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venerdì 14 agosto 2015

Racconto di Ferragosto: Regime Alimentare

 Lavo i piatti e piango.
Le mie lacrime scendono dal mio viso e cadono sull'acqua del lavabo, mescolandosi allo sporco di peperonata dei piatti.
Non ce la faccio più. Il bisogno è diventato troppo forte. È iniziato come una mancanza, per poi espandersi e crescere e diventare una necessità.
Non ne posso fare a meno.
Finisco di lavare i piatti e mi asciugo le lacrime. Indosso abiti di colore scuro, sperando che mi permettano di passare inosservato.
Il condominio è silenzioso. Non chiamo l'ascensore, è vecchio e fa troppo rumore. Scendo le scale al buio ed esco in strada.
So dove andare, me lo ha mormorato un collega l'altra settimana. Non è lontano da dove abito, ma preferisco fare un giro lungo, nel caso qualcuno mi segua.

Giro l'angolo e vedo, dall'altra parte della strada, una pattuglia. È composta da due agente, fermi presso i bidoni delle immondizie. Due poliziotti pallidi in viso con al guinzaglio due grossi cani arrabbiati. Affamati, probabilmente. Cerco di camminare disinvolto, ma i due mi notato.
"Lei, signore, si fermi, per cortesia."
Il poliziotto che ha parlato attraversa la strada. L'altro rimane lì, a far annusare al cane i bidoni delle immondizie.
"Buonasera, agente."
"Favorisca i documenti, per cortesia."
"Ecco qui." La mano nemmeno mi trema. Dopotutto, non sto facendo niente di male. Una passeggiata per digerire. Tutto qua.
L'agente guarda la carta d'identità. Annuisce soddisfatto. Me la restituisce.
"Cosa ha mangiato per cena?"
"Peperonata."
"Che buona. Ha cucinato lei?"
"Sì."
L'agente guarda il cane, che mi fissa con i suoi occhi affamati. Non può sentire niente. Sono pulito.
Per il momento.
"Bene, la ringrazio e buona serata."
Non sono a due portoni di distanza che sento il cane ringhiare. Mi blocco.
"Lei, signore, si fermi, per cortesia."
Ruoto leggermente la testa e guardo dietro di me con la cosa dell'occhio.
Hanno fermato qualcun altro. Riesco a ordinare alle mie gambe di camminare. Mentre mi allontano li sento parlare.
"Cosa nasconde nella tasca?"
"Guarda qua questo bastardo!"
Sento il manganello colpire la testa dell'uomo. Giro l'angolo e corro via.
Dopo mezz'ora di deviazioni, passo davanti al garage. Cammino lento, osservandolo dall'altra parte della strada. Non c'è anima viva. Inizio a temere che il collega mi abbia dato un'informazione sbagliata. O forse vecchia: magari gli spacciatori cambiano spesso luogo per non farsi beccare.
Alla fine della via c'è uno spiazzo adibito a parcheggio. Faccio finta di guardarmi attorno ma tengo il garage sott'occhio.
Alla fine mi decido, raggiungo il garage e busso. Due colpi indecisi. Sento un movimento sopra di me. Alzo lo sguardo ma non vedo niente.
Il basculante si alza un po', silenzioso. Lo hanno oliato bene. Mi guardo attorno. La via è vuota.
"Che vuoi?" chiede una voce. Rapida e tagliente.
"Indovina" rispondo, con una voce che vorrebbe essere da vero duro ma suona spaventata.
"Entra."
Il basculante si alza ancora un po'.
Mi accuccio e striscio sotto il basculante. Appena sono dentro delle forti mane mi inchiodano al pavimento e mi perquisiscono.
"È pulito."
Mi rialzo. Mi puntano una torcia in faccia, così non vedo con chi sto parlando o quanti sono.
"Centomila neolire."
Un patrimonio. Spero che meriti. Allungo le banconote e una mano le fa sparire. Mi mettono in mano un un pacchetto. È sottile e morbido.
"Vattene."
Infilo il pacchetto sotto la maglia e striscio di nuovo sotto il basculante. In strada, corro via.
All'altezza del parcheggio rallento. Mi rendo conto che sono stato uno stupido a correre. La strada che prendo per tornare a casa è più diretta di quella dell'andata. Ma ho più paura. Sbircio dietro ogni angolo. Mi nascondo nei portoni appena sento rumore di passi.
Da dietro un angolo saltano fuori due cani. Per un attimo penso che siano della polizia e per poco non me la faccio sotto.
Sono due cani randagi. Mi guardano e annusano l'aria. Iniziano a ringhiare.
Me la sto di nuovo per fare sotto.
Si avvicinano scoprendo i denti. Indietreggio.
Sento rumore di freni in strada. Un'auto si è fermata vicino.
La portiera si apre e la donna seduta al volante mi urla: "Se vuoi vivere, salta su."
Non me lo faccio ripetere. Salto dentro e chiudo la portiera. Giusto in tempo: il cane si schianta contro la lamiera dell'auto.
"Povera bestiola."
La donna è magra e ha un fiore infilato tra i lunghi capelli castani.
"Per fortuna che sono passata io. Mi chiamo Flora, piacere. Dove abita?"
Biascico il mio nome e la via.
"Manca il cibo per gli animali domestici. E i padroni li lasciano liberi piuttosto che farli morire di fame in casa. O farsi mangiare da loro."
"La ringrazio per avermi salvato. Possiede un'automobile?"
"È elettrica" si giustifica lei. Sono le uniche auto consentite, ormai, ma solo i più ricchi possono permettersele. I poveri diavoli come noi devono andare a piedi. E finire divorati dai randagi.
Penso che mi abbia letto nel pensiero, perché aggiunge: "Mio padre lavora per il Ministero del Nuovo Regime."
Cazzo, praticamente dalla padella alla brace. Almeno la tizia non si è portata dietro i suoi cani. Gente come lei ammanicata col Regime ha sempre dei cani.

Arriviamo sotto casa mia. Ringrazio la donna e torno nel mio appartamento.
Mi barrico in casa. Chiudo le imposte. Bagno uno straccio e lo uso per chiudere la fessura sotto la mia porta d'ingresso. L'odore potrebbe fregarmi. Tolgo il pacchetto da sotto la maglia e lo apro sul tavolo in cucina.
Manzo. E pure fresco. Quel patrimonio di neolire è stato speso bene.
Accendo il televisore e alzo il volume. Non voglio che mi sentano cucinare la carne.
La carne sfrigola nella padella e diffonde nella cucina un odore che avevo da tempo dimenticato.
Aspetto che sia ben cotta, anche se la mangerei perfino cruda. La metto sul piatto, ci passo sopra un filo d'olio.
Il coltello che taglia la carne mi manda su per il braccio una sensazione bellissima. Il sapore del manzo nella mia bocca mi manda in estasi. Mastico lentamente, lascio che si sciolga nella mia bocca.
Sono a metà della cena, della vera cena a base di carne, che il campanello della porta suona.
Ingoio una bestemmia.
Nascondo il piatto con la carne e la padella nella credenza. Mi chiudo la porta della cucina alle spalle.
Il campanello suona ancora. Prendo del deodorante e lo spruzzo nell'atrio.
Apro la porta. C'è Flora, che sguscia dentro senza chiedere permesso.
"Buonasera."
"Buonasera." balbetto.
"Sono passata per vedere come stava."
"Molto gentile, ma sto bene."
"Quando è sceso dall'auto mi sembrava che stesse male."
"Ora sto meglio."
"Sa, mi stavo chiedendo come mai i cani ce l'avessero con lei."
Deglutisco. "Perché erano affamati."
La donna si guarda attorno. Punta dritta alla cucina. La afferro per un braccio ma lei si svincola. In cucina annusa l'aria. Apre l'anta della credenza.
"Carne." dice con aria disgustata. "Lo dovevo immaginare. Non si vergogna a mangiare carne? Pensi al dolore di quelle povere bestie uccise solo per sfamare la sua ingordigia. Mi fa schifo. Abbiamo fatto una rivoluzione per impedire a gente come lei di continuare con questo stile di vita crudele e dannoso per l'ambiente. Vado a denunciarla alla polizia."
Mi strattona e si dirige all'uscita. Prendo il coltello, la seguo e le taglio la gola. Crolla al suolo gorgogliando. La trascino in bagno e la distendo nella vasca. Pulisco il pavimento.
Poi torno in cucina a finire la cena. Mangiato l'ultimo boccone, guardo il piatto vuoto e piango.

Piango perché sto pensando a come cucinare Flora.

2 commenti:

  1. Solo due refusi:
    "Giro l'angolo e vedo, dall'altra parte della strada, una pattuglia. È composta da due agentI*, fermi";
    "Ruoto leggermente la testa e guardo dietro di me con la coDa* dell'occhio."

    Un bel racconto: breve, ma avvincente!

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