che si cela la vera ricchezza.
Butros finì di bere il caffè e acconsentì.
Attraversarono alcuni corridoi e si fermarono davanti a una porta chiusa con una sbarra di legno.
Khadem tolse la sbarra e aprì la porta. Sorridendo fece segno a Butros di entrare.
La Guida guardò prima lo sceicco, poi Khadem. Il movimento di una tenda attrasse la sua attenzione: da dietro un drappo vide per un attimo una figura velata spiarlo.
Attraversò la soglia. Odore di muschio, di umido, di tana. Teli colorati coprivano le finestre, gettando ombre blu gialle e verdi sulle gabbie.
Ne capì il motivo. Luce blu per i serpenti notturno, gialla per quelli del deserto, verde per quelli delle foreste. La famiglia si impegnava a tenere i suoi ospiti a loro agio.
Come avevano fatto con lui.
Fermo al centro della stanza studiò i rettili. Non si sarebbe avvicinato per nessun motivo al mondo.
Scivolavano lenti, apparendo e scomparendo tra i rami e le rocce sistemati nelle gabbie. Non si concentrò su un singolo esemplare, ma colse la visione d’insieme. Era un fluire placido ma continuo di scaglie e colori e occhi e code. Era come un unico fiume di carne rettile e lui vi si trovava immerso. Le gabbie non racchiudevano gli animali ma separavano lui dalla corrente.
Gli venne voglia di immergersi e lasciarsi trasportare in quel fiume immenso, del quale quei serpenti costituivano solo una minima frazione. Come un secchio d’acqua rispetto all’intero fiume.
Non si accorse di essersi avvicinato a una delle gabbie. Non riconobbe l’esemplare, ormai per lui un serpente era tutti i serpenti e tutti i serpenti erano un solo essere.
Gli occhi lo ignoravano, le scaglie color sabbia, rosse, argento, verdi, arancioni disegnavano strane figure che si muovevano con lo strisciare del rettile.
Lo fissò incantato abbastanza a lungo da sembrargli che non fossero le figure a muoversi, ma le scaglie a cambiare colore, tracciando nuovi simboli, raffigurando monti e dune e oceani. Il serpente, o i serpenti perché forse ce n’erano molti là dentro, avvolti nelle loro spire erano come un’immensa tavola composta da un numero infinito di quadrati, le scaglie, e come le scaglie cambiavano colore così interi mondi si materializzavano davanti ai suoi occhi.
E quella non era più la pelle di un serpente, ma era al-Lawh al-Mahfooz, le Tavole dove tutto il creato era codificato, come numeri e lettere su una tabella o i colori delle scaglie sulla pelle del serpente.
Butros sentì una mano afferrargli la spalla. Si voltò, e i serpenti erano solo serpenti, e il figlio dello sceicco lo guardava preoccupato.
- Sono affascinanti, vero?