Pagine

martedì 11 ottobre 2016

L'evoluzione del design delle astronavi nella fantascienza - Gli anni 2000

Con questa serie di post sull'evoluzione del design delle astronavi siamo ormai arrivati ai giorni nostri, ovvero agli anni, ormai quasi due decenni, dopo il 2000. È molto difficile cogliere già dei trend generali, visto che ci siamo dentro fino al collo.
Vedrò quindi di fare un panoramica sulle principali astronavi proposte al pubblico in questi ultimi anni, spiegando se possibile come si sia giunti alla realizzazione dei loro design.

Realismo
Iniziamo con una serie di astronavi considerate "realistiche" e viste in film ambientati in un futuro prossimo. Sono velivoli realizzabili in teoria con le tecnologie disponibili al giorno d'oggi, e quindi non presentano capacità di volo a velocità superiore a quella della luce.
Quello che tutti questi velivoli hanno in comune è la forma allungata, che risulta la conclusione logica degli stessi ragionamenti che avevano portato alla creazione della Discovery di 2001.
Le astronavi Icarus di Sunshine (2007) e la Antares della serie tv Defying Gravity (2009) hanno questa forma, alla quale si aggiunge uno scudo a prua usato per proteggere il vascello dal calore del sole (Sunshine) e da possibili microimpatti (Defying Gravity).

Antares

Icarus

Delle due la nostra simpatia va alla Icarus, perché è palpabile in tutto il film la sua fragilità in confronto alla forza distruttrice del sole. Lo scudo color oro è ispirato a quello che hanno le sonde spaziali per riflettere il calore, mentre gli interni prendono spunto da una lunga serie di modelli cinematografici: Das Boot, Solaris (quello di Tarkovsky), 2001, Alien, Dark Star, Event Horizon...

La Venture Star di Avatar (2009) è destinata al volo interstellare, anche se non dispone di motori a curvatura. Compie un lungo viaggio di anni a velocità prossime a c per raggiungere la lontana luna Pandora. Per creare la Venture Star James Cameron, assieme al suo team di designer 3D, composto da Joe Hiura, Tex Kadonaga e Rob Johnson, ha lavorato sodo per creare un velivolo realistico per coprire lunghe distanze. Ha una struttura allungata, con motori, radiatori per dissipare il calore, moduli per la gravità artificiale e scudi protettivi. Per accelerare verso Pandora la nave utilizza la sua vela fotonica e un laser che la spinge dalla Terra. Per rallentare utilizza dei motori materia/antimateria. È forse dai tempi di 2001 che non si studiava così bene il funzionamento di un'astronave per un film, ma sappiamo che Cameron ama questo genere di dettagli.

Abbiamo poi il film Interstellar (2013), dove appaiono due tipi di astronavi: lo shuttle Ranger e il velivolo Endurance.

Il Ranger è ispirato allo Space Shuttle della NASA, di cui riprende lo schema di colori (nero e bianco) e la superficie composta da piastrelle antitermiche. La forma è però più slanciata. I propulsori, di forma rettangolare invece che tonda come sullo shuttle, sono ispirati a quelli previsti in alcuni progetti di velivoli spaziali, come l'X-33 Venture Star.


L'Endurance è il velivolo usato per i lunghi viaggi, compreso l'attraversamento del wormhole. È un design estremamente logico nella sua semplicità. Perché avere un'astronave con una sezione rotante per generare la gravità quando possiamo far ruotare l'intera astronave? L'Endurance è una ciambella volante, ma fa il suo lavoro e quindi non ci lamentiamo.



L'Età dei Sequel
Alcuni sostengono che viviamo nell'Età dei Sequel, comprendendo in questo anche reboot, prequel e adattamenti vari. Vien da credere che sia vero. Hanno preso e lavorato su Star Trek (prequel, reboot, e presto un altro prequel), Star Wars (prequel e sequel) e Battlestar Galactica (reboot), mettendo mano ai design originali delle astronavi per creare qualcosa di "nuovo ma già visto" o "classico ma mai visto" e combinazioni varie.

Iniziamo con Battlestar Galactica (2004), che voglio prendere come esempio per illustrare la differenza tra modello reale e modello digitale.

Il Galactica originale

Il nuovo Galactica

Il Galactica originale è ricco di dettagli, e i dettagli sono asimmetrici. Questo perché frutto del kitbashing e dell'aggiunta a mano del dettaglio. Strutture di ordine di grandezza superiore sono invece simmetriche.
Il nuovo Galactica, realizzato al computer, è costituito da forme più lisce come i pannelli ripetuti asimmetricamente sulla superficie dell'astronave. Mancano invece dettagli di ordine di grandezza inferiore.

Star Wars
I prequel di Star Wars (Ep. I: 1999, Ep. II: 2002, Ep. III: 2005) falliscono completamente nel presentare un'astronave che sia veramente memorabile, per design, rappresentazione e carattere, come invece fatto con successo dalla trilogia originale.
Perché?
Ci sono vari motivi. Intanto nessuna astronave, con qualche rara eccezione, appare in tutti e tre i film. Le astronavi non hanno personalità. Sì, hanno un design particolare che tra poco andiamo a studiare, ma non hanno una personalità che deriva dal loro comportamento e dal modo con cui si relazionano i personaggi con esse.
Se guardiamo la trilogia originale, i protagonisti dovevano interagire con e reagire al Millennium Falcon, che così diventava personaggio esso stesso. Le astronavi di questa trilogia sono poco più di mezzi per portare i personaggi in giro per la galassia. Cioè: sono astronavi e questo è quello che devono fare, ma da un prodotto di narrativa ci si aspetterebbe qualcosa di più.
Non aiuta l'uso della CGI. I modelli reali avevano un'aria vissuta, mentre i modelli digitali, come già visto precedentemente, sono troppo "puliti". E questo ha penalizzato un po' tutte le astronavi dei prequel, oltre alla ricerca forzata di "antecedenti" delle astronavi viste nei primi film della saga.

Ma lasciamo da parte simili critiche per vedere da dove sono venuti fuori i design di queste astronavi.
Per i velivoli Naboo l'ispirazione sono state le superfici curve e cromate degli anni 50.

Lo Star Destroyer di classe Venator e l'astronave da attacco di classe Acclamator sono semplici rielaborazioni del design originale.



La Invisible Hand, l'astronave di classe Providence usata dal generale Grevious nel terzo episodio, ha una forma ispirata a quella di un dirigibile, con l'aggiunta della così detta "Torre dello Stregone", dove il Cancelliere Palpatine viene tenuto prigioniero.


Finiamo con le navi di battaglia Lucrehulk della Federazione Commerciale. Dalla Star Wars Wiki apprendiamo che:
"George Lucas wanted the battleship to have a retro-saucer look, but felt it needed a distinct sense of front and rear. Doug Chiang achieved this in early concept art by adding the antennae and docking section to one side, and a set of engines to the other. Lucas himself added the "bridge ball" to the center for the finished design "



Star Trek
Quando hanno deciso di realizzare una serie di Star Trek ambientata un secolo circa prima delle avventure di Kirk&Co, gli autori Rick Berman e Brannon Braga si sono trovati una bella gatta da pelare. Da un lato dovevano creare una serie di fantascienza ambientata 90 anni nel futuro rispetto al 2001, dall'altro lato il design doveva poter dare l'impressione di essere un 100 anni antecedente a quello che negli anni '60 sarebbe stato il XXIII secolo. Complicato, vero?
Ma avevano le idee chiare, almeno sulla carta: "More rocketship than starship, Enterprise is lean and masculine – yet its deflector dish and twin warp nacelles suggest the shape of Starfleet vessels to come." Questa la descrizione nella prima bozza della sceneggiatura di Broken Bow (primo episodio della serie).
Per schiarirsi le idee si sono studiati l'Enterprise originale e le varie astronavi apparse nel corso della storia della Flotta Stellare, al fine di stabilire una linea di evoluzione e un punto di partenza, che avrebbe dovuto essere l'Enterprise NX-01 della serie omonima.
John Eaves creò ben 40 modelli diversi di Enterprise, lavorando fino ad avere un esaurimento. Venne affiancato da Doug Drexler, che produsse altri modelli.
Poi uno dei produttori vide per caso una foto della USS Akira, già apparsa in Primo Contatto, e disse chiaro e tondo: "Usate questa, così com'è". Il team di artisti obiettò, e alla fine uscì con il design noto, un compromesso tra i desideri dei produttori e il recupero filologico della Flotta Stellare.
La forma dell'astronave, con la sezione a disco che si separa nelle due gondole, è ispirata al Lockheed P-38 Lightning, mentre le gondole a curvatura sono praticamente quelle usate dalla Phoenix (la prima astronave terrestre a curvatura nell'universo di Star Trek) nel film Primo Contatto.
Per gli interni della NX-01 hanno preso ispirazione dagli interni della Stazione Spaziale e dai sottomarini, ibridando il tutto con il design della Serie Classica.


Se creare l'Enterprise per i prequel è stato difficile, potete immaginare crearne una per un reboot della serie.

L'ingrato compito è toccato a Ryan Church, che in precedenza aveva già lavorato su Star Wars
Episode 2: Attack of the Clones, War of the Worlds, Star Wars Episode 3: Revenge of the Sith e Transformers. JJ Abrams e il production designer Scott Chambliss hanno le idee semplici e chiare su cosa vogliono: “una nuova Enterprise”. Church si è sbizzarrito, proponendo decine di design, dal “fedele alla tradizione” al “mai visto prima”. Alla fine si sono orientati su un design ispirato all'astronave originale e al suo refit. Non è una rielaborazione dell'Enterprise originale, come poteva essere la “D” vista in The Next Generation: qua si sono limitati a prendere gli elementi originali e “caricarli” e “aggiungere curve” dove meglio pareva. Per farlo Church si è ispirato alla macchine hotrod, e alla sua passione per il design aeronautico e automobilistico degli anni 50 e 60.
“Look at these airplanes” dice in un'intervista “they're beautiful and subtle and curvy and it's all engineering. Not a single line on a Raptor or Eagle is arbitrarily or aesthetically chosen; every line is the result of a hundred tradeoffs and compromises between the demands of the mission and the engineering, cost, aerodynamic, weight, fabrication and a million other considerations. It's the way fairly simple large shapes are made more complex by their interaction and the way they blend together. And all the while having these long accelerating curves — not constant radius or simple extruded shapes which are pretty boring.”

Ricordiamo, nello stesso film, anche la Jellyfish usata dallo Spock anziano, un design alieno e organico con componenti rotanti.




Per fortuna il nuovo millennio ci ha portato anche qualche astronave nuova. Iniziamo dalla Serenity vista in Firefly (2002), splendida ma sfortunata serie creata da Joss Whedon. L'astronave è stata ideata da Whedon stesso, ispirandosi alle forme delle libellule e degli uccelli. Il modello finale è stato realizzato dal designer di produzione Carey Meyer e dal supervisore degli effetti speciali Loni Peristere. La prima idea di Whedon è stata quella di avere un'astronave con il cesso, tanto per chiarire subito il taglio realistico dell'astronave e della serie. Non è un'astronave tirata a lucido come l'Enterprise, la associamo idealmente al Millennium Falcon di Star Wars.
La propulsione della Serenity avviene grazie al grosso reattore di coda, mentre le due gondole permettono al vascello di manovrare sulle superfici planetarie.

Non è la sola astronave vista in questi ultimi anni ad avere gondole mobili. Dieci anni dopo Firefly, la USCSS Prometheus vista nel prequel di Alien dallo stesso nome (2012) presenta ben 4 motori montati su due gondole, cosa che permette al vascello di assumere una configurazione specifica per il volo e per l'atterraggio. C'è poco altro da dire sul vascello (e in effetti anche sul film): è in parte basato su idee scartate per la Nostromo del primo Alien; gli interni hanno quel tocco di “vissuto” che caratterizzava anche le astronavi dei primi due film della serie.

Ricordiamo qui anche un paio di astronavi interessanti apparse nei film della Marvel. In Thor 2 appare la Flagship degli Elfi Oscuri, che si distingue per il suo notevole sviluppo in verticale. In Guardians of the Galaxy l'astronave più interessante è la Dark Aster del kreel ribelle Ronan, che presenta invece un notevole sviluppo orizzontale trasversale, con la ripetizione geometrica di dettagli superficiali che la rendono simile a una cattedrale volante.

Astronave degli Elfi Oscuri

Dark Aster

Direi che per il momento possiamo finire qua. Di sicuro scriverò in futuro altri post sulle astronavi – sono uno dei miei argomenti preferiti – ma la carrellata storica finisce qua. Come dite? I nuovi film di Guerre Stellari? Il nuovo telefilm di Star Trek? Beh, è un po’ presto per discuterne…

5 commenti:

  1. Faccio fatica a ricordare le astronavi di fine anni '90, inizio '2000, ricordavo a malapena Sunshine, più per le tute da astronauta barocche che per la nave. Forse per il successo di Matrix, di quegli anni: si passava dall'esplorazione di uno spazio esterno (la galassia) a uno spazio interno (la Rete, Internet). Ripiegamento digitale su sè stessi.

    Avatar aveva anche uno bello shuttle per entrare nell'atmosfera del pianeta, peccato che come con tutto il film sia svanito dalla memoria collettiva, segno che aveva qualche problemuccio in altri campi...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non c’è più la space opera di una volta perché non c’è più il mondo di una volta.
      Hai assolutamente ragione riguardo il ripiegamento su se stessi. Non che questo sia necessariamente un male, gli spazi interni possono essere tanto sorprendenti quanto lo spazio esterno, e il “conosci te stesso” è un suggerimento che andrebbe applicato più spesso. Penso faccia parte di un normale ciclo estroversione/introversione. Almeno spero.
      C’è anche un fattore di prospettiva storica. Possiamo guardare ai decenni passati e stabilire cosa è importante e cosa no, mentre nel periodo attuale tutto sembra avere (all’apparenza) la medesima importanza. Solo il tempo ci dirà (o meglio dirà ai nostri discendenti) se un film ha importanza storica o meno.

      Elimina
  2. Ciao Lorenzo,
    questo tuoi post sono sempre notevoli!!
    Ho trovato interessanti: la BubbleShip di Oblivion, la Milano dei GdG, le astronavi terrestri dell'ultimo ID4, quelle aliene di Worl Invasione e Battleships. Senza dimenticare alcune dai videogames e altre da opere nipponiche. Riassumendo: di bel concept design se ne fa parecchio anche ai giorni nostri, basta cercarlo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sui videogiochi dovrò scrivere un articolo a parte!

      Elimina
  3. Bravo Lorenzo! Anche se non sono un gamer, devo dire che in Halo, Destiny, Gears of war, tanto per citare qualcuno dei più noti, ci sono mezzi stupenderrimi!

    Dovremmo scriverci un libro, pardon, un e-book, su questi argomenti! ^_^

    RispondiElimina