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domenica 27 maggio 2018

Mediterranea: sword&sorcery nel Mare Nostrum



Mediterranea è un’antologia che contiene dieci racconti di sword and sorcery ambientati nei territori bagnati dal Mare Nostrum in cui potrete trovare i più importanti autori della fantasia eroica italiana come: Donato Altomare, Alessandro Forlani, Enzo Conti, Adriano Monti Buzzetti, Alberto Henriet, Mauro Longo, Andrea Gualchierotti e Lorenzo Camerini, Andrea Berneskij, Francesco Brandoli e Riccardo Brunelli.
Sono presenti anche due apparati critici di saggisti del calibro di: Enrico Santodirocco (autore di Conan La leggenda) e Marco Maculotti (fondatore di AXIS mundi).
L’introduzione e la curatela è affidata a Francesco La Manno, mentre la copertina è stata realizzata da Andrea Piparo. 

Ho avuto il piacere di leggere questa antologia, curata da Francesco La Manno, e che fa parte delle iniziative dell’Italian Sword&Sorcery, associazione che da un po’ di anni si occupa di promuovere e divulgare il fantasy italiano, preferibilmente di tipo sword&sorcery o heroic fantasy. 

Questa raccolta ha come filo conduttore il Mediterraneo, i paesi che vi si affacciano e le culture che lo hanno attraversato, di volta in volta come mercanti, conquistatori o predoni. Per esperienza posso dire che è un bellissimo mare dove navigare, se non altro per la quantità di popoli che vi si affacciano: ogni porto nasconde una sorpresa, e non manca mai una costa da esplorare. 

Proprio per questo mi han dato da pensare i luoghi e le ambientazioni scelte dagli autori per i loro racconti. Sopratutto perché saltano agli occhi certe assenze. L’intera costa dell'Adriatico da Trieste fino all’Albania. Le coste del Nord Africa durante l’Età dell’Oro Islamica, per non dire della Penisola Iberica sotto il Califfato – cosa ci può essere di meglio dell'avere Le Mille E Una Notte dietro l'angolo? 

Ho avuto l’impressione che si sia voluto andare sul sicuro. 

Epoche più remote si possono confondere senza problemi con "il tempo dei miti e delle leggende" e richiamano la mitica Età Hyboriana di Howard. E ci sta bene: dopo tutto il mondo di Howard comprendeva anche il Mediterraneo di un lontano passato, non occupato dal mare ma da popoli e imperi. Tra Odissea e Conan, l'heroic fantasy ha nel suo DNA il Mare Nostrum.

Da epoche (relativamente) più recenti vengono ripresi popoli e civiltà già note dai banchi di scuola: Egizi, Greci, Romani…

Spiccano le eccezioni: Riccardo Brunelli ci porta nell’antica Sardegna con Shardana, nome di uno dei così detti “Popoli del Mare” che terrorizzarono il Mediterraneo alla fine dell’Età del Bronzo. E Mauro Longo con il suo L’Artiglio della Fenice Nera ha come protagonista proprio un avventuriero appartenente a questi misteriosi e pericolosi popoli, Sheban “Due Piastre", anche se l’ambientazione è principalmente quella dell’Antico Egitto. 

L’unico racconto ambientato nel Medioevo è Una Ballata di Fuoco e di Mare di Francesco Brandoli. Il racconto è ispirato a fatti storici realmente accaduti: nel 1173 Federico Barbarossa, con l’aiuto della Repubblica di Venezia, assediò la città di Ancona, all'epoca Repubblica Marinara. L’autore però ha preso questi fatti come base per costruire un mondo parallelo simile al nostro, dai nomi leggermente diversi, e dove la magia, soprattutto la magia nera, ha un ruolo predominante. 

È una scelta interessante. Se ambienti qualcosa in un remoto passato, puoi semplicemente dire che è il nostro mondo, e che eventualmente mostri&stregoni siano finiti nel dimenticatoio. Già il medioevo sembra essere più vicino, e per giustificare come mai vistosi “effetti speciali magici” non siano riportati nei libri di storia, si preferisce inventare un mondo parallelo. 

Il primo racconto dell'antologia è Il Ponte della Morte di Donato Altomare, che ci porta alle origini del Mare Nostrum. In un passato remoto una diga naturale impedisce al mare di riversarsi in una vasta pianura. Un ponte passa sopra questa diga, e lo status quo verrebbe mantenuto se gli abitanti di un villaggio da un lato della diga non subissero attacchi da parte delle popolazioni della pianura. 

Vi segnalo anche un paio di racconti che hanno suscitato il mio interesse. 

Il Culto degli Abissi di Alessandro Forlani perché ripropone il personaggio di Arabrab, che avevamo già conosciuto e apprezzato nell'omonima raccolta Arabrab di Anubi

Gli Occhi di Angizia di Adriano M. B. Colella parla di un manipolo di soldati romani che devono investigare alcuni cruenti omicidi nella Marsica occupata dalla Repubblica Romana. Ho trovato interessante il modo nel quale viene mostrato il dominio romano su quella regione, abitata da un popolo con una lingua e una cultura diversa da Roma, pur senza allontanarsi dalla penisola italica. I Marsi qui non sono il classico nemico oscuro e che "esce dalle fottute pareti", sono degli alleati-ex-nemici. I tempi delle guerre si sono conclusi e la loro cultura si avvia verso una lenta e inesorabile romanizzazione. Viene espressa nel racconto un'intera gamma di sentimenti provati da entrambe le parti (non si può dire che i legionari romani amassero quei primitivi dei Marsi), gamma che è sempre stata la stessa nel corso della storia, anche oggi, durante ogni occupazione, militare, culturale o economica. 

Concludendo Mediterranea è un'antologia di ottimi racconti, scritta da gente che sa il fatto suo, e che vi consiglio di leggere senz'altro. La potete trovare qui.

giovedì 10 maggio 2018

L'Alien 3 di William Gibson

Dopo il successo di Aliens: Scontro Finale (1986) la Brandywine Productions si mise subito in moto per realizzare un terzo film. Non è stato un lavoro facile: furono proposte una decina di sceneggiature diverse finché alla fine si scelse quella di David Giler e Walter Hill. 

La prima sceneggiatura fu scritta da William Gibson ed è disponibile su internet. 

Perché non andare a leggersela? 

Alla fine di Aliens avevamo lasciato Ellen Ripley, Rebecca "Newt" Jordan, l'androide Bishop e il caporale Dwane Hicks in ipersonno sulla Sulaco, di ritorno dopo aver sconfitto la Regina. 

FADE IN: 

DEEP SPACE - THE FUTURE 

The silent field of stars -- eclipsed by the dark bulk of an approaching  ship. CLOSER. 

ANGLE ON THE HULL 

A towering cliff of metal, Sulaco. 

Nello script la Sulaco viene abbordata da soldati dell’UPP – Union of Progressive People, una entità politica di tipo sovietico in Guerra Fredda con la Terra. 

Siamo negli anni ’80 e l’Unione Sovietica esisteva ancora. 
I militari dell’UPP prelevano Bishop (o almeno quello che ne resta dopo lo scontro con la Regina) e del materiale genetico xenomorfo. E cominciano a fare esperimenti sulla stazione Rodina. 

La Sulaco prosegue la sua rotta fino ad arrivare a una stazione spaziale amica, la Anchorpoint Station, dove viene abbordata dai militari e dal personale della Weyland-Yutani. 

Cambia il lato della Cortina di Ferro spaziale ma non la mentalità: anche su Anchorpoint cominciano gli esperimenti sul DNA xenomorfo. 

Due alien attaccano la squadra di ricognizione e vengono inceneriti: la battaglia danneggia però la capsula di Ripley, che resterà in coma per tutto il resto della storia. La piccola Newt viene messa sulla prima astronave per la Terra: del film precedente restano solo il caporale Hicks e Bishop. L’androide viene infatti riparato e restituito dall’UPP come segno di pace. 

Sapete già come va a finire: "escono dalle fottute pareti", morti, corsa contro il tempo prima che esploda tutto. 

Ci sono un sacco di elementi interessanti. 

La sceneggiatura sviluppava a piene mani il tema dell’ingegneria genetica applicata agli xenomorfi, cosa che si sarebbe vista solo in Clonazione diversi anni dopo. 

Compare un virus, trasmissibile per via aerea, dagli effetti xenomorficizzanti: gli sfortunati che se lo beccano diventano degli alien, con relative scene splatter del mostro che si toglie la vecchia pelle umana di dosso. Chiunque e in qualsiasi momento può trasformarsi in uno xenomorfo – un bel meccanismo per aumentare la tensione preso direttamente dalla Cosa di Carpenter. Qualcosa di simile si è poi visto in Prometheus e in Covenant, con la creazione di ibridi uomo-alien e altre varietà di creature.

As the chittering tooth-burr becomes a shrill SHRIEK of inhuman rage, the transformation takes place. Segmented biomechanoid tendons squirm beneath the skin of her arms. Her hands claw at one another, tearing redundant flesh from Alien talons. Then the shriek dies. She straightens up – and rips her face apart in a single movement, the glistening claws coming away with skin, eyes, muscle, teeth, and splinters of bone… SOUND of ripping cloth. The New Beast sheds its human skin in a single sinuous, bloody ripple, molting on fast forward. 
Trent vomits explosively. The Marine guard snatches his pistol from its holster and FIRES wildly across the table. Blind screaming chaos. 

Ci sono due personaggi femminili forti, Spence, la tecnica di laboratorio e Jackson, capo operazioni della stazione. Non mancano i classici “corporate men” fedeli alla causa della Weyland Yutani (sviluppare un’arma biologica usando come base gli alien) che ovviamente fanno una pessima fine. 

Viene introdotta per la prima volta l’idea che gli xenomorfi siano stati creati artificialmente, cosa poi resa ufficiale in Prometheus. 

SUSLOV 
Perhaps it is the fruit of some ancient experiment... A living artifact, the product of genetic engineering... A weapon. Perhaps we are looking at the end result of yet another arms race... 

Il tema degli xenomorfi come armi si ricollega quindi a una corsa agli armamenti aliena e al tema della Guerra Fredda, presente nella sceneggiatura con un twist: a salvare gli eroi, americanissimi e servi della multinazionale, alla fine della storia è un soldato dell’Impero Galattico Sovietico, unica superstite della stazione spaziale dell’UPP. 

Non manca la morale fatta da Bishop: 

BISHOP 
You're a species again, Hicks. United against a common enemy... 

HICKS 
Yeah? 

BISHOP 
The source, Hicks. You'll have to trace them back, find the point of origin. The first source. And destroy it. 

HICKS 
I dunno, Bishop. Maybe we just oughta stay out of their way... 

BISHOP 
You can't, Hicks. This goes far beyond mere interspecies competition. These creatures are to biological life what antimatter is to matter. 

HICKS 
How do you mean? 

BISHOP 
There isn't room for the both of you, Hicks, not in this universe. 

HICKS 
That's crazy, Bishop... 

BISHOP 
No. You're already at war, Hicks. War to extermination. The alien knows no other mode. 

HICKS 
Hell, man, we been at war all my life. Near enough, anyway. With her. (he looks down at the commando) With all her brothers and sisters. That's what got us into this shit in the first place! 

BISHOP 
But now you've seen the enemy, Hicks. So has she. She's not it. Neither are you. This is a Darwinian universe, Hicks. Will the alien be the ultimate survivor? 

Hicks doesn't answer. He just looks at Bishop. Bishop goes back to his circuitry. 

Il film sarebbe stato migliore dell’Alien 3 che è poi andato al cinema? 

Difficile dirlo – si tratta pur sempre di comparare un film fatto e finito con una sceneggiatura. Nel leggere lo script la fantasia aiuta molto e permette una caratterizzazione dei personaggi che altrimenti sarebbe solo abbozzata. 

L’Alien 3 uscito ha dalla sua l’interpretazione di Sigourney Weaver – una grande attrice, c’è bisogno di ricordarlo? – e l’ambientazione. Non ci sono più marine supercazzuti con armi e lanciafiamme; non ci sono nemmeno i camionisti spaziali del primo film. Ci sono invece dei criminali chiusi in una prigione, avanzi di galera che si trovano ad affrontare qualcosa peggio di loro. 

Il non-Alien 3, pur mancando la Weaver, avrebbe avuto dalla sua Michael Biehn e Lance Henriksen, che anche come attori sanno il fatto loro (vabbè, forse Henriksen più di Biehn). L’ambientazione sarebbe stata una stazione spaziale e non sarebbero mancati i marine supercazzuti, che nonostante tutto hanno sempre il loro perché. 

Gli interni della stazione spaziale, con i suoi corridoi di metallo, unità abitative, strutture per la produzione di cibo e di aria, sarebbe stata molto interessante da vedere, soprattutto se fossero riusciti a darle un carattere speciale come in precedenza avevano fatto con la Nostromo o con la colonia su LW-426. 

A station the size of a small moon, and growing; unfinished sections of hull are open to vacuum. A vast, irregular structure, the result of the shifting goals of successive administrations. 

INT. AEROPONICS FARM 
State of the art. Epcot-style soilless cultivation. Tall A-frame structures of white styrofoam are studded with hundreds of precisely spaced plants, their roots watered by periodic bursts of high-pressure mist. Vegetables sprout from the sides of tapering styrofoam columns. All of the wreathed in mist under brilliant halogen lamps. 

Soprattutto si sarebbe visto l’effetto dell’invasione aliena, della contaminazione, su una popolazione civile impaurita e tenuta all’oscuro di tutto. 

Gibson lavorò a un secondo draft della storia, mentre altri sceneggiatori scrivevano versione alternative. Dopo un po’ di anni e una pila alta un piede di proposte, la scelta cadde sul testo di David Giler e Walter Hill. 

Il resto è storia.