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sabato 18 luglio 2015

Universal Robots – La Civiltà delle Macchine


Sono sempre rimasto affascinato dai robot e dalle intelligenze artificiali. Sono argomenti che ti fanno ripensare alla definizione di “essere umano”. Siamo forse noi solo delle macchine? Può una macchina sufficientemente complessa diventare indistinguibile da una persona? Verremo sostituiti dai robot?

Ho letto quindi con interesse il saggio Universal Robots – La Civiltà delle Macchine di Silvia Milani.

Docili feticci imbambolati o crudeli macchine di sterminio? Dotte entità fluttuanti o cataloghi antiquari del corpo umano?
Dagli albori delle prime civiltà all'epoca del GPS, gli androidi hanno sempre avuto un ruolo all'interno delle più diverse tradizioni culturali e hanno compiuto un emozionante cammino evolutivo con l'uomo. Protagonisti di numerosi miti e leggende, incarnazioni di incubi e desideri, figure capaci di oltrepassare la membrana tra immaginario e reale, spesso hanno parlato di noi: dai mostri perturbanti di E.T.A. Hoffmann, Jentsch e Freud, al paradigma dell'Uncanny Valley nei moderni laboratori; dalla critica di L'Isle-Adam e Ippolito Nievo all'ottimismo positivista, alle fanterie automatizzate delle guerre future; automi e robot (differenti gradi della scala evolutiva androide) sembrano incarnare i fantasmi, le speranze, le emozioni, i vizi e le virtù dei loro padri-padroni. Figure modello dell'inevitabile meccanizzazione dell'uomo nel Futurismo, nell'opera che li ha presentati al mondo, R.U.R., hanno scalato la condizione umana per ricordarci che sarà con il cuore e non con la mente che salveremo il mondo.

La Milani ripercorre e cita molto di quello che la cultura scientifica e fantascientifica ha prodotto sul tema dell’uomo artificiale, partendo da Erasistrato, che nella Alessandria del IV secolo a.c. tirò fuori l'idea che l'uomo fosse solo una macchina con gli organi come ingranaggi. L'autrice si sofferma in particolare su due opere archetipiche del genere, ovvero Der Sandman di E.T.A. Hoffmann e R.U.R. di Karel Čapek, quest’ultimo universalmente noto per aver coniato il termine Robot.

In Der Sandman il protagonista Nathanael si innamora di una donna artificiale, Olimpia, e lentamente scende nella pazzia. Čapek invece si immagina robot fatti non di metallo, ma di carne, i cui organi vengono assemblati in catena di montaggio. Posso essere scambiati per esseri umani, ma mancano loro le emozioni. Quando le ottengono uccidere l’umanità è il passo successivo. Ovviamente.

Queste due opere, come mostra l’autrice, contengono già in sé la maggior parte delle speranze e delle paure relative ai robot, sia dal punto di vista intimo (Nathanael che impazisce dopo aver scambiato una bambola per una persona) che sociale (l’umanità sostituita dai robot in R.U.R.). L’impossibilità di distinguere l’umano dall’artificiale, la sostituzione dell’uomo con la macchina e così via: se poi dopo 100 anni stiamo ancora qui a parlare di apocalissi robot vuol dire che non abbiamo fatto grandi passi avanti.


Non manca il contributo italiano a questa “filosofia del robot”: la Milani tratta anche la Storia Filosofica dei Secoli Futuri di Ippolito Nievo, scritto nel 1860, interessante in quanto anticipa le problematiche dell'uso dei droni in guerra.

È interessante anche il discorso sull’Uncanny Valley, quel punto critico “when features look and move almost, but not exactly, like natural beings, it causes a response of revulsion among some observers”, che spiega anche il motivo per cui troviamo inquietanti creature quali gli zombie, i clown o gli avvocati.

Manca ogni riferimento a Turing: dopo tutto molto prima di Voigt-Kampff, Turing aveva ideato un test per distinguere un uomo da una macchia. È un test che però non tiene conto delle emozioni, basandosi solo sul fatto di poter imitare una chiacchierata tra persone. Mi chiedo quindi quante delle macchine citate nel saggio passerebbero il Test di Turing.

Torneremo sempre sui robot. Sono il metro su cui misuriamo noi stessi e la nostra umanità (o la sua mancanza). Il dominio sull'intelligenza artificiale sarà il dominio sulla mente dell'uomo. Dovrebbe far paura.

2 commenti:

  1. Ciao lorenzo. In questo periodo, complice T: Genisys, sto meditando anch'io su Robot, Ai, etc. E c'è un aspetto che ritengo interessante per molti di noi, e cioè il tasso di sostituzione degli umani con i robot. Di solito si parla di robot che vengono utilizzati per lavori pesanti, pericolosi o usuranti. Ma a volte invece no, è solo perchè sono più efficienti. E su questo ultimo punto è meglio riflettere, molto, tanto, di più.

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    1. Infatti penso che non dobbiamo temere di finire tutti uccisi dai robot, ma disoccupati. Le macchine lavoreranno al posto nostro, producendo beni che nessuno potrà comprare perché saremo tutti senza lavoro.
      È una tendenza naturale del capitalismo: produrre sempre di più spendendo sempre meno, e presto le macchine saranno più economiche di noi umani… anche perché si ripareranno da sole!
      È una tendenza che sta prendendo piede in America: i lavori di livello medio stanno sparendo perché automatizzati, mentre aumentano tanto quelli di livello basso… e non abbastanza quelli di livello alto.

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