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lunedì 25 novembre 2019

Empire Star


Dopo avervi parlato della Ballata di Beta-2, in un post che risale a qualche mese fa (come passa il tempo!), passo ora a commentare il successivo romanzo di Samuel Delany, Empire Star. Difficile dire da dove iniziare a descriverlo (e se lo avete letto capite quello che intendo). Mi ci sono arrovellato quasi tutta l’estate e parte dell’autunno: quella che segue è meno una recensione e più una raccolta di miei appunti per aiutarmi (e spero aiutare anche voi) a comprendere quello che ho letto. Perché, come vedremo, fare ordine nel romanzo non è cosa... semplice.

Iniziamo dallo stesso inizio scelto dall’autore. Il protagonista Comet Jo gironzola sul suo pianeta natale, Rhys, un luogo semplice e povero, il cui unico ruolo nell’Impero Galattico è quello di produrre il tessuto plyasil. Comet Jo è fondamentalmente scontento della sua vita e del poco che il pianeta gli offre.

L’occasione per fuggire si presenta sotto la forma di un superstite di un incidente spaziale, un individuo identico a lui che gli dà un preciso incarico.
Portare un messaggio a Empire Star.
Quale messaggio? Non si sa. Questo è uno dei misteri che Jo dovrà risolvere.

Tenente ora presente che seguiranno spoiler. Parlerò liberamente di quello che succede e svelerò (o almeno cercherò di svelare) alcuni dei misteri di questa storia. Andate avanti quindi solo se avete letto il romanzo e qualcosa non vi è chiaro. Poi magari ne discutiamo.

Il viaggio di Jo verso Empire Star passa attraverso un serie di incontri con altri personaggi, incontri che gli permetteranno di crescere e ampliare la sua prospettiva in maniera prima complessa eppoi multiplessa.

Per prima cosa fa amicizia con D’kit, una specie di gattino a otto zampe e tre corna che vive su Rhys. La bestiola si affezione a Jo e lo segue ovunque.

La prima persona che incontra è la guardiana dei cancelli dello spazioporto di Rhys. Una donna calva di nome Charon, che possiede un cane chiamato 3Dog. Il riferimento a Caronte e a Cerbero è abbastanza chiaro.

Charon lo fa entrare nello spazioporto e lo indirizza verso San Severina, che gli regala un pettine e il consiglio di sistemarsi i capelli.

Comet Jo trova lavoro come aiutante su un’astronave cargo che trasporta Lll. Cosa sono i Lll? Sono creature che possiedono la capacità di costruire civiltà, non solo dal punto di vista architettonico e ingegneristico, ma anche dal punto di vista del sistema dei valori morali. Sono usati come schiavi in tutto l’Impero. La particolarità è che emettono tristezza, si diventa tristi in loro presenza, e più se ne possiedono più tristezza si prova. Quello della tristezza è un meccanismo ideato dall’Impero per evitare l’abuso di questi esseri. La proprietaria dei Lll è proprio San Severina. La donna insegna a Jo ad esprimersi bene nel linguaggio standard.

Sulla Terra Jo e Severina si separano, il nostro protagonista raggiunge Lump (acronimo di Linguistic Ubiquitous Multiplex), un’intelligenza artificiale basata sulla personalità di un Lll, Muels Aranlyde, noto scrittore (non serve che vi faccia notare che Muels Aranlyde è l’anagramma di Samuel Delany, vero?).

(La schiavitù è un tema toccato spesso dall’autore. Schiavi, ex-schiavi e schiavi in fuga sono protagonisti di The Fall of the Towers, Stars in my Pocket Like Grains of Sand, e Neveryon.)

Lump continua l’educazione di Jo facendogli abbracciare la visione complessa dell’universo.
Viaggiando nello spazio Jo si schianta contro la Cupola, una specie di centro di ricerca dedito alla raccolta di tutto il sapere dell’universo. Rischia di finire vivisezionato per approfondire le conoscenze della biologia umana, fugge e si incontra di nuovo con Lump.

In orbita attorno al Sole, Lump e Jo incontrano Ni Ty Lee, scrittore e poeta. Ni Ty Lee ha la caratteristica di aver già vissuto tutte le esperienze degli altri. È stato su Rhys, ha incontrato San Severina, ha avuto come maestro Muels Aranlyde stesso: Jo quasi impazzisce al pensiero che la sua vita non gli appartenga. Si separano, Jo viene arruolato nell’esercito imperiale, che si prepara a una violenta guerra.

A bordo dell’astronave da guerra su cui è imbarcato incontra una clandestina: la giovane Principessa dell’Impero, accompagnata dal suo Lump. La Principessa vuole andare su Empire Star per mettere fine alla schiavitù dei Lll. Jo decide di seguirla: pensa che il messaggio che deve annunciare riguardi proprio il fatto che la ragazza è venuta per liberare i Lll.

A questo punto avviene la grande rivelazione del romanzo. Empire Star è un’anomalia spaziotemporale, si può usare per viaggiare nel tempo. E qui Jo mette ordine a diversi (ma non tutti) pezzi del puzzle. La Principessa è San Severina ed è Charon, in diverse fasi delle sua vita. I due si sono già incontrati in maniera non-lineare. Il Lump della Principessa diventerà il Lump da lui incontrato sulla Luna. Molti degli eventi citati perdono la loro collocazione cronologica in quanto, grazie (o per colpa) del viaggio nel tempo si perde il nesso causa-effetto che usiamo per ordinare il mondo esterno.

Il romanzo termina con immagini di altri pezzi del puzzle, alcuni facilmente sistemabili, altri meno. L’annuncio della liberazione dei Lll. Jo da vecchio che incontra il se stesso più giovane e gli conferisce l’incarico di portare il messaggio. Ma anche la morte di Jo per mano di un generale dell’esercito.

Questa la trama. Se non avete capito niente, va benissimo: Empire Star è il tipo di libro che va letto e riletto soltanto per iniziare a comprenderlo. È un puzzle e non tutti i pezzi ci vengono forniti, molti si devono ricostruire in modo multiplessuale.

Ma che cos'è questa multiplessità?

È un concetto ideato da Delany, e rappresenta il passo successivo nel percorso concettuale che parte dal “semplice” e continua con il “complesso”. Per arrivare al concetto di “multiplex” vediamo prima che significato hanno per Delany questi altri due concetti.

La caratteristica della mente Simplex è che riesce a dare una risposta unica alla domanda “qual è la cosa più importante dell’universo?”. Non ha a che fare con la stupidità o l’intelligenza della persona. Gli scienziati del Progetto, per quanto intelligenti e colti, restano comunque convinti che la cosa più importante al mondo sia la stesura della loro enciclopedia (grazie alla quale non sarà più necessario usare i Lll come schiavi, addirittura sostengono).

La mente “complex” è invece in grado di concepire le numerose relazioni di causa ed effetto che, in un determinato contesto e in una determinata visione del mondo, consentono che una certa serie di eventi possa accadere.

Veniamo ora alla mente “multiplex”. Essa è quella capace di lavorare simultaneamente con diverse interpretazioni della realtà, anche in contraddizione tra di loro. Non è la mente turbata da paradossi o da paradigmi opposti, ma quella che vive in un mondo di interpretazioni in continua evoluzione e cambiamento.


Delany nelle sue opere ha tre temi ricorrenti: personaggi “simplex” che si ritrovano in un mondo “complex”, personaggi “complex” che però scoprono che la loro interpretazione dei fatti e le loro esperienze non corrispondono a quelle degli altri, e infine personaggi che incontrano altri personaggi, più saggi, che sono a conoscenza di cose impossibili.

Personaggi dei tipi elencati sopra si trovano in tutte le sue opere, Comet Jo nel corso della sua evoluzione li impersona tutti. Risulta anche più chiaro l’incontro di Jo con il poeta. Il poeta ha una visione multiplex della vita, è capace di abbracciare altri punti di vista, compreso ovviamente anche quello di Jo.

Il punto di vista del romanzo e Jewel, un gioiello che in realtà è un tritoviano, una creatura non umana che passa la maggior parte della sua vita in stato cristallino. Jewel stesso (o stessa?) dichiara di non essere un narratore affidabile in quanto tralascia intere parti del racconto, assumendo che un lettore multiplex non avrebbe alcun problema a ricostruirle.

Le storie dei personaggi di questo romanzo si incrociano, si ripiegano su se stesse, sembra quasi all'infinito. Non potrei trovare immagine migliore che quella dello spirografo, una collezione di cerchi che si incrociano, si sovrappongono, si ripiegano su se stessi.

Il romanzo è stato scritto nell'agosto del 1965 a New York, nell'arco di undici giorni, allo scopo di guadagnare qualche soldo per pagarsi un viaggio in Europa.

Il volume è stato pubblicato per la prima volta dalla Ace Double in coppia con Tree Lord of Imeten by Tom Purdom (copertina di Jack Gaughan). Negli ultimi 50 anni è stato ripubblicato almeno una decina di volte, spesso in compagnia con altri romanzi (tipica accoppiata Empire Star/Ballad of Beta-2).

Bantam nel 1981 ha pubblicato una riedizione di alcune opere di Delany, Distant Star, comprendente Empire Star. Il disegnatore John Jude Palencar ha illustrato alcune scene del romanzo. Tali illustrazioni sono dapprima presenti singolarmente, e al termine di ciascuna sezione del libro ricombinate in un singolo cerchio.




Quello che è interessante è che alcune illustrazioni sono ripetute su più cerchi, perché relative a più personaggi che si incrociano in tempi diversi della loro linea temporale (spero che sia chiaro).



Non finisce qui. Nel 1983 la Bantam pubblica il paperback di Distant Star, togliendo le illustrazioni ma lasciando le didascalie, che appaiono come “appunti” per ricostruire le varie trame. Sono testi non scritti da Delany, presenti per errore, ma che costituiscono una mappa delle storie del romanzo.


Tradotto in italiano da Giampaolo Cossato e Sandro Sandrelli, il libro è uscito per la prima volta nel 1977 sul numero 13 della rivista Robot (Armenia), e nel 1992 in Stelle Lontane, edizione italiana del Distant Star nominato sopra.

giovedì 24 ottobre 2019

Zaineb Tehrani - la Sceriffa Velata


Finalmente, dopo un lungo travaglio, è uscita la mia raccolta di racconti Weird Western intitolata Zaineb Tehrani.

Il primo racconto, La Vendetta dello Stregone, uscì come ebook singolo nel 2017 prima per le Edizioni Imperium di Diego Bortolozzo e poi per la Collana Imperium Horror della Delos.

Grazie all'interesse e allo stimolo di Alessandro Iascy e Ivan Alemanno, nell'anno successivo ho scritto altre nove storie aventi per protagonista la stessa Sceriffa Velata. Tutte le storie sono ora state raccolte nel volume omonimo uscito per la Watson.

Zaineb Tehrani è nata nella Persia del 1800 ed è cresciuta nel rispetto dell’Islam. Da giovane dimostra un’insaziabile curiosità e suo padre, un ricco commerciante, le insegna a leggere. Zaineb impara anche l’inglese e grazie ai contatti di suo padre s’innamora e divora le dime novels con protagonisti cowboy e fuorilegge degli Stati Uniti d’America. Ma, nella chiusa e tradizionalista Persia, una ragazza non ha speranza di trovare le stessa libertà delle praterie americane. Per tenerla lontano dai fanatici religiosi, suo padre la porta con sé in un viaggio d’affari in America. Si realizza così il sogno della giovane: visitare il Far West. Divenuta sceriffa di Doomtown per un suo capriccio, scopre di credere veramente nei valori dell’Ordine e della Legge. Ma nella violenta Frontiera popolata da mostri e stregoni, quale giustizia può prevalere? La Sceriffa Velata deve decidere tra la Legge degli Uomini, quella di Allah e la sua coscienza.

Ho presentato il volume allo Stranimondi qualche settimana fa. Ero emozionato e confesso che non mi ricordo niente di quello che ho detto. Il discorso di presentazione, almeno nei piani originali, avrebbe dovuto essere qualcosa così.

Sono nato e vivo tutt’ora in una città di confine dove, essendo io stesso figlio di esuli, ho sempre trovato un po’ difficile sentirmi a casa. Per questo mi sono sempre piaciuti gli outsider, i personaggi fuori posto, quelli che devono lottare per trovare il loro posto nel mondo.

Ed è proprio nel Nuovo Mondo che Zaineb Tehrani, la protagonista di questa antologia, deve trovare il suo posto. Fuggita dalla rigida ortodossia religiosa persiana, Zaineb veste i panni di una sceriffa nel Far West americano di metà ottocento. All’inizio per gioco, ispirata dai racconti dime novels che leggeva di nascosto da bambina. Ma quando scopre che mali oscuri si diffondono nella Frontiera Americana, decide di iniziare la sua jihad personale contro i demoni.

Zaineb Tehrani è un personaggio completamente fuori contesto, che si trova spesso indeciso tra la Legge degli Uomini, quella di Allah e la sua coscienza. È una figura ispirata alle molte donne che ho conosciuto nei miei viaggi in Medio Oriente (e che almeno una delle quali ho sposato), persone che mi hanno sorpreso per il modo disinvolto con il quale si muovono tra mondi diversi.

Nei dieci racconti di questa antologia la nostra sceriffa dovrà difendere Doomtown dalla maledizione di uno stregone navajo e affrontare orribili mostri nati dalla magia nera dei nativi e dall'ingordigia degli uomini bianchi. Rivivremo con lei la sua infanzia in Persia e i suoi primi scontri con i demoni delle sterminate praterie nel Nuovo Mondo. Zaineb scoprirà l'esistenza di una confraternita di Maghi, l'Ordine di Salomone, dei quali dovrà sventare i complotti.
Infine la Sceriffa Velata dovrà affrontare lo jinn che la perseguita dalla sua infanzia.

La copertina è della bravissima Pamela Łuniewska.

La recensione di Infiniti Mondi: LINK

Link vari per l’acquisto: sito dell’editore, Amazon, IBS

giovedì 1 agosto 2019

Scritture Aliene: Alien Platinum


Un manager represso e stressatissimo si ritroverà grazie a nuove droghe sintetiche? Il nostro domani sarà governato e scandito da un misterioso elaboratore alieno? Come mai l’antica discarica di Malagrotta vomita corpi di gente scomparsa da decenni? Un folle biologo riuscirà a riprodurre la Creazione in vitro? Un mostruoso lucertolone alieno può aprire varchi spazio-temporali? Pacifici scienziati insettoidi entrano in contatto con la terra. Chi risponde dall’altra parte del cosmo? Alla catastrofe nucleare sopravvivranno solo sparuti miliziani cannibali? I nostri posteri riusciranno a resuscitare l’ormai disabitata Terra? La sterilità dilagante ci costringerà ad adottare androidi senzienti? Il surriscaldamento globale ci riporterà in pieno medio evo? Chi è l’uomo misterioso che tormenta l’infelice Adam Ewers? L’umanità può resistere a un’invasione di rettiliani telepatici?

Contiene il mio racconto Oracolocrazia: Gli algoritmi decidono quale telefilm devi guardare, quale partner avere, quali prodotti comprare... cosa succede quando decidono loro chi deve vivere e chi deve morire?

venerdì 26 luglio 2019

La Ballata di Beta-2

La Ballata di Beta-2 è un romanzo breve scritto da Samuel Delany nel 1965. Dopo gli science fantasy dei Gioielli di Aptor e della trilogia della Caduta delle Torri, è la sua prima opera di fantascienza spaziale pubblicata.

Possiamo considerare il libro come una torta a tre strati. Il primo riguarda Joneny, studente di antropologia, che in un lontano futuro viene incaricato dal suo professore di fare una ricerca su una ballata proveniente da una cultura umana che si è sviluppata su una flotta di astronavi generazionali.

Tipico problema dei viaggi spaziali. L’umanità costruisce 12 vascelli generazionali e li manda a colonizzare lo spazio, poi scopre un mezzo per viaggiare più veloce della luce. Cosa fare dei coloni che sono rimasti per secoli isolati nelle loro astronavi? Nel romanzo di Delany la Federazione li mette in orbita attorno a una stella e si dimentica di loro. Joneny raggiunge la flotta: due astronavi sono andate perdute durante la traversata cosmica, una è gravemente danneggiata e una quarta è del tutto disabitata. Lo studente entra in contatto con un bambino che manifesta subito strani poteri. Può vivere nel vuoto cosmico e teletrasportarsi da un’astronave all'altra.

Chi è? Perché si definisce “Figlio Del Distruttore”? Che relazione ha con gli abitanti delle astronavi, che invece sembrano essersi evoluti in sub-umani che ripetono meccanicamente le procedure per mantenere attiva la loro tecnologia?

L’altro strato è la ballata vera e propria. Sembra un pezzo di mitologia, si fanno riferimento a creature con un occhio solo, deserti di sabbia (inspiegabili nello spazio), luoghi ed eventi dal sapore fiabesco o archetipico. È il testo criptico che va interpretato. Joneny taglia corto, lo definisce derivativo, banale, non veramente rappresentativo della cultura che lo ha prodotto. Ma sembra così perché non conosce il contesto nel quale è stato creato.

L’ultimo strato sono i diari dell’equipaggio delle astronavi, scritti durante la traversata, la cui lettura fornisce le chiavi per comprendere sia la ballata che la presenza del misterioso ragazzino. La popolazione delle astronavi sembra si sia divisa in due culture, gli esseri umani “normali” che seguono la Norma, la Tradizione, che comprende l’eliminazione di qualsiasi devianza di comportamento e aspetto fisico da quello che viene proposto come “essere umano medio”. È una società che sta iniziando a stagnare, e grazie a Delany la cogliamo proprio nel punto di cristallizzazione, quando le procedure diventano riti e chi detiene la Legge dispone della vita e della morte anche del Capitano della Nave. L’altra cultura è quella dei “Uno-occhio”, che sembrano rimanere più intelligenti e flessibili degli esseri umani, ma che vengono da questi perseguitati.

E quindi il ragazzino? Spoiler: nasce dall’unione di uno dei capitani con un’entità spaziale che ha involontariamente distrutto due delle astronavi.

Anche l’interpretazione di questo romanzo è stratificata.

L’idea dell’astronave generazionale è un classico della fantascienza. L’idea è stata proposta per la prima volta da John Munro nel suo romanzo A Trip to Venus del 1897 e proposta in maniera più scientifica da Konstantin Ciolkovskij nel suo Il futuro della terra e dell'uomo del 1927. Non c’è autore tra i miei preferiti degli anni ’50 e ’60 che non abbia scritto la sua su questo tema: Heinlein, Aldiss, Simak, Leiber, Clarke, Brunner, LeGuin. Tipicamente la cultura a bordo delle Arche spaziali si evolve per i fatti suoi, come anche l’essere umano; molto spesso il fatto di vivere su un’astronave viene dimenticato assieme al fatto di dover raggiungere una destinazione

Il confronto più interessante è quello che possiamo fare con Universo di Heinlein, uscito nel 1941, dove già appare il concetto che la memoria storica del viaggio sia codificata in poemi. Sulla Vangurd concepita da Heinlein, infatti, i Testimoni creano brevi filastrocche per ricordare gli scambi commerciali e memorizzano gli eventi storici sotto forma di poemi. Il tema dell’arca generazionale ha avuto il suo picco negli anni 50 e 60 ed è andato scemando dalla seconda metà degli anni ’70. Indicava il malessere di una generazione per le scelte imposte dai padri, cosa che di fatto ebbe sbocco nel movimento del 68. Se vi interessa approfondire l’argomento vi consiglio la lettura del libro “The Generation Starship in Science Fiction: A Critical History, 1934-2001” di Simone Caroti.

Avevamo già visto leggendo I Gioielli di Aptor come l’autore fosse interessato alle difficoltà connesse con l’interpretazione di un testo. In Aptor questo testo era una profezia, e non veniva data una soluzione soddisfacente all’enigma. In Beta-2 la ballata ha un chiaro significato, che però emerge solo dopo aver conosciuto tutto il background del viaggio delle astronavi. Joneny deve fare esperienza dello stare a bordo delle astronavi per comprendere il significato del testo. Deve fare riferimento ad altri testi: i diari, ma prima ancora le relazioni dei primi esploratori e i manuali tecnici delle astronavi. Solo così può dare il giusto significato ai termini della poesia. Solo così capisce com'è possibile trovare il deserto nello spazio, o cosa significhino i piedi dolenti, o cosa sia la Collina della Testa di Morto.

After racking his mind he decided that the Navigation Offices would prove more interesting. He was a little curious to see what they re-created down the first corridor, as well as what sort of re-creation system they could have. But the idea of sacrifices to the sea left him completely bewildered, so he headed in that direction.

L’arte, ci dice Delany, non può essere compresa e giudicata al di fuori del contesto all’interno del quale è stata creata.

Abbiamo una donna, il Capitano della Beta-2, che resta miracolosamente incinta. Suo figlio ha dei super-poteri e può fare da contatto tra l’umanità e l’Entità Spaziale aliena, con tanto di frase tolta dal Vangelo “I and My Father are One”. La simbologia religiosa cristiana è chiara, con la differenza qui che è la madre a essere sacrificata. L’esperienza religiosa era presente anche nei Gioielli di Aptor e viene collegata qui alla poesia. Vi si oppone la religione “istituzionale” che mette limiti e de-finisce il concetto di essere umano, portando alla creazione di ghetti dove vengono relegati i Mono-Occhio. “It’s pointedly obvious that this section of the ship was not intended to be lived in … the hidden ways and mechanical niches and paths are never used by the people of the City.” Persone di colore, poveri, omosessuali, ma anche alieni e mutanti: chiunque non rientri nella definizione standard di “umano” viene escluso dalla Città.

Infine l’opera stessa è una specie di frattale. La ballata è la stessa storia che leggiamo nei diari di bordo, ma narrata in maniera diversa, con parole nuove. Come dice uno dei personaggi: “the youth pick words up from us, make up new meanings. Then we get ‘em back again. They affect us almost as much as we affect them.

La stessa cosa succede al protagonista Joneny quando incontra il Distruttore – le parole, i colori, sono gli stessi di quelli usati dal Capitano Leela quando incontra (e resta incinta) del Distruttore. Il romanzo quindi è come un prisma che prende un evento (l’incontro con una divinità spaziale aliena) e ce lo restituisce scomposto nelle sue varie parti. Scomposizione del tutto arbitraria e soggettiva, ovviamente.

(Mmm... Leela, capitano d'astronave, persone con un occhio solo... sicuri che non ci sia un collegamento con Futurama?)

Il romanzo è stato pubblicato dalla Ace Books nel 1965 accoppiato con Alpha Yes, Terra No! di Emil Petaja, ed è stato ripubblicato nel 1971 in edizione singola. Un'edizione rivista è stata pubblicata nel 1977 dalla Gregg Press, con introduzione di Marilyn Hacker, poetessa, traduttrice e critica letteraria (e moglie dell’autore – che poi si dovrebbe fare un post a parte sul fatto di essere un autore e sposarsi una critica letteraria).

In Italia è stato pubblicato per la prima volta nel 1970 dalla Casa Editrice La Tribuna nella collana Galassia, numero 122, tradotto da Vittorio Curtoni e Gianni Montanari. Nel 2015 il romanzo è stato ripubblicato sull'Urania Collezione numero 148.

venerdì 19 luglio 2019

Letture estive

Mi permetto di consigliarvi una paio di ebook da leggere questa estate, durante le vostre vacanze, siano esse al mare, in montagna o nei gelidi spazi interstellari.


Azaroth-Al-Abel, un necromante nei deserti di Thanatolia. Per lui i vivi e i morti sono pedine e il continente della putrefazione una scacchiera perfetta per portare avanti i suoi piani, in attesa del risveglio della Dormiente. Quando ecco apparire in gioco il tombarolo più furbo della regione, due possenti guerrieri d’oltremare e una sorta di mago più avvezzo a legno e ferro che non ad arcani e pozioni. Per loro, il necromante avrà un piano che si svilupperà lentamente, negli anni, segnando per sempre il mondo con un nuovo male.

Fabio è uno degli scrittori thanatolici della prima ora, con il quale abbiamo dato vita alla prima antologia Crypt Marauders Chronicles, basato sul setting creato da me e Alessandro Forlani. Con questo volume ritorna sul luogo del delitto con il suo necromante Azaroth-Al-Abel.


Andare in “insogno” è partire per un viaggio raccontato dalle sette storie di Simonetta Olivo che prendono la forma di un fix-up onirico. Storie collegate come solo i sogni sanno esserlo. Richiamandosi l’una con l’altra, costruiscono un universo immaginario nel quale la realtà dei personaggi coinvolti si manifesta come un brusco risveglio.
Gli occhi si aprono su mondi segnati, vite quasi spente, su androidi più umani degli uomini stessi, e il sogno diventa l’unica via di fuga che però può trasformarsi in un lucido ed eterno incubo.

Simo è una collega del CIF, il Collettivo Italiano di Fantascienza, fondato qualche anno fa con lo scopo di proporre un nuovo modo - collettivo e cooperativo - di scrivere e vivere la fantascienza.
Penso che il modo migliore per introdurvi questa antologia personale sia un citazione (spero) famosa: «Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da un sogno così non ti dovessi più svegliare? Come potresti distinguere il mondo dei sogni da quello della realtà?» (Morpheus)



Siamo alla fine del 21° secolo. Il mondo intero è uscito sconvolto da decenni di conflitti innescati dalle conseguenze del riscaldamento globale.
La razza umana è sopravvissuta, anche se ha dovuto rivoluzionare le proprie abitudini di vita. La popolazione superstite si è rifugiata nelle ristrette fasce climatiche considerate ancora vivibili. Per proteggersi dalle radiazioni e dalle piogge acide, le persone girano per le strade coperte da speciali indumenti.
Anche i poteri finanziari si sono dovuti adattare al nuovo contesto. Dopo aver ridotto tutto a merce, in un mondo non più capace di produrre e consumare, i loro occhi si sono posati, dove mai nessuno avrebbe immaginato.
Sotto il cielo velenoso di Asmara, nasce l’amore tra Akis e Neima. Insieme cercheranno di contrastare l’Ánemos e il nuovo mercato azionario che l’azienda ha ideato. Presto i due ragazzi si renderanno conto che è molto difficile essere felici nel presente, quando il futuro è compromesso. In un mondo completamente sbagliato, anche amare può essere pericoloso.

Dario è un altro collega del CIF, e non posso fare a meno di consigliarvi questa storia clifi (climatic fiction) di tremenda attualità.


giovedì 20 giugno 2019

Captives of the Flame: radiazioni, giungle, acrobazie e invisibilità.

The Fall of the Towers è una trilogia di romanzi post-apocalittici scritta da Samuel Delany, composta dai volumi Captives of the Flame (1963, rinominato Out of the Dead City nell’edizione del 1968), The Towers of Toron (1964) e City of a Thousand Suns (1965)


Captives of the Flame nella sua prima versione era ambientato nello stesso mondo post-atomico dei Gioielli di Aptor, anche se ogni riferimento è stato eliminato nelle edizioni successive.

Questa trilogia è considerata un Delany minore e viene spesso trascurata. I romanzi non sono l’esordio fulminante dei Gioielli, e nemmeno all’altezza dei capolavori successivi quali Nova o Dhalgren. Perché leggerli, allora? Perché bene o male contengono tutto quello che ha fatto grande Delany. La prosa, i personaggi, il modo in cui intesse la trama.

E qui di trama ne abbiamo. Arrivati a un terzo di Captives l’autore sta ancora introducendo nuovi personaggi; soprattutto sembra divertirsi a prendere i suoi protagonisti e spostarli da un ambiente a loro noto a uno completamente estraneo e vedere cosa succede.

Dopo il Grande Fuoco che ha reso inabitabile la maggior parte del pianeta, la civiltà è rinata sull’isola di Toron, che ha fondato un impero e iniziato a conquistare e colonizzare la terraferma, fermandosi al confine con la zona radioattiva, dove è stata fondata la città (poi abbandonata) di Telphar.

Il governo di Toromon percepisce la presenza di un nemico oltre la zona proibita e dichiara guerra. Non si sa esattamente contro chi, l’importante è mobilitare la popolazione e dimenticare i problemi di disoccupazione. Intanto, si viene a sapere che la guerra di Toron è solo un aspetto di una guerra tra creature cosmiche interdimensionali.

E questo è solo il primo romanzo.

È interessante rileggerlo adesso, a distanza di 50 anni, e trovarvi preoccupazioni così attuali: l’immigrazione, la disoccupazione, il ruolo della guerra come strumento di controllo sociale interno, l’influenza della tecnologia sulla società.

La trama è quella di un romanzo pulp dell’epoca, qualcosa preso da John Carter per esempio. Le descrizioni sono poetiche ma forse un po’ confuse e non trasmettono la grandezza delle idee dell’autore. C’è pochissima azione, molti dialoghi tra i personaggi; il buon Delany questa volta non è riuscito ad amalgamare bene tutti gli elementi. La storia procede in equilibrio: da un lato continui misteri e la sensazione perenne che ci sia sempre qualcos’altro che ci viene nascosto, dall’altro non c’è mai tanta confusione di trama e personaggi da voler abbandonare la lettura.

La storia è post-apocalitica, decisamente fantascientifica, ma in un setting fantasy – e l’autore si diverte giocare con i cliché di tutti e tre questi generi. Uno degli elementi più interessanti è il messaggio pacifista di Delany. La guerra dell’Impero di Toromon è inutile, è ridicola. È collegata a motivi politici interni: in un’economia basata sulla pesca, la creazione di vasche per la crescita del pesce porta a un aumento della disoccupazione. E la guerra serve proprio per far fare qualcosa a questi disoccupati.

"Because," interrupted Geryn, suddenly pointing directly at Tel's face, "we have to fight. Toromon has gotten into a situation where its excesses must be channelled toward something external. Our science has outrun our economics. Our laws have become stricter, and we say it is to stop the rising lawlessness. But it is to supply workers for the mines that the laws tighten, workers who will dig more tetron, that more citizens shall be jobless, and must therefore become lawless to survive. Ten years ago, before the aquariums, fish was five times its present price. There was perhaps four per cent unemployment in Toron. Today the prices of fish are a fifth of what they were, yet unemployment has reached twenty-five per cent of the city's populace. A quarter of our people starve. More arrive every day. What will we do with them? We will use them to fight a war. Our university turns out scientists whose science we can not use lest it put more people out of work. What will we do with them? We will use them to fight a war. Eventually the mines will flood us with tetron, too much for even the aquariums and the hydroponic gardens. It will be used for the war."
"Then what?" asked Tel.
"We do not know who or what we are fighting," repeated Geryn. "We will be fighting ourselves, but we will not know it (…)”

Chi sono i protagonisti principali del romanzo?

Tel, il ragazzino che fugge dal padre pescatore e cerca fortuna nella capitale, dove deve vivere come immigrato clandestino.
Jon Koshar, prigioniero evaso che è in comunicazione con delle entità aliene che lo vogliono usare come pedina contro il terribile Signore delle Fiamme. Dopo un incidente si ritrova a riflettere la luce in maniera anomala, diventando traslucido (è cambiato il suo indice di rifrazione: non dimentichiamo qui il concetto di prisma ottico che ritorna nell’opera dell’autore).
Clea Koshar, sua sorella, esperta matematica.
La Duchessa di Petra, altra pedina contro il Signore delle Fiamme.
Let, fratello del Re di Toromon, che viene sequestrato dai Ribelli e portato a vivere nella Foresta, così che possa imparare la vita fuori dalla Corte. Non è un caso che sia un palindromo di un altro personaggio. Delany adora questo genere di cose (sto guardando proprio te, cara/o Grendahl) e non è l’unico caso nella trilogia.
Alter, acrobata e membro dei Ribelli. Tutte le parti acrobatiche derivano dall’esperienza stessa dell’autore, che al college praticava questa disciplina. Quando dicono “scrivi di ciò che sai”...

C’è anche questa scena, tipicamente Delanyana, dove dei personaggi discutono di narrativa. Il Principe Let si è fatto raccontare, una sera, una storia dalla zia, la Duchessa di Petra. Il giorno dopo chiama la zia per farsi dire la conclusione della storia.

"Well," said Petra, "when the guard changed, and the rope tripped him up when he was coming down the steps, the rear guard ran around to see what had happened, as planned, and they dashed through the searchlight beam, into the forest, and ..." She paused. "Anyway, one of them made it. The other two were caught and killed."
"Huh?" said Let. "Is that all?"
"That's about it," said Petra.
"What do you mean?" Let demanded. Last night's version had contained detail upon detail of the prisoners' treatment, their efforts to dig a tunnel, the precautions they took, along with an uncannily vivid description of the scenery that had made him shiver as though he had been in the leaky, rotten-walled shacks. "You can't just finish it up like that," he exclaimed.
Show, don’t tell sembra dire il piccolo Let.

Il finale (spoiler!) è amaro. Nonostante il nemico alieno, il Signore delle Fiamme, venga sconfitto, la guerra si fa comunque - appunto perché non era istigata dalla presenza di un ostile esterno, ma perché nasce dall’interno dell’Impero. I romanzi successivi approfondiranno questo eccesso, mettendo i soldati in capsule di realtà virtuale dove combattono una guerra finta ma che uccide realmente.
(fine spoiler).


Captives of the Flame è stato pubblicato nella collana Ace Double, in coppia con The Psionic Menace di Keith Woodcott (che in realtà era uno pseudonimo di John Brunner). La versione riscritta nota come Out of the Dead City è stata pubblicata da Signet Book nel 1968. The Towers of Toron è uscito nel 1964 sempre per Ace Double, in coppia con The Lunar Eye di Robert Moore Williams. City of a Thousand Suns è uscito nel 1965 sempre per la Ace Books. Il volume completo The Fall of the Towers è uscito infine nel 1970 (numero 22640 della Ace Double).

Sono usciti tutti e tre in Italia nel 1976. La Città Morta come numero 548 della collana I Libri Pocket della Longanesi, Le Torri di Toron e La Città dei Mille Soli come numeri 1 e 3 nella collana Fantapocket (sempre Longanesi). Tutti i volumi sono stati tradotti da Maria Luisa Cesa Bianchi. Lo stesso anno è uscito anche il volume unico con i tre titoli, La Caduta delle Torri, numero 21 della collana Varia.

L’inizio del romanzo:
The green of beetles' wings ... the red of polished carbuncle ... a web of silver fire. Lightning tore his eyes apart, struck deep inside his body; and he felt his bones split. Before it became pain, it was gone. And he was falling through blue smoke. The smoke was inside him, cool as blown ice. It was getting darker.
He had heard something before, a ... voice: the Lord of the Flames.... Then:
Jon Koshar shook his head, staggered forward, and went down on his knees in white sand. He blinked. He looked up. There were two shadows in front of him.
To his left a tooth of rock jutted from the sand, also casting a double shadow. He felt unreal, light. But the backs of his hands had real dirt on them, his clothes were damp with real sweat, and they clung to his back and sides. He felt immense. But that was because the horizon was so close. Above it, the sky was turquoise—which was odd because the sand was too white for it to be evening. Then he saw the City.

lunedì 10 giugno 2019

Un paio di titoli fantasy


Vi segnalo l'uscita di questi due volumi, i testi sono da parte della Casa Editrice:


L’Era del Serpente è il grande affresco del primordiale dominio dei rettili.

Ambientata in un’epoca remotissima, eoni prima della storia conosciuta, la vicenda si svolge su una Terra che solo da poco ha conosciuto il primo vagito dell’essere umano, e sulla cui superficie domina da sempre la stirpe del Serpente, un’evoluta razza di umanoidi rettili generata in giorni senza nome dal dio Set.

Il racconto si apre con uno sguardo al magniloquente tramonto della civiltà dei Serpenti.

Dopo un apogeo durato millenni, in cui i rettili hanno raggiunto vette meravigliose di sapere arcano e tecnologico, il loro impero si avvia ad una decadenza ormai sempre più rapida, che nulla sembra in grado di fermare.

Assillati dal propagarsi di una degenerazione che ne indebolisce tanto il sangue quanto le menti, i Serpenti sono altresì assediati dal diffondersi sconcertante di esseri a loro sconosciuti, che ne insidiano il regno altrimenti incontrastato: gli uomini.

Altezzosa e sofisticata, irrigidita in rituali e convenzioni che non intende mutare, la pur superiore genia dei rettili non riesce a capacitarsi della comparsa, avvenuta in uno sconosciuto e per essa inospitale deserto polare, della stirpe umana, che agli occhi vitrei dei figli di Set appare tanto barbara quanto disgustosa.

Ciò nonostante, come colpiti da una maledizione, neanche i rutilanti eserciti di guerrieri Nath, l’elite militare del popolo rettile, riescono a fermare l’avanzata delle tribù che calano dal Nord, sciamando sulle rovine di città un tempo gloriose. La fine dei Serpenti pare inevitabile.

Eppure, è proprio al culmine di questo scontro epocale che sale al trono della ciclopica capitale dei rettili, Xyl, il potente sacerdote Salith, ultimo fra i depositari dell’antica scienza e fanatico adoratore di Set. 

Deciso a invertire le sorti del conflitto e salvare i Serpenti dall’annientamento, egli attingerà ai più abominevoli segreti della magia nera, fino a richiamare sulla Terra orrori risalenti alla fondazione del mondo, il tutto mentre attorno a lui, come in una esotica e macabra danza di sortilegi e intrighi, si dipaneranno le storie – contigue e non - del fedele discepolo Kla-lhat, dell’indolente imperatore Ktlàn, e delle figure sanguinarie e brutali dei generali umani, capitanati dall’ambiguo Tholius.

E prima che l’ultima battaglia sia combattuta, anche il mondo stesso attraverserà il suo sconvolgimento finale.



Byzantium è un compendio di racconti in sei parti, scritto da Lorenzo Camerini e Andrea Gualchierotti.

L’opera, a cavallo tra novella storica di cappa e spada e avventura Sword&Sorcery, rivisita in chiave fantastica gli scenari dell’impero bizantino, a partire dai fasti di Costantinopoli fino alle metropoli del vicino Oriente, e unisce ad essi l’accuratezza della ricostruzione storica assieme al gusto per l’esotismo.

I primi tre racconti (I Sette Dormienti – Il trionfo del Magister Militum – Le folgori della vendetta) costituiscono un trittico ambientato nel VI secolo, durante il regno di Giustiniano.

Protagonista di queste avventure è Costante, una guardia imperiale (excubitor) caduta in disgrazia a causa di un intrigo architettato da astuti rivali; ramingo per le varie province dell’impero, ha come unici compagni il desiderio di vendetta e il silenzioso unno Taluk, che lo segue nella via dell’esilio. Lungo la via del suo sanguinoso riscatto, Costante incapperà più volte nel meraviglioso e nel terribile: affronterà una stirpe mostruosa che dorme sotto le dolci colline di Efeso, scoprirà i segreti della Menorah ebraica, e assisterà al ritorno dal passato di divinità dimenticate. E la sua vicenda, che si conclude alle soglie della guerra greco-gotica che investirà l’Italia di lì a poco, rimane aperta, quasi a prefigurare un ritorno del personaggio.

I due racconti successivi (La dèa di carne – I leopardi del deserto) cambiano radicalmente scenario, e hanno per sfondo l’epoca gloriosa di Basilio II, intorno all’anno 1000, in cui dopo secoli di difficoltà l’impero ha messo argine alle invasioni, e recuperato parte delle province orientali, tra cui la Siria. Proprio qui, in una Damasco cosmopolita e caotica, si aggira la coppia di gemelli Gordias e Cosma, ladri persiani avvezzi all’avventura e al raggiro.

Ricercati a causa dell’ennesimo reato, i due fratelli sono costretti a dividersi: un errore fatale, che finisce per invischiare i due nella trama di misteriosi omicidi rituali che insanguina Damasco, e che ha le sue radici addirittura nell’avvento in Siria della sanguinaria dèa Khalì. Solo uno dei due fratelli – Gordias – sopravviverà all’incontro terribile con la divinità indù, senza sapere di stare così compiendo il primo passo sulla via che nel racconto seguente (I leopardi del deserto) lo vedrà combattere per le strade di Antiochia e sui monti sperduti dell’Armenia per il titolo di Maestro degli Assassini.

Il finale dell’opera (Il Palladio di Costantinopoli) è dedicato alla caduta della gloriosa capitale bizantina.

Nel maggio del 1453 le armate turche, spropositatamente grandi, sono sul punto di prendere la città, difesa ormai da milizie sempre più evanescenti e solo pochi sognano ancora una improbabile vittoria. Fra questi, il nobile veneziano Gualtiero Camerari, che riceve dallo stesso imperatore Costantino XI Paleologo il compito di recuperare l’unico oggetto che incarna l’ultima speranza di Bisanzio: il Palladio, la mitica statua di Atena. Sepolta ai tempi della fondazione di Costantinopoli proprio al centro dell’antico foro cittadino, la reliquia pagana ha garantito per secoli la salvezza della città, proprio come aveva fatto per Roma prima della sua caduta. Così, mentre tutto intorno la guerra divampa e i nemici sono prossimi a penetrare le difese bizantine, Gualtiero viene impegnato in una corsa folle per raggiungere il nascondiglio dove giace la statua della dèa, ed evitare l’incombente rovina. Ma un traditore è nascosto fra gli ultimi servi dell’imperatore, e come la storia insegna, il valore di Gualtiero non sarà sufficiente a salvare Costantinopoli dai Turchi; cosciente di non poter piegare il destino, il veneziano si unirà così all’imperatore in un ultimo combattimento che li consegnerà alla leggenda.

Il volume presenta anche i saggi di Adriano Monti Buzzetti e Francesco La Manno.





giovedì 6 giugno 2019

I Gioielli di Aptor

I Gioielli di Aptor è la prima opera pubblicata da Samuel R. Delany, che nel corso della sua carriera vincerà 4 Premi Nebula e 2 Premi Hugo.

Studioso di matematica e letteratura, di colore, bisessuale, dislessico, scrittore di fantascienza, fantasy e saggi sul rapporto tra sessualità e società: non potevo che innamorarmi di una persona così. E dovrebbero bastare questi brevi appunti per capire che le sue storie propongono un punto di vista molto particolare e che sono una voce interessante da ascoltare nel panorama della letteratura di genere.

Assieme alla trilogia della Caduta delle Torri (1963-1965), The Jewels of Aptor fa parte della prima fase della sua carriera. , costituita da storie abbastanza convenzionali ma alle quali riesce a dare un twist personale e molto promettente.

Questo romanzo è uno science fantasy ambientato in una terra del lontano futuro, dove la tecnologia del passato è diventata magia.

L’unica civiltà sembra essere quella di Leptar, sede del culto della Dea Argo, alla quale si contrappone l’Isola di Aptor dove vivono i mostri (hic sunt leones) e si venera il nero Dio Hama.

Il protagonista è Geo, un poeta, che viene coinvolto assieme al suo forzuto amico Urson in un’avventura che lo porta sull'Isola di Aptor per rubare un potente Gioiello e liberare l’Incarnazione della Dea.

Li accompagnano nell'avventura il ladro Serpe, ragazzo dalle quattro braccia e dai poteri telepatici, e Iimmi, il marinaio che in passato era già stato ad Aptor in una precedente sfortunata spedizione.

Detta così la trama potrebbe sembrare banale, ma ben presto scopriamo che le cose non sono come sembrano. Non c’è una sola Dea Argo, ma ben tre (la giovane, la madre e la vecchia) ognuna con obiettivi diversi. E le adepte della Dea sembrano avere piani tutti loro.

La donzella in pericolo da salvare non è così in pericolo e riesce benissimo a salvarsela da sola, rubare il Gioiello e fuggire senza quasi alcun aiuto da parte dei nostri avventurieri.

Può non sembrare granché, ma in confronto alla media degli anni ’60 Delany era all'avanguardia, un passo davanti a tutti.

Trovo impressionante che Delany abbia scritto questo romanzo a soli venti anni. Le due isole, le due divinità, la dea dai tre volti, il viaggio in mare: viene qui mostrata una maturità e una conoscenza dei miti narrativi che non ho trovato nemmeno in autori molto più maturi. Ma nonostante tutto, l’azione non manca. I nostri incontrano vari tipi di mostri (lupi mannari, uomini-pipistrello, antiche creature marine) e attraversano una città abitata da un mostro di gelatina che agisce muovendo gli scheletri delle persone cha ha assimilato.

Si possono già identificare alcuni degli elementi che diventeranno caratteristici dell’opera di questo autore.

Il poeta come protagonista è una cosa che ritroveremo in opere successive, assieme alla figura del ladro: Delany ha sempre sostenuto che poeti e criminali hanno molto in comune, perché entrambi sono persone che vivono ai confini della società.

La coppia con l’intellettuale basso e magro e l’amico alto e muscoloso. La loro amicizia si scoprirà essere amore, ma troppo tardi, perché uno dei due è destinato a morire.

Un’altra categoria di persone che vivono ai margini della società sono i disabili: anche qui Delany rompe più di qualche schema amputando un braccio al suo protagonista e lasciandolo monco per l’ultimo terzo della storia. E non c’è nessun miracolo o tecnologia che possa riparare al danno: Geo resterà un disabile per il resto della sua vita.

C’è un personaggio di colore, Iimmi, ma sfida tutti i cliché di quegli anni: è colto (si è preso un anno sabbatico dall'università per girare il mondo) e non muore (anzi il primo a morire è un bianco di nome Whitey, LOL).

Altro tema caro all'autore è l’interpretazione del testo. Nei Gioielli di Aptor appaiono prima una poesia appartenente ai Riti di Argo (o di Hama? Non ricordo bene) ma ogni volta che viene letta o recitata alcuni versi sono cambiati, perché censurati o ricordati male. C’è anche una profezia, e nel corso del romanzo vengono proposte ben due soluzioni all’enigma che rappresenta.

Per non dire dell’interpretazione delle stesse avventure dei protagonisti, indecisi sul perché certe cose accadano, sul loro motivo e significato.

C’è una soluzione agli enigmi? Qualcosa viene lasciato all'intuizione del lettore, qualcos'altro viene spiegato esplicitamente alla fine; ma solo perché una risposta è quella finale non significa che sia quella corretta o definitiva. 

Delany è un piacere da leggere, sia in originale che tradotto. Come già detto l’autore ha più volte dichiarato di essere dislessico, e che questo lo porta a riscrivere numerose volte ogni singola pagina. Quella di Delany è un scrittura ricercata, a volte può essere di difficile comprensione: in questi casi però abbandonarsi al flussi di parole, immagini, sensazioni e colori è la cosa migliore da fare. Eccovi un piccolo assaggio tratto dall'inizio del romanzo.

Waves flung themselves at the blue evening. Low light burned on the wet hulks of ships that slipped by mossy pilings into the docks as water sloshed at the rotten stone embankment of the city.
Gangplanks, chained from wooden pullies, scraped into place on concrete blocks, and the crew, after the slow captain and the tall mate, descended raffishly along the wooden boards which sagged with the pounding of bare feet. In bawling groups,pairs, or singly they howled into the narrow waterfront streets, into the yellow light from open inn doors, the purple shadowed portals leading to dim rooms full of blue smoke and stench of burnt poppies.

The Jewels of Aptor è stato pubblicato per la prima volta dalla Ace Books nella collana Ace Double, assieme al romanzo Second Ending di James White, e per far stare il romanzo nei limiti previsti dalla casa editrice fu tagliato ben un terzo delle pagine. Tagli che vennero reintegrati nell'edizione successiva, del 1968. È uscito in Italia come primo numero della Fantacollana nel 1973 tradotto da Giampaolo Cossato e successivamente nel 1978 nella collana I Grandi della Fantascienza 8 dell’Editrice Il Picchio, tradotto da Alda Carrer.


lunedì 8 aprile 2019

Collettivo Italiano di Fantascienza

Settembre, 2017
Sono a casa che preparo i bagagli per il mio prossimo viaggio. Come al solito mi hanno dato zero preavviso: afferro abiti più o meno a caso e li getto nella valigia.
Sento un sibilo provenire dalla porta: c’è un getto di gas che entra dalla serratura.
La vista si fa sfocata, mi aggrappo sullo stipite della porta, le forze mi vengono meno: svengo.

Rinvengo come da un lungo sonno in un’anonima stanza da letto. Telefono e televisore anni ’60, alle finestre tendine con disegni psichedelici.
Mi precipito fuori dalla porta. Mi trovo in una specie di villaggio turistico, con edifici in stile barocco, rinascimentale e neoclassico spesso mescolati tra di loro sulla stessa facciata, fregandosene di qualsiasi verosimiglianza storica o artistica.
Puzza di finto lontano un chilometro – peccato che io ci sia dentro.
I caffè hanno le serrande abbassate, gli ombrelloni sono chiusi, le vie deserte: realizzo con orrore che sono solo.
C’è un edificio a cupola sulla cima di una collina: sembra un luogo importante. Le porte sono aperte, l’interno sembra la stazione di controllo di una centrale nucleare.
E forse lo è.
Corro fuori, raggiungo la spiaggia. Mi allontano dal Villaggio. Sento l’acqua ribollire, ne esce una grossa sfera bianca che mi insegue.
Mi raggiunge, mi schiaccia al suolo, mi soffoca.
Sapete cosa? È il momento giusto per svenire di nuovo.

Rinvengo per la seconda volta nel corso della giornata – questa volta saldamente legato a una sedia da dentista.
Non mi ricordo di aver preso appuntamento.
Non sono solo. La donna alla mia sinistra indossa una divisa da ufficiale dell’esercito jugoslavo, quella alla mia destra un mantello rosso e una cuffia bianca.
Si presentano come Simonetta e Linda.
“Premetto subito che vedo solo quattro luci”
Le due donne si scambiano un’occhiata, perplesse.
“Stiamo mettendo su una squadra” dice Simonetta.
“Il cosplay non mi interessa” rispondo.
Scuotono la testa, deluse.
“Dicono che sei arrivato finalista alla prima edizione del Premio Urania Short” dice Linda.
“Dicono tante cose di me. Alcune sono anche false”
“Abbiamo riunito tutti i finalisti per mettere su una squadra di scrittori. Vuoi unirti a noi?”
“Ci sono i biscotti?”

Oggi
E così mi sono trovato arruolato nel CIF, il Collettivo Italiano di Fantascienza. Ma sono convinto che se chiedete agli altri membri come è andato l’arruolamento, vi racconteranno una storia diversa.
A volte la memoria gioca brutti scherzi.

Se volete saperne di più, vi invito a leggere l’intervista a testate multiple pubblicata sul blog Kipple.

Fatto? Ora vi starete chiedendo cosa abbiamo prodotto, oltre a un sacco di chiacchiere. Il risultato di un anno di sudato lavoro è disponibile in questa antologia:


Atterraggio in Italia. Perché qualcuno ha detto che gli alieni non potrebbero mai atterrare in Italia, e noi siamo convinti del contrario.

Noi del CIF siamo atterrati, siamo qui in mezzo a voi. Dovreste sentire la nostra presenza... nelle finali dei concorsi di genere fantastico, nelle migliori antologie, quando andate al lavoro, quando andate in chiesa, quando pagate le tasse…

domenica 17 marzo 2019

Star Wars: Tales of the Jedi - Knights of the Old Republic e The Freedon Nadd Uprising

Knights of the Old Republic è stata in ordine cronologica la prima serie di albi del progetto Tales of the Jedi, la cui ideazione e creazione si deve quasi esclusivamente a Tom Veitch o, come ha detto Vietch stesso "I feel pretty good about it. It was an opportunity that arose, and I proposed it, found the artists, and pretty much put the whole thing together myself. It was a great time to be doing Star Wars."

Tales of the Jedi ha posto le basi di molto di quello che conosciamo sugli Jedi e sui Sith – storia, usanze, luoghi – che sono stati poi ripresi in serie successive. Knights of the Old Republic è uscito in cinque albi tra l'ottobre 1993 e il febbraio 1994, mentre The Freedon Nadd Uprising consiste in due albi usciti nell'estate del 1994.


Onderon è un pianeta colpito da una piaga periodica: a intervalli regolari la sua orbita incrocia quella della Luna Dxun, e le mostruose creature lunari attraversano il brava spazio tra i due corpi celesti e invadono il pianeta. La popolazione si è evoluta aggregandosi in una singola città separata dal resto del mondo selvaggio da una muraglia impenetrabile. La foresta abitata dai mostri Dxuniani è diventata luogo di esilio per i criminali della città, brutti ceffi che nel corso dei secoli impararono a domare i mostri volanti, ponendo sotto assedio l'unica isola di civiltà sul pianeta.

Il Maestro Jedi Arca viene incaricato da parte della Repubblica di ristabilire la pace su Onderon. Arca decide di mandare tre suoi allievi, da lui giudicati capaci di gestire la situazione da soli. Il twi'lek Tott Doneeta e i due fratelli Kai e Ulic Qel-Droma. Appena arrivato il nostro trio incontra la Regina Amanda e si trovano subito nel bel mezzo dell'azione: i barbari attaccano il palazzo reale e rapiscono la bella figlia della Regina, la Principessa Galia – ti pareva se non c'era una principessa in mezzo, vero? I nostri prendono l'astronave, inseguono i rapitori ma vengono abbattuti.

Non che questo possa fermare dei Jedi. Il trio attacca il palazzo di uno dei signori barbari proprio in tempo per fermare le nozze tra lui, Modon Kira, e Galia. La nostra bella principessa aveva infatti iniziato a frequentare di nascosto il condottiero barbaro, che poi barbaro neanche tanto: palazzo full-optional, banchetto nuziale... insomma il matrimonio era quasi combinato, ci mancano solo i Jedi imbucati alla festa. Le cose però prendono una piega molto seria quando viene fuori che la Regina Amanda è una seguace del lato oscuro.

A questo punto non può mancare una bella battaglia campale tra forze del bene e forze del male. La Città viene conquistata, Kai perde un braccio (presto sostituito da uno robotico) e proprio quando la situazione è disperata appare Maestro Arca con la sua astronave. I nemici sono sconfitti e i nostri Jedi scoprono il centro del potere oscuro di Onderon: la tomba di Freedon Nadd (nome che trovo ridicolo e difficile da pronunciare), uno jedi passato quattro secoli prima al lato oscuro. Arca "neutralizza" il potere oscuro e sventa (per il momento) la minaccia dei Sith.

E questo solo in due albi. Gli albi successivi raccontano un'altra storia, quella di Nomi Sunrider.

Nomi è la compagna del Cavaliere Jedi Andur Sunrider. La Famiglia Sunrider lascia il loro pianeta per raggiungere Ambria, dove abita il Maetro Thon, accompagnati dalla loro figlia Vima e dal droide A-3DO. Nel Terminale Iperspaziale di Stenness sono attaccati da banditi che lavorano per un Hutt, interessati ai gioielli che l'uomo portava in dono al Maestro. Andur viene ucciso e Nomi impugnala la spada laser del marito deceduto e riesce a sconfiggere i predoni. Sola con la figlia e un droide petulante e inutile, Nomi finisce il viaggio intrapreso dal marito e raggiunge il Maestro Thon.


Maestro Thon si presenta sotto le sembianze di una bestiaccia feroce, ma sotto la dura pellaccia è un Maestro Jedi al 100% che vorrebbe prendere Nomi come sua allieva. La donna è riluttante: sente il richiamo del Lato Oscuro e di quello Luminoso, e ha paura di mettersi in mezzo. Sente il potere della spada laser, ma ha paura di usare quel potere – dopotutto suo marito è morto facendo cose da Jedi e tagliuzzare i predoni non è una cosa che abbia fatto senza ripercussioni e sensi di colpa.

A farla uscire dall'indecisione sono i predoni Hutt che attaccano il loro accampamento: al loro signore non è mai andata giù di essersi perso quei gioielli. Nomi vince ogni indecisione e, attivata la spada laser del marito, fa ragù dei nemici.

Con Nomi che inizia il suo apprendistato presso Maestro Thon finiscono i tre albi a lei dedicati e la miniserie Knights of the Old Republic.

Le avventure di Nomi e dei fratelli Qel-Droma continuano in "The Freedon Nadd Uprising", miniserie in due albi uscita nel 1994, e qua le cose iniziano a farsi interessanti.


Su Onderon un gruppo di ribelli si è riunito al seguito del Lato Oscuro e sotto le insegne dell'antico Freedon Nadd cerca di sconfiggere gli Jedi e i nuovi regnanti. C'è anche un proto-Darth Vader, Warb Null (sì, il lato oscuro dovrebbe scegliersi meglio i nomi), che però viene sistemato dopo poche pagine e quindi è come se non ci fosse mai stato.

Intanto Nomi ha continuato il suo apprendistato sul pianeta Ossus, sede di una delle maggiori scuole Jedi della Galassia. La nostra eroina si è costruita la spada laser da sola, ed è pronta per la sua prima missione da Cavaliere Jedi. Ovviamente su Onderon.

Entrano qua in scena Aleema e Satal Keto, due giovani nobili del pianeta Empress Teta (che forse vi ricorderete per la miniserie L'Alba dei Jedi), che annoiati dalla vita di corte del loro pianeta decidono di passare il tempo a studiare il Lato Oscuro della Forza – il peggio che fanno è rubare un antico libro dal Museo di Storia Antica di Corruscant. Appena i due sentono che ci sono seguaci del Lato Oscuro su Onderon prendono il loro yacht spaziale e si precipitano sul pianeta. Tira più un pelo di Sith che un'astronave.

Scontro finale di quattro pagine: Re Ommis (il marito della ex-Regina Amanda, altro adepto del Lato Oscuro) viene fatto fuori, ma lo spirito di Freedon Nadd fa in tempo a "legarsi" a Aleema e Satal Keto che fuggono dal pianeta. Gli Jedi, vittoriosi, spostano sulla Luna Dxun le tombe di Freedon Nadd, Re Ommis e della Regina Amanda, liberando così il pianeta dall'influenza negativa del Lato Oscuro, senza sapere che qualcosa è riuscito a fuggire.

Cosa dire di questa miniserie?

Intanto mi è piaciuto come è iniziata, trattando eventi relativamente poco importanti sulla scacchiera galattica: la famiglia Sunrider che va in vacanza da Maestro Thun, una piccola guerra su un pianeta abbastanza arretrato. Niente eventi di grande portata, ma in sette albi vengono gettate le basi per quelle che saranno una serie di interessanti (spero) avventure.

I fratelli Qel-Droma... cominciamo subito col notare che (1) sono fratelli e (2) uno dei due perde un braccio – l'imitazione del Guerre Stellari originale si fa sentire.


Nomi Sunrider è più interessante. Ha passato la sua vita come moglie di uno Jedi (ma non era proibito loro sposarsi? Boh...) e in fondo ha sempre detestato l'Ordine, che costringeva suo marito Andur a partire per lunghi periodi verso destinazioni pericolose. Scopre di avere la Forza, e si rifiuta a lungo di usarla. È proprio l'opposto di un Luke Skywalker, per il quale diventare Jedi era il fine ultimo al quale era stato predestinato. Per Nomi è diverso. Lei vorrebbe essere altro, ma non ha molte possibilità. Non è predestinata, ma obbligata (forzata!) dagli eventi a diventare una Jedi.