Italia, 2027. Lo storytelling è diventato una pratica quotidiana: la continua e immaginosa narrazione di ogni fatto, di sé stessi, il proprio intimo, è il mestiere di "inging" professionisti a cui i clienti si rivolgono per raccontare - e vivere le proprie vite - in modi interessanti ed eccitanti. Tale pratica ha allontanato le persone dalla realtà, le ha sospese in esistenze allucinate e soggettivi intervalli di spazio-tempo. Un tessuto inconsistente di forme e di parole. Un limbo. Un sogno. Un incubo. Un delirio. Il mondo sta finendo, sta finendo di finire. Un professore universitario con l’hobby dei wargame, a capo di un movimento clandestino, è deciso ad attuare uno strano "golpe" per salvare la società e il paese dal disastro. Ma ha bisogno del supporto mediatico di una inging di talento. Arianna è la migliore: un’influencer che ha elevato lo storytelling a vera forma d’arte. Un romanzo di fantascienza distopica, new weird e urban fantasy. Una satira sociale, un’accusa. Un romanzo che insinua il dubbio che tutto quello che ti circonda è la storia di qualcun altro, ma non è una storia vera. Potrebbe essere il tuo romanzo, se non fosse che anche tu, forse, non esisti.
Come notò Kurt Vonnegut nella sua tesi in antropologia, le persone confrontano l'arco drammatico delle opere narrative con le proprie vite, trovandole carenti e insufficienti: è per questo che amplificano i drammi per sentirsi più importanti.
Negli ultimi decenni, dal momento che i pensieri e i sentimenti individuali hanno iniziato a essere diffusi ovunque tramite i social media, ciò ha reso quasi inevitabile dover mettere su uno spettacolo più grande per il mondo intero. E peggiore è lo spettacolo più è probabile che diventi virale.
Non solo: questi finti archi narrativi che tutti dispiegano in rete formano un oceano nel quale ci aggiriamo senza guida, senza timone, navigando a vista tra opinioni e moralità contrastanti. Tutti cercano di controllare la "narrativa" invece di fare la cosa giusta: ma qual è la cosa giusta?
Memorie di un Colonnello di Soldatini (MCS) di Alessandro Forlani affronta questi argomenti dispiegando critica sociale e innovazione linguistica.
Istvan Csicsery-Ronay identifica il linguaggio come una delle sette bellezze della fantascienza. I motivi sono chiari: proponendo un mondo nuovo, o una scoperta scientifica nuova, o un marchingegno innovativo, o infine un nuovo modo di pensare, abbiamo bisogno di parole nuove per definirlo e per farvi riferimento. E più alieno è l’oggetto al quale ci si riferisce, più si avverte la necessità di un nuovo termine.
La neologia è una scienza poco frequentata, ancor di meno in ambito narrativo, ma quella che Alessandro Forlani crea nel suo romanzo è una nuova ecologia linguistica. Le parole esistono solo (e hanno senso solo) in un determinato contesto sociale (social network), e in relazione con altre parole. L’ecosistema linguistico è vivace, è selettivo (nel senso darwiniano del termine); vive di ibridazioni. Il linguaggio del romanzo si ibrida infatti con il linguaggio dei social media – altro ecosistema darwiniano, una giungla di memi e neosemi in continua evoluzione. Inging, e.fogli, no al sistema(C): l’ecosistema linguistico digitale si sostituisce a quello reale. Ho rivissuto l'esperienza di decenni di lavoro sugli ecosistemi marini, dove specie aliene aggressive soppiantavano quelle locali. In ambito marino questo è un fenomeno che si cerca di evitare (per esempio, sterilizzando la ballast water delle navi intercontinentali), mentre al contrario i social media, nel loro ambito, lo spingono al massimo.
È interessante notare di nuovo che il linguaggio usato è quello dei social media, piuttosto che quello dell’informatica o dell’ingegneria, come troviamo spesso nel cyberpunk. Tecnicamente il linguaggio dei social media funziona grazie al linguaggio informatico, che è il substrato sul quale esso "gira". Questo substrato viene ridotto a rumore di fondo in MCS – come lo è al giorno d’oggi per gli utenti di internet: la sovrastruttura neosemica sostituisce anche le fondamenta digitali.
Ritorniamo a Csicsery-Ronay: "Le neologie fittizie hanno una funzione paradossale. Evocano un senso di inevitabilità di una cosa nuova, o del nuovo discorso nel quale il neologismo è inserito. Se c'è una parola per descriverlo, deve già esistere. E così il futuro deve anche già esistere. Più è convincente nel creare un'illusione di realtà storica proiettata, maggiore è il successo della neologia. Eppure la neologia fittizia si mostra anche come finzione. Perché il futuro non può ancora esistere, lo sappiamo che la neologia è un dispositivo poetico di gioco, suggerendo che qualsiasi immaginabile futuro è sempre una costruzione poetica."
Con MCS andiamo oltre il neologismo poetico. Il linguaggio è magia. Così come gli esperti informatici dei linguaggi di programmazione sono considerati tecnosciamani, Arianna è una socialsciamana: comprende e governa i costrutti con i quali ci interfacciamo sulla rete; entra ed esce dalle varie piattaforme social come gli sciamani dell’antichità entravano e uscivano dal Mondo dei Sogni; il suo lavoro, il suo ruolo, è fare da intermediaria tra il mondo virtuale e quello reale. Non mi risulta abbia grandi conoscenze tecniche, ma queste, come abbiamo visto, non servono: Arianna di fatto manipola relazioni tra immagini e parole e hashtag, simboli, per raggiungere un determinato scopo.
Ma la magia sfugge sempre di mano. For the World is Hollow and I Have Touched the Sky, era il titolo di un episodio della serie classica di Star Trek, dove un popolo scopriva che il proprio mondo era soltanto un guscio che viaggiava tra le stelle. Allo stesso modo Alessandro Forlani ci ricorda che Il mondo è vuoto e abbiamo toccato lo schermo, e oltre quello c’è poco più del vuoto pneumatico che costituisce il cosmo. E Arianna scopre che definire le cose è crearle. Definire è limitare, circoscrivere. Come le città antiche erano fondate da un giro di aratro che le de-limitava e le de-finiva, così la realtà viene definita e di fatto fondata dagli hashtag che usiamo per taggarla. Di più: noi non tagghiamo la realtà, ma la sua rappresentazione sui social. Quando faccio la foto di un cosplay, con un filtro Instagram, e la posto su Facebook con opportuni seotag (l’evoluzione non-topologica dei geotag), quanti strati di realtà sto mettendo assieme?
L'autore qui ci dice che strato su strato, questa cipolla che è l’internet, questa torta non finisce mai, il suo fondamento ultimo è nei termini usati per definirla: #hashtag all the way down.
Tra Dio e il Suo Creato, ci ricorda un hadith, ci sono settantamila veli di luce e oscurità.
Nel X secolo il filosofo e scrittore 'Abd al-Qadir Abu Bakr al-Jurjani, nel suo I Segreti dell'Eloquenza, aveva per primo formulato la teoria che le parole non hanno alcun significato in sé, ma solo in relazione con le altre parole. In occidente ci siamo arrivati solo secoli dopo grazie al filosofo Ferdinand de Saussure, padre dello strutturalismo.
Al-Jurjani era mosso dalla necessità di dimostrare la superiorità e l'unicità del Corano, ma poteva farlo solo confrontandolo e mettendolo in contrasto con il resto della letteratura di lingua araba (e non solo) precedente e successiva al Tanzeel (la discesa del testo sacro dall'Angelo Gabriele al Profeta Muhammad).
In MCS questa rete linguistica, che di fatto si sovrappone a quella di internet, non solo finisce per sostituirsi al mondo reale. Essa è tutto quello che resta del mondo reale, essa è il mondo reale. Ma quindi come orientarsi in questo oceano, visto che lo inventiamo nel momento stesso nel quale lo esploriamo? L'autore respinge qualsiasi soluzione religiosa, constatando che "le persone si I.solavano in solitudini digitali raccomandandosi a un altro dio; tuttavia senza dentale." Non c'è alcun Corano, alcuna al-Lawh al-Mahfooz (la Tavola Protetta con incisi sopra i destini del mondo), non c'è alcun mondo reale. Cosa resta?
La protagonista Arianna incrocia, verso la fine della sua storia (qua intesa più nel senso fisico di traiettoria che in quello narrativo) autori quali Calvino, Levi, Pavese, Landolfi etc… Ecco cosa resta: altri esploratori/creatori che l'hanno preceduta nella mappatura di questo mondo linguistico, ma che l'hanno fatto per e con Amore. Impossibile non vedere qui il concetto sufi di Kashf, ovvero lo svelare la realtà (dopotutto il tessuto è un tipo di rete, no?) con il cuore piuttosto che con la mente.
Arianna vorrebbe seguire questi predecessori, ma ne viene impedita, fondamentalmente da se stessa. La sua strada diventa quindi quella della storyteller, lavorando per chi manipola la realtà e le parole per profitto. Ma così facendo perde la sua anima e diventa anche lei di plastica.