Neveryóna è il secondo volume del ciclo Return to Nevèrÿon di Samuel Delany. È un romanzo del 1983, e costituisce un'unica storia, al contrario del primo volume (Tales of Nevèrÿon) che era una raccolta di racconti e del quale ho scritto in passato.
Il titolo completo è “NEVERYÓNA Or: The Tale of Signs and Cities”, portando avanti la tradizione di intitolare ogni storia del ciclo con un “Tale of…”. I singoli capitoli del romanzo hanno invece titoli del tipo “Of Commerce, Capital, Myths, and Missions” o “Of Survival, Celebration, and Unlimited Semiosis” e iniziano con una citazione da autori quali Susan Sontag o R. Barthers.
Neveryóna segue le avventure di Pryn, ragazza quindicenne del villaggio di Ellemon che troviamo all'inizio del romanzo mentre cavalca un drago selvaggio. Tipico cliché del fantasy, che Delany smonta di qualsiasi carattere epico. I draghi di Nevèrÿon (2) sono deboli, una specie protetta per ordine dell'Imperatrice. Possono volare solo lanciandosi da posizione elevate. Pryn vola con una di queste creature, atterra in un luogo piano dal quale il drago non potrà più rialzarsi e, per una sorta di protesta, decide di abbandonare Ellemon e viaggiare verso sud. Visita la capitale Kolhari e altre regioni dell’Impero e fa la conoscenza con numerose culture e persone. L’ambientazione è la stessa del primo volume, una terra preistorica dove la civiltà sta appena nascendo (e invenzioni quale la scrittura o la birra sono vecchie solo di pochi decenni), e che potrebbe essere il Mediterraneo o l’Africa.
Dopo aver smontato il drago, Delany smonta il volume precedente. In Tales of Nevèrÿon avevamo lasciato Gorgik, Small Sarg, Raven e Norema uniti nella lotta contro la schiavitù. In Neveryóna Pryn incontra Norema, dalla quale veniamo a sapere che il gruppetto si è separato e ognuno è andato per la sua strada. Mentre di Gorgik e Small Sarg apprendiamo più avanti il destino, la potente e indipendente Raven non appare mai, anche se viene sempre cercata e inseguita da Pryn come esempio da seguire di indipendenza femminile.
Incontra Gorgik, nella figura di Liberatore dalla Schiavitù – anche se in effetti non lo vediamo liberare alcun schiavo (anzi ne ha uno tutto suo per il sesso). Gorgik le tiene una lezione su città e commercio e come stia avvenendo il passaggio dalla schiavitù delle catene a quella dei salari. Incontra poi Madame Keyne, imprenditrice di successo che dopo averle fatto una lezione su denaro e potere la manda a spiare Gorgik.
Infine è ospite del Duca Jue-Grutn della Penisola di Garth, che le tiene una lezione su mappe, numeri e arte.
Pryn apprende (e con tutte queste lezioni ci mancherebbe altro) come funziona la scrittura, i simboli e i segni, e quanto potenti possano essere.
In questo volume Delany ci fa vedere da numerosi punti di vista gli aspetti e l'evoluzione della produzione capitalista, un teatro dove ognuno degli attori in gioco cerca di coniugare desideri, sessualità e lavoro. Il mercato come lo vede Delany è inseparabile dalla sessualità. Il Mercato Vecchio di Kolhari è luogo di scambio di merci e di prestazioni sessuali (il Ponte dei Desideri Perduti); Madame Keyne, che già nel nome ricorda l'economista John Maynard Keynes e che rappresenta lo sviluppo del neoliberalismo, cerca di sostituire all'anarchico e sessualmente libero Mercato Vecchio il suo Mercato Nuovo, regolato e pianificato a tavolino.
Neveryóna è stata definita da Joshua Yu Burnett (1) Opera della Dimenticanza. A essere dimenticate sono quasi sempre le figure femminili. Di Raven nessuno sa più niente, e molti dubitano che sia mai esistita. Di Venn, protagonista di un racconto di Tales of Nevèrÿon, e delle sue invenzioni, nessuno si ricorda più, come nessuno si ricorda che è stata la zia di Pryn a inventare il telaio.
Non se la passano bene le donne di Neveryóna. In una delle scene più strazianti di tutto il romanzo Pryn, incinta, trova ospitalità presso il villaggio di Enoch, ma l'unico ruolo che i suoi abitanti sono capaci di concepire per lei è quello di prostituta. E non per "cattiveria", ma perché "she was a foreign girl about to have a baby, and they could think of no other place for her".
Restiamo ancora un momento a Enoch. Presso il villaggio sorge il "Ponte di Belham" e la "Roccia di Venn", e (come detto sopra) nessuno si ricorda chi siano Venn e Belham. Ma c'è di più: gli abitanti del villaggio fanno uno sforzo per dimenticare il Ponte e la Roccia, in quanto una generazione prima vi fu in quel luogo uno sciopero soffocato nel sangue.
When I was a boy they called in the soldiers, and they came marching across the bridge up there, to flush out the quarry workers who’d holed up in the hills – and they killed the leaders and carried their bodies, roped to long poles, back down across it, and we hung out watching from the bushes. Everybody thought they were going to put collars back on the rest of us like there used to be in my father’s father’s time.
Anche qui oppressione capitalista e questioni di genere convergono molto facilmente. Come in altre parti del romanzo. A Kolhari Pryn viene accolta nella villa di Madame Keyne, che vive in una specie di comune assieme ad altre due donne: la Selvaggia Ini, la sua sadica sicaria, e Jade, la segretaria della quale è innamorata. Madame Keyne è definita come "chatja nivu", che assume molte significati: colei che non preparata il cibo al marito, colei che non si concede all'uomo, lesbica. Ma in fondo resta un'imprenditrice.
Money that goes comes back to me. And, you must admit, it costs very little. whole system of enterprise... [and] you know where most little moneys comes from, don't you? It's melted down from used collars.
Samuel Delany ha definito Neveryóna come "il libro più incompreso che abbia mai scritto". Troppi recensori e lettori hanno approcciato la lettura come se fosse una raccolta di 13 racconti e non un romanzi di 13 capitoli. La cosa deve averlo fatto arrabbiare, perché poi scrisse un saggio, A Privileged Chronicity, contenuto di The American Shore, sulla teoria narrativa dietro i fix-up 334 di Disch e la Fondazione di Asimov.
Lo sword&sorcery, con i suoi personaggi, temi e ambientazioni, viene sfruttato da Delany come strumenti di indagine sulla nascita, e quindi sui confini e limiti, di quello che convenzionalmente viene definita come “civiltà”.
(1) nel suo Of Liberation, Lost Cities, Disappearing Feminists, Forgetting, and the Ascent of Ronald Reagan: Gender in Samuel R. Delany's Neveryóna.
(2) Nevèrÿon è il nome del regno, che deriva dal rione aristocratico di Neveryóna della capitale di Kolhari… che a sua volta deriverebbe dalla città di Neveryóna ormai coperta dalle acque, forse visibile dalla dimore del Duca, forse protetta da un drago, forse custode di un favoloso tesoro.
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