Alessandro Forlani ha preso una figura storica come Cristoforo Colombo, ci ha aggiunto un po' di Miti di Lovecraft e suoi miti personali, e ha tirato fuori un romanzo breve dalla lettura piacevole, interessante e con una serie di personaggi ai quali ci si affeziona. Parliamo di Xpo Ferens (Acheron Books).
Il giovane Cristoforo Colombo e suo fratello Bartolomeo, mercanti e navigatori, a seguito di un attacco di pirati saraceni raggiungono una strana isola dove rinvengono la mappa di un continente sconosciuto, situato al di là dell'Oceano Atlantico.
I due fratelli decidono quindi di partire alla scoperta del misterioso continente. Braccato dall'Inquisizione, e alla guida di un bizzarro manipolo di marinai provenienti da mezzo mondo, Cristoforo Colombo troverà il sostegno del più pericoloso armatore che si possa immaginare, e che sembra molto interessato alla meta finale: Abdul Alhazred, l'Arabo Pazzo...
Orrende negromanzie, equipaggi zombeschi, relitti di navi impossibili popolati da creature antidiluviane... il genio weird di Alessandro Forlani, premio Urania 2012, ci trasborda in una navigazione da incubo, che mescola e reinventa le suggestioni del fantasy avventuroso, del romanzo storico e dell'horror lovecraftiano!
Non scrivo questo post per convincervi a comprarlo, anzi farò finta che lo abbiate già letto e condividerò con voi qualche impressione. Se non lo avete letto, continuate a vostro rischio e pericolo!
Intanto già mi piace che l'autore abbia preso Abdul Alhazred come personaggio principale: perché limitarsi a imitare i Miti di Cthulhu quando puoi avere l'originale? Perché fare una brutta copia del Necronomicon quando puoi avere l’autore, addirittura disponibile a firmare autografi?
E poco importa che l'Arabo Pazzo sia ufficialmente morto nel 738 divorato da una creature invisibile: l'Alhazred di Forlani si mantiene “vivo” e vegeto grazie alla magia nera e: "sono pazzo di conoscenze che mi guidano ad altri mondi". Ed è proprio in un altro mondo che vuole farsi portare, usando le mappe che Bartolomeo porta nella sua testa. Mappe di un continente al di là dell'Oceano, ma non nel nostro mondo. L'America dove finisce Colombo e la sua ciurma è altrove, popolata da altre creature che in passato costruirono simulacri per aiutarli nei lavori, fino a delegare ad essi la loro stessa esistenza:
(…) molte scene si spopolavano di creature del tempo antico e stipavano, invece, di accumuli di oggetti. Molte erano macchine, alleviavano gli sforzi; ma gli amenicoli moltiplicavano in ogni parte di quel
mondo. Cose inutili cui quelle genti si dedicavano con cure insane: e la espressione sui loro volti, di intelligenza benché mostruosa, era adesso di ottusa e entusiasta acquiscenza.
Beh, forse non sono finiti proprio in un altro mondo... D'altra parte, come dice Abdul Alhazred: "Tutti i popoli evoluti sono stupidi e vanesi."
Mi diverte anche come l'autore lanci delle stilettate contro certe manie e fobie contemporanee, ma intessendole talmente bene nella scrittura che più di qualche volta rileggevo il paragrafo chiedendomi: ma lo ha fatto veramente?
Abdul Alhazred gli confessò, indispettito, un errore di calcolo relativo alle pile elettriche:
«Che cosa sono le pile elettriche?!»
«Quelle anforette di terracotta: hanno esaurito l'autonomia; credevo che bastassero, fino al prossimo scalo...»
Io quando viaggio, uguale.
In tutto il romanzo si respira forte l'atmosfera dei film di Alien. Lo strano veliero trovato in mezzo alla giungla ricorda l'astronave degli Ingegneri nel primo Alien. Anzi, sembra che Alien: Covenant abbia copiato più di qualche scena da Xpo Ferens, come l'astronave in mezzo ai boschi o le creature morte nella città abbandonata.
Non sono del tutto sicuro che Forlani e Ridley Scott si siano messi d'accordo. Da quel che ho letto sul blog dell'autore, Forlani aveva iniziato a lavorare a Xpo Ferens già un paio di anni fa, mentre Covenant è uscito quest'anno... ma non si può mai essere sicuri al 100%.
Magari è quel classico caso in cui certe idee sono nell'aria e più di una persona le raccoglie.
Magari è quel classico caso in cui certe idee sono nell'aria e più di una persona le raccoglie.
Sia negli ultimi Alien (ok, l'ultimo Alien e il primo e unico Prometheus) che in Xpo Ferens si parla di Creatori, Creature Create e le conseguenze della Creazione.
In Alien, Peter Weyland crea David. L'uomo crea la macchina, poi la macchina David (ri)crea lo Xenomorfo perfetto, che uccide l'uomo. È la creazione andata a male, la nascita di un cancro che uccide il creatore.
Somiglia (almeno ai miei occhi) a questo brano:
Il peggio era che i demoni servivano quelle genti, in simbiosi disgustosa con le abitudini più nascoste... si ingobbivano sotto i pesi, trascinavano, li issavano; accontentavano i commensali ai banchetti fino a ingurgitare i loro cibi e i loro sidro; li rigettavano nelle gole degli inetti e crapuloni. Quadri osceni di ripugnanti fornicazioni fra quegli esseri famelici e maschi e femmine degli antichi: lo scultore aveva reso l'ossessione, la rassegnata e colpevole accettazione, che quei diavoli dal cranio cavo pervertissero ogni aspetto della vita.
E, più avanti:
«Indovinate cos'è accaduto? (...) li ossessionarono; non riuscirono a farne a meno, demandarono a questi esseri tutto ciò che era un anelito, sostituirono le loro vite. Finché entrarono loro dentro e li privarono dell'anima: se foste un uomo di un altro secolo direste invece l'identità. Quando furono completamente svuotati, e la loro civiltà è collassata su sé stessa, provarono a liberarsene imbarcandone su quelle navi: ne fecero commercio... Trasportandone negli altri mondi naufragarono nel vostro.»
Non per niente è uno come Abdul Alhazred che vuole (spoiler spoiler!) costruire altri mostri, "Ma a Cristoforo insospettì che guardasse alle sculture con il disprezzo, con il fastidio, che aveva sempre per ciò ch'è pratico e ch'è concreto; la insofferenza per le manovre durante il viaggio e l'impazienza finché montarono l'accampamento." Uno come Alhazred, insomma, che disprezza il lavoro pratico fatto dall'uomo, che vuole automi al suo servizio e che, nonostante la sua antichità, somiglia troppo a certi datori di lavoro moderni.
Questo rispecchia quello che diceva Frank Herbert riguardo le macchine, ovvero che "i costruttori di macchine corrono sempre il rischio di diventare loro stessi macchine". E questo perché lavorando con le macchine si finisce per trattare anche gli altri esseri umani come macchine, e a pretendere che si comportino come tali.
Da ricordare, al giorno d'oggi, tra automazione e crisi del lavoro...
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