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sabato 13 febbraio 2016

La Vendetta dello Stregone

Un bel giorno ho appreso che "Cherifa" è un tipico nome algerino, e ho subito pensato "Se una è Cherifa di nome, perché non può essere Sceriffa anche di fatto?": mi sono immaginato questa tizia con un burqa addosso (tanto noi viviamo di cliché), revolver in mano, stella appuntata sul petto che cavalca nel far west americano.

Ho lavorato un po' sull'idea: il burqa è diventato un niqab e ho cambiato la nazionalità della sceriffa; ho aggiunto uno stregone navajo vendicativo e delle teste volanti assassine, che non fanno mai male. 

Quel quel che ne è venuto fuori si intitola La Vendetta dello Stregone e lo potrete leggere nell'ebook, pubblicato dalle Edizioni Imperium, in vendita dal 15 Febbraio 2016, su Amazon e sui maggior store online.

La bellissima copertina è opera di Alessia Coppola.

sabato 6 febbraio 2016

L'evoluzione del design delle astronavi nella fantascienza - Gli anni '90

Riprendiamo dopo tanto tempo la storia dell'evoluzione del design delle astronavi. L'ultima puntata era sugli anni '80: vediamo quali novità portano con sé gli anni '90.

In questo decennio la computer graphic diventa preponderante nella rappresentazione delle astronavi nei film e nei telefilm di fantascienza: questo ha delle chiare influenze sul design.

Da un lato la CGI ha dei notevoli vantaggi rispetto alla costruzione di un modello reale, per esempio i minori tempi di realizzo, la facilità nell'apportare modifiche, o la possibilità di far esplodere l'astronave senza distruggere il modello. Dall'altro lato ha uno svantaggio non da poco: almeno con la tecnologia degli anni '90, le superfici realizzate con la CGI mancavano dello stesso livello di dettaglio dei modelli reali. Si nota quindi che le astronavi di questi anni hanno superfici lisce e prive di dettagli sulle quali sono applicate varie texture di colori.

Una conseguenza di tutto questo è che le astronavi di questo periodo appaiono molto più pulite di quelle degli anni '70 e '80, visto che con la CGI non si riesce a rendere la sensazione di "sporco" e "usato", e l'assenza di greeble dovuti al kitbashing.

Un vantaggio della CGI anche è la maggiore facilità con la quale si lavora con le superfici curve: molte delle astronavi viste negli anni '90 risaltano per le forme curve che con il modellismo era difficile creare.
Abbiamo quindi astronavi dall'aspetto organico: in Babylon 5 (creato nel 1994 da J. Michael Stracznski) i vascelli Vorlon appaiono come strutture floreali o vegetali, mentre i vascelli delle Ombre sembrano neri ragni in agguato; le astronavi Minbari invece sembrano ispirate a creature marine.





In Farscape (1999) l'astronave organica è il leviatano Moya. Curiosamente, gli interni di Moya non sembrano organici, ma metallici. Questo è stato intenzionale: gli autori della serie non volevano dare l'impressione che i protagonisti stessero camminando in un budello di carne (bleah!).



Ritorniamo un momento a Babylon 5, serie esemplare sotto molti aspetti della CGI "spaziale" degli anni '90. Dei vascelli terresti vogliamo ricordare gli incrociatori di Classe Omega, ispirati alla Leonov di 2010, e gli Starfury Fighter, ispirati alla Gunstar di The Last Starfighter.




Stracznski, per realizzare la sua serie, abbracciò completamente la CGI. 24 computer Amiga 2000 venivano impiegati per creare circa 6000 frame di CGI per ogni singolo episodio di Babylon 5.

Più cauti sono stati gli autori di Star Trek Voyager (1995). Per la sigla di apertura degli episodi sono stati creati due modelli della USS Voyager NCC 74656, uno virtuale e uno digitale. L'astronave compare in sei scene. Tre sono fatte col virtuale, tre con il reale. Indovinate voi quali. Un piccolo indizio: la scannerizzazione del modello reale ha permesso di copiare le forme della Voyager, ma non il suo colore originale.



La Voyager stessa, nelle intenzioni iniziali, doveva avere forme organiche. Gli schizzi dei primi design mostrano vascelli ispirati a orche, mante e uccelli marini. Inevitabile un confronto con alcuni dei vascelli “organici” di Babylon 5



Indecisa tra reale e virtuale è anche l'Enterprise-E, apparsa per la prima volta in Primo Contatto (1996) dopo che la D è stata rottamata in Generazioni (1994). Per la E sono stati creati due modelli, virtuale e reale. Nei film successivi, comunque, si è fatto uso del solo modello CGI.


La nuova Enterprise abbandona l'estetica della nave di lusso delle versione precedente per presentare uno stile più militare e slanciato. Quello che ci vuole per combattere i Borg, insomma, che ritornano in Primo Contatto con... un cubo. Ovviamente. Ma anche con una sfera, mostrando anche loro un minino di evoluzione nel loro design.



E se non abbiamo un'astronave bella e pulita? E se la nostra astronave è buia e sporca e misteriosa? Allora dobbiamo lasciar perdere la CGI e usare i modelli reali. Così è stato fatto per il film Event Horizon (1997), dove i modellisti hanno preso ispirazione dalla cattedrale di Notre Dame e realizzato un modello di circa dieci metri usato per le riprese del fantahorror di Paul W. S. Anderson. La Event Horizon è maestosa, gotica e inquietante, tutto questo anche prima di essere invasa dai demoni dell'inferno.



Finiamo questa carrellata degli anni '90 con la NSEA Protector di Galaxy Quest (1999). Come è stato realizzata questa astronave? Il direttore artistico Geogg Walters da un lato ha preso spunto dalle proposte della NASA per delle vere astronavi. Dall'altro si è ispirato alla propria racchetta da tennis: dopo che Frank Rose lo aveva battuto, Geogg ha smaccato la sua racchetta rompendola. Rose ha visto la racchetta rotta e ha esclamato: "Ecco! Questa è la nostra astronave!"



Che dire? A volte conta più il caso che altro.

(Potete trovare qui i link ai post precedenti)