Pagine

mercoledì 11 novembre 2020

The Atheist in the Attic

“Is a poet someone who wants only to describe things, while a philosopher is someone who wants to describe things so that they will reflect and even explain the differences and forces that relate them all and hold them together?
“Or sometimes tear them apart.”
La serie Outspoken Authors della PM Press è una collana di volumetti molto brevi, di formatto tascabile, ma con contenuti molto interessanti e spesso provocatori. La serie è curata dallo scrittore di fantascienza Terry Bisson, e tra gli autori pubblicati troviamo Ursula K. Le Guin, Michael Moorcock, Rudy Rucker e Joe Lansdale.


Il volume The Atheist in the Attic è stato scritto da Samuel Delany e contiene la novella omonima, il suo saggio Racism and Science Fiction del 1998 e un'intervista con Terry Bisson.


The Atheist in the Attic

Questa novella, che occupa la maggior parte del volume, narra l'incontro tra Baruch de Spinoza e Gottfried Wilhelm von Leibniz avvenuto nel novembre del 1676.

Leibniz, che all'epoca aveva trenta anni, visita la città di The Hague allo scopo di incontrare Spinoza, che di anni ne aveva quarantatré, e discutere con lui del concetto di Deus Sive Natura che aveva portato a un'accusa di ateismo verso il filosofo ebreo.

Delany immagina il testo come una memoria di Leibniz scritta decenni dopo l'incontro.

La discussione filosofica non è la parte sulla quale si concentra il testo. Delany pone la sua attenzione (e quindi anche la nostra) su numerosi altri aspetti che ruotano attorno a quell'incontro.

Intanto il contesto storico e sociale. I Paesi Bassi si stavano ancora riprendendo dal così detto rampjaar (anno del disastro) 1672, quando erano stati invasi sia dalla Francia che dall'Inghilterra, e una folla inferocita aveva aggredito e mutilato due importanti uomini politici. C'era stata una carestia e molti contadini si erano dedicati al cannibalismo per sopravvivere. Inoltre l'incontro deve essere segreto. Spinoza è ebreo e ateo: doppiamente paria, doppiamente esiliato, anche tra il suo stesso popolo. Leibniz invece è un uomo di corte e in ascesa presso gli intellettuali europei: non può rovinarsi facendosi vedere con l'altro.

Ci sono inevitabili difficoltà di comunicazione tra i due filosofi: Leibniz insiste per parlare l'Ebraico, ma non lo capisce molto bene.

Una parte rilevante del racconto riguarda aspetti di solito trascurati nei resoconti storici, quali la pulizia dei cessi, come organizzare un trasporto con cocchiere, ogni quanto lavare gli indumenti (una volta l'anno a essere generosi).

Come spesso in Delany, la narrazione ha numerosi sottotesti e ambiguità. Viene dato spazio e risalto a personaggi secondari, quali il padrone di casa che ospita Leibniz a Huege, o il garzone che gli viene assegnato. Leibniz trova sconcertante questo ragazzo, Peytor. Cosa vuole veramente dal filosofo? Un aiuto per migliorare la sua situazione? Vuole fare sesso? Vuole mangiarlo – come forse ha fatto con qualcun altro durante la carestia?

E siamo proprio sicuri che le cose siano andate come narrate? Il testo viene scritto decenni dopo l'incontro, e non sempre è chiaro quali siano i pensiero del Leibniz protagonista e quelli del Leibniz narratore, e gli eventi potrebbero essere ricordati male.

Il titolo deriva da una frase (fittizia) che Leibniz riporta aver udito da Spinoza:
Trying to arrest me for atheism, given the specificity of my arguments, is like hunting for a man hiding in the attic of a building that has none, when in truth he is sitting in the back garden of another house, working diligently on his own concerns, in another neighborhood entirely.

Racism and Science Fiction

Questo articolo, pubblicato nel 1998, contiene le riflessioni di Delany sull'argomento. L'autore mette subito in chiaro che secondo lui il razzismo è un sistema che esclude certe persone su basi arbitrarie, piuttosto che un comportamento tenuto da singoli individui. Delany viene spesso considerato il primo autore di fantascienza di colore, ma lui rigetta questa definizione, citando altri autori di colore venuti prima di lui, e meno noti, quali Martin Delany (non un parente) o George Schuyler.

Anche se a prima vista potrebbe sembrare altrimenti, è un testo in forte dialogo con il precedente e il curatore della collana ha fatto molto bene a mettere entrambi assieme.

L'articolo è disponibile anche online a questo link e vi invito a leggerlo per farvi una vostra opinione.

Nessun commento:

Posta un commento